sabato 15 marzo 2014

Via libera all'Italicum, ora passa alla prova del Senato



L'Italicum è passato alla Camera: è un mezzo pasticcio ma pur sempre meglio della grande porcata precedente. La reazione stizzita di molti, dai pentastellati alla sinistra civatiana, che evocano un neo-porcellum frutto del compromesso con FI, è esagerata ma coglie nel segno: le differenze tra il Porcellum e l’Italico sono profonde e bisogna dare atto a Renzi di aver fatto la cosa giusta alleandosi con B., alla ricerca di una rilegittimazione dopo la condanna definitiva, seppur a prezzo di non pochi mal di pancia e di una legge non priva di limiti. Senza l'apporto della  neo-FI una pur mediocre riforma, che appare decente solo al cospetto dell'orrendo Porcellum, non sarebbe mai passata e il neo-premier sarebbe stato impallinato da destra e da sinistra.

Si può dire tutto il male possibile dell'italicum ma è praticamente impossibile che una qualsiasi legge elettorale sia peggiore del mostruoso suino elettorale. Forse dalle parti della nord Corea ci sarà di peggio ma in giro per l’Occidente nulla tocca i vertici della legge Porcata. Quindi un passo in avanti è stato fatto ma ovviamente si può sempre migliorare, per chi crede nella politica dei piccoli passi e del male minore. Per integralisti e massimalisti invece è solo il peggiore dei mali e stupisce il giudizio di Civati e dei cuperliani, le cui critiche si appuntano sulla mancanza delle preferenze e sulla questione delle quote di genere da riproporre al Senato.

Sul primo punto la convergenza con NCD è ormai consolidata e rischia di far saltare l’accordo con il Cavaliere, unica garanzia di buon esito dell’iter parlamentare. Stupisce che non si valuti con la dovuta considerazione la novità più rilevante introdotta dall’Italicum, per certi versi di portata storica: quel doppio turno, per ora solo eventuale e con una soglia troppo bassa, che fa la differenza nel panorama politico tri-polare italiano perché è l’unica garanzia di governabilità e di solidità della maggioranza.

Le vere criticità dell'Italicum sono altre ed hanno ben altro peso sul potenziale esito delle elezioni: soglie di sbarramento troppo elevate, e quindi palesemente antidemocratiche, e soprattutto premio di maggioranza troppo consistente per effetto di una soglia minima troppo bassa, limiti messi in risalto dalla sentenza della corte sul Porcellum e che rischiano di far cadere la scure della Consulta anche sull'Italicum.

Criticità che, guarda caso, aumentano il rischio di mercanteggiamento di voti tra i partiti pur di raggiungere la soglia minima, onde evitare il giudizio di seconda istanza degli elettori, assai più significativo e dirimente del voto di preferenza, tipico strumento clientelare, di voto di scambio e di pilotaggio degli eletti. Si aggiunga anche il fatto, segnalato dal professor D’Alimonte, che il premio di maggioranza potrebbe essere così risicato da lasciare l’esecutivo in balia di un pugno di eletti, tentati dal trasformismo politico come nella recente storia politica. Una soglia per il premio di maggioranza così bassa porta con se il rischio/necessità per i partiti maggiori di “imbarcare” tutte le forze minori in alleanze allargate e posticce pur di raggiungere il fatidico 37% dei consensi al primo turno ed evitare il ballottaggio. Sarebbe esiziale se a questa jattura si dovesse aggiungere anche il voto di preferenza, con tutte le distorsioni che esso comporta nei piccoli collegi.

E dire invece che l'Italicum potrebbe evolvere da mediocre a buona legge con poche ma sostanziali modifiche:
1-l’innalzamento della soglia per il premio di maggioranza ad un livello "ragionevole" (40-45%) ma di fatto irraggiungibile, che vanificherebbe il potenziale “ricatto” delle piccole formazioni, il cui apporto è invece determinante per superare l’attuale soglia;
2-lo sfoltimento/abbassamento delle varie soglie di sbarramento minime per l’accesso alla rappresentanza parlamentare nazionale, diciamo al 3% circa per tutti.

Speriamo nella prossima legislatura; non è detto che ogni tanto non prevalga il buon senso e soprattutto l’interesse generale su quello particolare.