giovedì 30 giugno 2016

Italicum come la legge Acerbo? Un falso storico.

Una delle falsificazioni storiche della propaganda anti-Italicum è l'accostamento tra la nuova legge elettorale, di prossima entrata in vigore, e la legge Acerbo del lontano 1924, che spianò la strada al regime fascista. Basta dare un'occhiata a Wikipedia per rendersi conto delle macroscopiche differenze. Infatti la legge del Acerbo prevedeva un premio di maggioranza pari ai 2/3 dei seggi alla lista "prima classificata" purchè avesse avesse superato il 25% dei voti. Se mai era il Porcellum ad essere peggiore della famigerata legge Acerbo, in quanto privo di qualsiasi soglia minima (eventualità che su cui i detrattori dell'Italicum sorvolano).

 La "lista nazionale" promossa dai fascisti superò il 60% dei voti alle elezioni del 6 aprile 1924 e quindi conseguì un'ancor più ampia maggioranza di seggi, grazie al premio truffaldino. Le differenze rispetto all'Italicum sono evidenti: premio di maggioranza al superamento del 40% con ballottaggio "eventuale" e soprattutto un limitato "bonus" di seggi al vincitore, fino al tetto massimo di 340.

L'allarme per i presunti rischi anti-democratici della legge elettorale è il cavallo di battaglia del comitato che ha promosso la raccolta di firme per indire un referendum abrogativo, prima ancora del pronunciamento della Consulta previsto per il prossimo ottobre. I refendari anti-Italicum hanno presentato due quesiti per favorire:
  •  la restituzione ai cittadini del potere di scegliere i propri rappresentanti, mediante la cancellazione della priorità assegnata alla figura dei capi-lista nei vari collegi e della facoltà loro concessa di candidature plurime (fino a 10), che consente alle segreterie di partito il potere di nominare gran parte dei deputati;
  •  l’abbandono del meccanismo del ‘premio’, che assegna di fatto la maggioranza assoluta alla lista (cioè al partito) che ottiene il 40% dei voti, e del ‘ballottaggio’, che amplifica gli effetti negativi del ‘premio’, assegnandolo alla lista che, pur non avendo ottenuto nemmeno il 40%, vince il secondo turno indipendentemente dal numero dei votanti; si potrebbe così assegnare un potere assolutamente sproporzionato a un partito che avesse ottenuto meno del 25% (per esempio) dei consensi. Il quesito è volto a ristabilire l’eguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto e ad assicurare il carattere rappresentativo della assemblea parlamentare.
Riguardo al primo punto basterebbe introdurre una semplice modifica per venire incontro alla richiesta di una maggiore percentuale di eletti con le preferenze (ammesso, e non concesso, che sia un passo in avanti, visto lo stretto legame esistente tra voto di preferenza e fenomeni deleteri come clientelismo, campanilismo, lobbysmo locale e voto di scambio politico-mafioso). Con il dimezzamento del numero dei collegi elettorali si ridurrebbe automaticamente anche quello dei capolisti bloccati, fino ad un massimo del 20-25% sul totale dei seggi rispetto al 50-60% di quelli ipotizzabili con l'Italicum. Ma si può star certi che anche questa drastica sforbiciata sarebbe accolta con scetticismo e all'insegna dell'ingerenza delle segreterie di partito, dimenticando gli eletti "bloccati" con il Porcellum erano il 100%. Nulla da eccepire invece riguardo al taglio drastico delle pluricanditature, che costituiscono la norma più critica e indigesta dell'Italicum.

Circa il fatto che il ballottaggio potrebbe assegnare la maggioranza assoluta in modo sproporzionato ad un partito che avesse ottenuto meno del 25% dei consensi al primo turno valgono le seguenti contro-argomentazioni. Prima di tutto l'argomento non regge dal punto di vista logico, perchè al secondo turno il numero di elettori potrebbe essere più numeroso rispetto al primo e quindi quella percentuale  potrebbe essere incrementata anche di molto. Secondariamente la critica parte dal presupposto che il ballottaggio sia un'elezione di secondaria importanza e meno "legittimante" rispetto al primo turno, il che è altrettanto illogico perchè tutti gli elettori vengono chiamati nuovamente al voto e quindi il partito vincitore del ballottaggio riceve la legittimazione maggioritaria di tutto l'elettorato e non di una sua sotto-parte.

Inoltre il rischio paventato dai referendari rientra pienamente nelle regole del gioco democratico, dal momento che la legge non individua una percentuale minima di votanti al di sotto della quale l'elezione sarebbe invalidata, come invece accade per i referendum abrogativi con meno del 50% di affluenza ai seggi. In mancanza di tale soglia minima, assente anche in caso di Referendum costituzionale confermativo, il rischio che una minoranza di consensi elettorali (assoluti e relativi) possa garantire ad un partito la maggioranza dei seggi è sempre presente a prescindere dal sistema elettorale vigente.

Infatti, in presenza di un'affluenza inferiore al 50%, anche con un sistema elettorale proporzionale un singolo partito potrebbe conseguire la maggioranza assoluta dei seggi incassando poco più del 20% dei voti. In buona sostanza il rischio paventato dai ricorrenti anti-Italicum non riguarda solo il premio di maggioranza, in caso di ballottaggio, ma qualsiasi modello di sistema elettorale in presenza di una bassa affluenza al voto, evenienza ormai abituale in buona parte delle democrazie occidentali. Si pensi ad esempio alle più recenti elezioni nel regno unito che, grazie al sistema uninominale maggioritario, hanno garantito la maggioranza parlamentare ai conservatori, nonostante abbiano incassato poco più del 30% dei voti validi.

Ma è rispetto al secondo punto che la vicenda storica della Legge Acerbo acquista un valore attuale. Le critiche all'Italicum si appuntano sugli effetti distorsivi del premio di maggioranza, per così dire, verso l'alto: premio esorbitante al primo turno e fonte di distorsione della rappresentanza democratica e rischio che il ballottaggio attribuisca la maggioranza ad un partito con consensi del 25-30% al primo turno.

Insomma l'Italicum viene accusato di essere troppo generoso e di manica larga per abbondanza di premi elettorali a chi non se li merita. Ma nessuno pensa alla situazione opposta, ovvero che l'Italicum potrebbe penalizzare un partito largamente votato dagli elettori, al primo o al secondo turno, all'opposto di quanto accadde con la legge Acerbo alle prime elezioni del ventennio fascista. Infatti con l'Italicum se al primo turno un partito conquistasse il consenso degli elettori in misura superiore al 60% si vedrebbe comunque attribuire una maggioranza di 340 seggi e così pure se in un ipotetico ballottaggio ottenesse i 2/3 o più dei voti.

In entrambi i casi si configura una distorsione del principio della rappresentatività proporzionale dell'assemblea rispetto ai voti acquisiti, ma opposto a quello di cui è accusato dai referendari, ossia verso il basso. Tuttavia si tratta di un'ingiustizia, per così dire, a fin di bene; a differenza della legge Acerbo, l'Italicum  riduce il rischio di una dittatura della maggioranza, in senso metaforico ma anche proprio. L'attuale legge elettorale è tacciata di spirito anti-democratico, in quanto consegnerebbe la maggioranza dei seggi ad un partito minoritario, consentendo allo stesso di occupare le istituzioni di garanzia con nomine a maggioranza qualificata.

Tuttavia l'Italicum, come dimostra l'esempio sopra riportato, penalizza in termini di seggi proprio chi grazie a consensi elettorali superiori al 60% avrebbe diritto ad una pari maggioranza a suo favore, con la quale potrebbe fare il bello e il cattivo tempo a livello istituzionale. Come si vede l'Italicum invece che un rischio per la democrazia, con il combinato disposto con la riforma costituzionale, si rivela una legge profondamente rispettosa degli equilibri democratici e dei poteri costituzionali, all'opposto della famigerata legge Acerbo.

mercoledì 29 giugno 2016

Grande successo del gioco di società dell'estate 2016: partecipate anche voi a "modifichiamo l'Italicum"!

Il gioco di società che spopola nell'estate 2016 (modifichiamo l'Italicum) si arricchisce di sempre nuovi giocatori e di inedite mosse. Oggi si sono fatti avanti altri protagonisti, che hanno calato i loro atout: Sinistra Italiana e il governatore pugliese Emiliano. Sono previsti ricchi premi per chi azzecca la modifica vincente!

1-La mozione di SI, presentata alla camera contro l'Italicum, fa riferimento alla sentenza della Consulta sul Porcellum, sottolineando come anche l'Italicum presenti gli stessi "vizi" della vecchia legge elettorale. Niente di più impreciso e distorto: infatti nelle conclusioni della sentenza del gennaio 2014 di bocciatura del Porcellum in ben 6 passaggi si sottolinea l'esigenza che la legge elettorale preveda "una ragionevole soglia" per l'attribuzione del premio di maggioranza. Soglia assente nel Porcellum, e perciò costata alla vecchia legge la bocciatura per incostituzionalità, ed invece presente nell'Italicum, nella misura del 40%. La differenza tra le due leggi è evidente e solo la disonestà intellettuale può far dire che l'italicum presenti gli stessi "vizi" del Porcellum. Il problema per l'Italicum sarà di capire se la Consulta ritiene ragionevole o irragionevole la soglia del 40%, per far scattare il premio di maggioranza. Infatti in assenza di una soglia minima "si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto". Ad ottobre capiremo se il premio che scatta al superamento della soglia del 40% dell'Italicum può rientrare o meno nella distorsione tra voti e seggi fisiologicamente "presente in ogni sistema elettorale" (ad esempio nel vecchio maggioritario, pre Mattarellum).

Quanto alla seconda motivazione contra Italicum - la questione dei capolisti bloccati - la mozione osserva come nella legge che entretà in vigore tra pochi giorni, seppur siano ammesse le preferenze "si prevedono tuttavia capolista bloccati" con il voto di preferenza "relegato ad un ruolo subordinato rispetto ai capolista, riguardando esclusivamente la lista che vincerà conseguirà il premio". Niente di più impreciso e soprattutto falso, poichè il rapporto tra "bloccati" e "preferenziati" cambia in rapporto a diverse variabili (ad esempio il numero di liste nazionali in lizza e il numero di pluricandidature "bloccate" presentate da ogni lista): va da se che il numero massimo di capolisti bloccati da mandare in parlamento è uguale a 100, cioè pari ai 100 collegi, meno le eventuali pluricandidature presentate che lasceranno spazio al secondo eletto con le preferenze. Se si considera che la maggioranza otterrà in totale 340 seggi su 630 (100 bloccati + almeno 240 preferenziati) significa i rimanenti 290 saranno appannaggio degli altri due schieramenti; i quali otterranno sempre i loro 100 capolisti bloccati + almeno qualche altra decina di seggi con deputati eletti grazie alle preferenze. Se poi i poli fossero solo due, il numero degli eletti con le preferenze nel partito minoritario sarebbero addirittura superiori ai 100 capilista bloccati. Ma a SI sanno far di conto?

2- La discesa in campo dell'altro giocatore (l'Emiliano pugliese, intervistato oggi da La Repubblica) è meno eclatante e sembra proporre, quasi per diletto e senza troppa convinzione, di archiviare premio di maggioranza, soglia minima del 40% e ballottaggio eventuale - giudicati incostituzionali - per sostituirli con un sistema elettorale simile a quello  vigente nelle elezioni regionali; vale a dire turno unico e premio per il vincitore, grazie al quale "c'e' sempre uno che vince e l'altro che perde", risultato propiziato ad esempio dal sistema elettorale che ha consentito al governatore ligure Toti di avere la maggioranza dei seggi con poco più del 30% dei consensi nelle urne. Come se il pacchetto di voti conquistato dal "listino" del governatore vincente nell'unico turno di voto non fosse assimilabile ad un vero e proprio premio maggioranza, per giunta con l'aggravante di scattare senza quella "ragionevole soglia" minima indicata nei 6 passaggi della sentenza del Porcellum come requisito indispensabile per superare l'esame di costituzionalità di ogni legge elettorale. Surreale. La domanda sorge spontanea: l'ex magistrato Emiliano avrà letto la sentenza della Consulta?

venerdì 24 giugno 2016

Partecipate tutti all'ultimo gioco di società: "modifichiamo l'Italicum"!

Dall'inizio dell'anno spopola un nuovo gioco di società, in gran voga nei salotti politico-giornalistici: è il "modifichiamo l'Italicum". Vi si dedicano con alacre impegno soprattutto gli oppositori di varia provenienza del governo e, tra i giornalisti, quelli di Repubblica, con in testa Stefano Folli, neo-notista politico in arrivo dal Sole 24 Ore. Il  bizzarro gioco di società consiste nel modificare una legge elettorale mai entrata in vigore e mai applicata, ma invisa a molti, nel tentativo di modificarla a proprio vantaggio o perlomeno per evitare che altri se ne possano avvantaggiare. Ci sono voluti "solo" 10 anni di estenuanti discussioni, trattative e mediazioni per modificare il Porcellum ed ora in 10 settimane si vorrebbe fare altrettanto con una legge mai testata e nel bel mezzo di una campagna referendaria di impatto storico. Un proposito a dir poco surreale.....

Non conta la verifica empirica sul campo per stabilire se l’Italicum è in grado di conseguire gli obiettivi di una buona legge elettorale: garantire la rappresentanza democratica degli elettori e, nel contempo, la cosiddetta governabilità, ovvero una chiara maggioranza a sostegno di un governo solido e coeso, sottratto possibilmente ai condizionamenti di alleanze composite e frammentate. Ai giocatori importa solo di cambiare la perfida legge, senza nemmeno conoscere il parere di merito della Corte Costituzionale. Tre sono le critiche prevalenti rivolte all’Italicum: il fatto di prevedere una premio di maggioranza al partito e non alla coalizione, l’entità esorbitante del premio al primo turno e il limitato numero di eletti con le preferenze, a vantaggio dei capolisti bloccati (anche se in realtà la proporzione è vicina al fifty-fifty).

Le recenti elezioni amministrative hanno dimostrato che non esistono più macroaree ad egemonia politica di sinistra o di destra, com'era storicamente l'Italia fino alla fine del secolo, ma una geografia politica a macchie di leopardo, complice il tripolarismo e quella sorta di terno all'otto del ballottaggio che rimescola le carte e offre nuove opportunità agli elettori (vedi il clamoroso recupero di 20 punti dei pentastellati a Torino). Ebbene quali sono le modifiche all'Italicum che propone il Folli? L'uninominale a doppio turno, che è il modo migliore per avere un parlamento diviso in tre blocchi, senza una chiara maggioranza e quindi ingovernabile e instabile, come hanno dimostrato le simulazioni elettorale fatte in questi anni con l'uninominale maggioritario e come confermato dalla varietà dagli esiti delle recenti elezioni comunali. C'è poco da fare: in un sistema tripolare senza premio di maggioranza su base nazionale e ballottaggio "eventuale", difficilmente un solo polo può conseguire una maggioranza solida ed autonoma, che eviti la paralisi parlamentare (Spagna docet) o la necessità di grandi coalizioni improbabili e litigiose.

Anche i pentastellati sono della partita con la loro proposta di legge elettorale, il cosiddetto Toninellum, dal cognome del suo autore che lo descrive per sommi capi in un recente articolo di Repubblica: proporzionale con forte correttivo maggioritario (altrimenti detto, a casa mia, premio di maggioranza), collegi piccolissimi con conseguente sbarramento elevato fino al 6-7%, scomparsa delle coalizioni per consentire ad un'unica forza politica di governare il paese e agli elettori di scegliere i loro rappresentanti. Manca solo il ballottaggio e poi siamo alla fotocopia dell'Italicum, con l'aggravante di una soglia di sbarramento altissima e marcatamente anti-democratica, quella si ad alto rischio di bocciatura della Consulta.

Eppure per migliorare l’Italicum, venendo incontro ai suoi critici più accaniti, basterebbero due semplici modifiche, per risolvere in maniera definitiva il problema dell’esorbitante premio di maggioranza e della scarsa percentuale degli aletti con le preferenze. I due numeri da cambiare sono quelli dei 100 mini collegi elettorali e della soglia del 40% che fa scattare il premio di maggioranza al primo turno: il numero magico è 45.  Basterebbe sostituire entrambi con questa cifra per superare tutte le criticità: da un lato, con una soglia del 45% si dimezzerebbe l’attuale premio (peraltro anche con il proporzionale secco il "vincitore" poteva godere di un "bonus" di seggi dell'ordine del 3-5%) e, dall'altro, il numero di capolisti bloccati passerebbero, stante l’assetto tripolare, dagli attuali 300 a 135-160, ovvero 1/4 circa dei 630 seggi complessivi della camera. Troppo semplice, efficace e soprattutto assai meno divertente, come passatempo di società, del "modifichiamo l'Italicum".

P.S. Da indiscrezioni giornalistiche pare che l'uninominale maggioritario non convinca più nemmeno la sinistra PD. Ecco quindi spuntare dal cilindro magico di Miguel Gotor la soluzione definitiva: un turno unico con i collegi e il premio di maggioranza, ovvero una via di mezzo tra un neo-Porcellum e il redivivo Mattarellum, ma con la garanzia dell'ingovernabilità e senza la soglia minima per il premio di maggioranza, mancanza che è costata al Porcellum la bocciatura della Consulta. Semplicemente geniale!

domenica 12 giugno 2016

L'armata Brancaleone anti l'Italicum è sempre all'opera

Anche le elezioni comunali del giugno 2016 sono state contrappuntate da episodi poco chiari di manipolazione del voto, da ambigui tentativi di distorsione dei risultati, in una sequenza che parte ben prima della campagna elettorale. Tutto è iniziato con le primarie del PD napoletano, che hanno visto all'opera alcuni candidati impegnati, all'esterno dei seggi, a distribuire spiccioli ai potenziali elettori per favorire una certa candidatura. Probabilmente si è trattato di fatti scarsamente rilevanti sul piano penale, ma comunque sintomatici di un certo modo di intendere la militanza politica. Se i protagonisti di questi episodi non hanno avuto alcun ritegno ad esibire certi comportamenti sulla pubblica via di una grande città come Napoli, cosa può accadere in privato, lontano dall'occhio indiscreto delle videocamere, nella miriade di piccoli paesi a rischio sparsi per la penisola?
Alla vigilia del voto è scesa in campo la commissione Antimafia, che ha radiografato le liste di un piccolo campione di comuni sciolti in precedenza per infiltrazioni della criminalità organizzata. La conclusione dell'indagine è stata netta e, tutto sommato, abbastanza scontata: le liste civiche, autonome dai partiti e solitamente promosse da piccole aggregazioni civiche nei comuni minori, sono a più alto rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata, per orientare il consenso verso interessi di lobby locali, più o meno trasparenti e legali. Lo strumento principale per favorire l'ingresso nelle istituzioni locali di personaggi ambigui o con legami poco commendevoli, come quelli documentati dall'antimafia, è il voto di preferenza opportunamente pilotato. Se poi la lista civica è anche alleata ad un candidato sindaco di un partito nazionale, con buone chaces di vittoria o di arrivare al ballottaggio, il “peso” dei pochi consensi e degli eletti nella lista locale è ancor più rilevante.
Infine, dopo il primo turno sono state avviate alcune iniziative giudiziarie, sempre nel capoluogo campano, per sospetto voto di scambio a carico di due candidate presenti nella lista del PD, peraltro esclusa dal ballottaggio. Per ora si tratta solo di ipotesi di reato, che hanno motivato la perquisizione della sede cittadina del PD, e quindi è prematuro qualsiasi conclusione circa gli esiti della vicenda. In ogni caso l'immagine e la “reputazione” del PD partenopeo non ne esce certo rafforzata e nobilitata. Il commissariamento della federazione napoletana, annunciato da Renzi dopo la debacle del primo turno, appare ancor più necessario ed anzi ci si chiede come mai non sia stato adottato prima di tali episodi.
Queste vicende dimostrano con l'evidenza dei fatti che il brodo di coltura per la manipolazione del consenso elettorale sta nel combinato disposto tra premio di maggioranza alla coalizione e voto di preferenza individuale; la proliferazione di liste civiche ad personam, specie se coalizzate con il partito maggiore, favorisce le ambizioni dei tanti Ghino di Tacco locali, pronti a salire sul carro del vincitore per far valere il loro potere di interdizione. L'obiettivo è sempre lo stesso: far leva su una nicchia ecologica sociale per lucrare sulla rendita di posizione di un pacchetto di voti, modesto ma determinante per la vittoria finale del candidato sindaco, sfruttando al massimo la notorietà e i legami sociali dei candidati in grado di rastrellare il maggior numero di preferenze, anche grazie alla promessa di benefici clientelari, per non dire di peggio (vedasi il caso emblematico delle lezioni comunali a Platì).
L'Italicum, per fortuna, ha fatto piazza pulita del premio di maggioranza alla coalizione e ha ridimensionato il voto di preferenza, in un bilanciamento fifty-fifty rispetto ai cosiddetti capilista bloccati. I fautori della revisione della legge elettorale vorrebbero invece re-introdurre proprio le due regole che stanno alla base dei potenziali fenomeni di distorsione e manipolazione del consenso elettorale, come dimostrano i fatti sopra riportati. A favore di una revisione dell'Italicum, non ancora in vigore e lontano dalla sua prima verifica sul campo, si è coagulata un'alleanza trasversale che accomuna gli oppositori del segretario PD, dalla sinistra interna a quella “esterna”, ed alcuni commentatori politici come Eugenio Scalfari e Stefano Folli, da mesi impegnati in una bizzarra demolizione preventiva dell'Italicum.
L'ex direttore de La Repubblica si è spinto addirittura a subordinare il proprio voto favorevole alla riforma costituzionale alla revisione della legge elettorale. Proposta irrazionale e a dir poco irrealistica, specie a fronte di meno 3 mesi di lavori parlamentari prima del referendum costituzionale, con un calendario già fitto di impegni legislativi e un fronte “rivisionista” quanto mai frammentato, contraddittorio e diviso al proprio interno.