martedì 1 gennaio 2019

Il populismo, la lotta di classe (alle èlite) del nuovo millenio

Prendendo spunto dalle polemiche dei no-vax contro gli “esperti”, come esempio di rivolta contro le professioni "liberali", cercherò di analizzare il tema della disintermediazione e soprattutto della società del rancore verso le èlite, descritta magistralmente da Baricco su La repubblica dell'undici gennaio 2019, con riferimento alla transizione politico-sociale che stiamo vivendo alla vigilia delle prossime elezioni europee di maggio.

In realtà rancore, risentimento e rabbia, come espressione individuale del conflitto sociale, hanno sempre allignato nella società. Solo che questi profondi sentimenti venivano incanalati nella "lotta" di classe, che si è sempre alimentata dell' "odio" dei proletari per i padroni, fino alla sua caricatura del terrorismo di sinistra. Dopo tutto la lotta di classe ha sempre avuto connotati populisti, nel senso della guerra del popolo contro èlite capitaliste, padroni privilegiati caste professionali e in generale sfruttatori del popolo/proletariato. 

Le Brigate Rosse si illudevano di sfruttare il rancore sociale per la rivoluzione, mentre ormai classe operaia si era integrata nel sistema democratico occidentale grazie al boom economico, al consumismo, alla società del benessere, alle riforme e ai diritti civili/sociali conquistati. A fasi alterne il progresso socio-economico è continuato fino agli anni 90 del secolo scorso, accompagnato dal graduale venir meno dell'antagonismo sindacale per l' "esaurimento" della classe operaia a causa, da un lato, della frammentazione sociale e della parcelizzazione del lavoro e, dall'altro, per la compiuta integrazione dei lavoratori nella piccola industria, tipicamente nel nord pedemontano; al posto della lotta di classe nel frattempo cresceva il rancore verso un apparato statale burocratizzato, inefficiente, oppressore fiscale e corrotto (l'inchiesta del sociologo Aldo Bonomi su "Il rancore, alle radici del malessere del nord" è del 2008).
A quel punto, dal post tangentopoli in avanti, si coagulavano un pool di fattori concomitanti come propellente del rancore sociale, covato per un decennio ed esploso negli ultimi anni a seguito di alcune crisi convergenti
  •          economica dal 2008, che si è innestata sugli effetti collaterali dell'euro ed ha aggravato il cronico deficit del bilancio statale
  •          migratoria come effetto collaterale della globalizzazione, con le delocalizzazioni e la concorrenza sleale dell'estremo oriente
  •          sociale: disoccupazione e precarizzazione del lavoro, specie giovanile al sud, nella società liquida
  •          istituzionale: scoperta dei privilegi e delle malefatte della casta politica, corruzione, sfruttamento dei beni pubblici etc.
  •          finanziaria, della spesa pubblica e del wellfare, sotto la pressione vincoli europei di bilancio, che mettevano in discussione i tradizionali strumenti clientelari ed assistenzialistici di controllo politico-sociale
Rispetto alla lotta di classe tradizionale in quella "populista" sono cambiati gli obiettivi, grazie agli strumenti della disintermediazione tecnologica, descritta da Baricco nei suoi libri: le èlite capitaliste e "padronali" sono state sostituite, sfruttando la legge ferrea delle oligarchie ( https://riformel.blogspot.com/2018/12/il-populismo-e-la-legge-ferrea.html ) dalle caste economiche e politico-amministrative, dalle burocrazie ministeriali, comunitarie e nazionali, dai tecnocrati, dalle èlite professionali ed accademiche etc...

Questo micidiale clima di frustrazione individuale con conseguente risentimento sociale, tanto rancoroso quanto profondo, non poteva più essere interpretato e incanalato nell'alveo tradizionale della "lotta di classe", per il radicale cambiamento subito dagli organi intermedi della rappresentanza politico-sindacale e partitica. I governi a guida PD hanno pagato lo scotto di questa impossibilità ed anzi, a causa di alcuni errori dopo l’illusorio trionfo delle europee, sono stati accomunati alla casta politica post-tangentopoli o non sono riusciti a sottrarsi a questa deriva propagandistica a causa della personalizzazione renziana, a suo modo espressione di disintermediazione “populista” rispetto al partito assieme alla rottamazione.

Anche perché il PD è rimasto scoperto sulla sua sinistra nel contrasto alle disuguaglianze sociali, ma anche dal lato del contenimento delle degenerazioni “partitocratiche” (come si diceva una volta) e della “questione morale” di berlingueriana memoria. Con il referendum costituzionale prima e con le politiche del 2018 dopo è arrivato il conto salato della sottovalutazione del rancore populista, non più incanalato nella tradizionale "lotta di classe" abbandonata dalla sinistra; il risentimento covava nel profondo della società e si è riversato clamorosamente nell’urna elettorale (memorabile la sorpresa di Matteo Renzi per la tardiva constatazione di quanto la sua figura pubblica fosse detestata dalla gente, a tal punto da votare NO a prescindere da ogni considerazione di merito sulla riforma costituzionale).
Il rancore sociale alimentato dal marketing della paura è rimasto per anni in incubazione e in stand-by, fino a quando si è incanalato nell'alveo populista grazie alla sua "offerta" politico-culturale, all’insegna della semplificazione e della disintermediazione rispetto alla democrazia rappresentativa per far leva sulla:
  •          legittimazione della rabbia per una lotta senza quartiere ai privilegi politico-amministrativi, alle èlite professionali, lobby economiche e a tutti gli esponenti di un establishement inamovibile, in combutta tra loro, specie nella commistione politico-bancaria
  •          ricerca di molteplici capri espiatori su cui veicolare il risentimento sociale, dall’uso strumentale della sicurezza minacciata dagli immigrati clandestini ai vincoli europei che soffocano la sovranità nazionale, dall’oppressione dell’apparato fiscale a quella della burocrazia statale etc..
  •          utilizzo della rete come strumento di denuncia pubblica e soprattutto di disintermediazione "orizzontale" rispetto all'oppressione "verticale" delle varie caste professionali, complici di quelle politiche ed economico-industriali
Nella campagna no-vax come nelle aggressioni ai medici del SSN si sono coagulate queste tendenze, come un incubatore emotivo-culturale che ha amplificato il rancore sociale e la nuova lotta di classe; l'obiettivo resta la "casta professionale" dei medici, i cui esponenti non a caso sono oggetto di violenza verbale o fisica ormai quasi quotidianamente. Ma, ci ricorda Baricco, serve a poco ricordare che non ci sono alternative o rivendicare, di fronte alla marea montante del rancore, una competenza "tecnica" o ormai messa in crisi da una pervasiva disintermediazione democratica della rete.

Come rispondere politicamente a tutto ciò? Come uscire dall’impasse per "cambiare l'inerzia di questa disfatta"?
Che io sappia - risponde Baricco - ammettere che la gente ha ragione!