sabato 7 settembre 2013

Per una "filosofia" della legge elettorale

Un abbozzo di “filosofia” del sistema elettorale - benchè naif e da non specialista - deve prendere le mosse dalla domanda cardine della politica, formulata a suo tempo da Karl Popper. La concezione politica da Platone in avanti ha posto in primo piano il problema “chi deve comandare?”, ovvero chi sia titolato a reggere le sorti del governo per vocazione, capacità, titoli, dinastia, consenso etc... Il filosofo greco aveva indicato in un rappresentante della sua stessa categoria il soggetto più adatto a governare la cosa pubblica, in quello che oggi identificheremmo come un conflitto di interessi per autoreferenzialità di “casta”. Popper, dopo la serrata critica all’impostazione platonica, accusata ne “la società aperta” di proto-totalitarismo, riformula il problema e si chiede: in che modo è possibile sostituire governanti inetti, corrotti, dispotici, inefficaci o solo poco adatti, evitando spargimenti di sangue, come invece è accaduto spesso nella storia e accade tutt’ora in molti paesi, teatro di scontri violenti per il ricambio politico “rivoluzionario”?

La questione è di costante attualità in Italia, non tanto per il rischio di guerra civile, come nel recente tragico passato novecentesco, ma per uno scenario politico fatto di cronica instabilità, incertezza, ingovernabilità, divisività e contrapposizioni paralizzanti senza sbocchi riformatori, come quelle che hanno contraddistinto l’ultimo ventennio; il nostro sistema politico vive nella perdurante impossibilità di produrre una chiara alternanza di schieramenti di governo, coesi e duraturi per il tempo necessario ad ottenere l’approvazione o la disconferma elettorale da parte dei cittadini. Le regole del gioco democratico ipotizzate da Popper, in primis il sistema elettorale, dovrebbero al contrario assicurare controllo democratico, bilanciamento e separazione di poteri, concreta possibilità di alternanza virtuosa e un naturale ricambio delle classi dirigenti.

Attorno al dibattito pubblico sui sistemi elettorali e sulle posizioni politiche circa la legge riforma della legge elettorale, si confrontano due “filosofie”, per certi versi antagoniste ma che si possono anche integrare: un modello istruttivo e uno selettivo. Le successive argomentazioni esulano da argomenti tecnici, di pertinenza matematico-statistica o ingegneristico legislativa, per offrire invece una cornice interpretativa delle modalità di espressione delle preferenze elettorali, del consenso e dei loro effetti sulla rappresentanza politica da un punto di vista cognitivistico e “filosofico” generale, seppure “naif”. Oltre che alla filosofia politica popperiana, le considerazioni che seguono attingono ad alcuni concetti delle scienze cognitive; in particolare, la psicologia della decisione ha dimostrato che diverse modalità di presentazione e strutturazione di uno stesso problema (il cosiddetto framing decisionale) non sono equivalenti in quanto ad esiti, ma possono influenzare in modo significativo il processo di valutazione e scelta.

1-Modello “istruttivo”

I sistemi elettorali di tipo "istruttivo" sono tipicamente proporzionali a turno unico in quanto convogliano un consenso specifico sul partito coerente con la concezione politica, culturale, di interessi, valori, principi generali dell’elettore “medio” etc.. Il voto indica una relazione di tipo, appunto, “istruttivo” nel senso di una delega in positivo e per una sorta di temporanea affiliazione ad un partito/schieramentopolitico. Il consenso viene attribuito per la realizzazione di un programma elettorale, di una filosofia politica per affinità tra elettori ed eletti, in analogia a quello che lega l'iscritto al partito di appartenenza. Ma oltre ad affidare una sorta di mandato, il primo turno porta a termine un primo screening delle forze minori, vale a dire quelle che non ottengono un consenso sufficiente per avere eletti e vengono così escluse dalla rappresentatività parlamentare e dalla possibilità di accedere al governo.

La legge elettorale proporzionale, in vigore per oltre 40 anni fino ai primi anni 90, era stata elaborata sotto l’influenza dalla precedente esperienza politica, con l’intento di mantenere un equilibrio virtuosi di poteri tra le diverse forze politiche per impedire prevaricazioni o dittature della maggioranza, quali si erano attuate durante il ventennio fascista. Basti pensare alla reazione del fronte social-comunista avversa alla proposta della cosiddetta “legge truffa”, che garantiva un premio di maggioranza non dissimile da quello proposto oggi dallo schieramento di centrosinistra per favorire la governabilità. La caduta del muro di Berlino, l’occupazione dello stato da parte dei partiti della Prima Repubblica e il loro tramonto sotto i colpi delle inchieste giudiziari della stagione di “mani pulite”, ha fatto emergere la necessità di superare la frammentazione proporzionale del sistema politico a favore del bipolarismo e per il ricambio della classe politica, come antidoto al consociativismo e alla spartizione clientelare del potere.

Il sistema elettorale proporzionale/istruttivo è chiaramente in sintonia con l’impostazione platonica del problema politico: l’elettore infatti designa con la propria specifica preferenza elettorale il partito che secondo lui e’ più titolato di altri a “comandare”. Tuttavia il suo esito è una frammentazione della rappresentanza che impedisce la stabilità politico-istituzionale. Se il mandato non risulta chiaro, perchè nessun partito raggiunge la maggioranza assoluta, si apre la fase di trattative tra le oligarchie partitiche per la negoziazione di un programma di governo, in genere frutto di compromessi e di do ut des per raggiungere un buon equilibrio tra interessi e posizioni politico-programmatiche non sempre convergenti. Proprio per evitare questi esiti, tipici della Prima Repubblica e del sistema proporzionale, con le leggi elettorali dagli anni novanta in poi si è tentato di favorire l’evoluzione del sistema politico nel senso dell’alternanza bipolare di schieramenti politici ben distinti e riconoscibili da parte degli elettori.

2-Modello selettivo

Al contrario dell’impostazione istruttiva del primo turno, il modello "selettivo" a doppio turno incorpora anche una spiccata valenza negativa, scartando i soggetti meno adatti ad assumere l'onere di gestirela cosa pubblica, anche con un'eventuale impostazione proporzionale. Il modello selettivo per eccellenza a cui far riferimento sono, a mio parere, le primarie USA per la designazione del candidato presidente. Il processo attraverso il quale si arriva ad indicare il candidato presidente di entrambi gli schieramenti ha un carattere progressivamente selettivo che riduce a due soli leader per partito la platea, generalmente affollata, dei pretendenti ad essere coronati nella convention finale. Ad ogni tappa delle primarie nei diversi stati alcuni candidati si rafforzano, altri si indeboliscono ed altri ancora decidono di farsi da parte per via di un esito deludente nelle urne. In tal modo si realizza una selezionane adattativa degli esponenti politici più votati fino al risultato finale della designazione dell’unico candidato presidente dei due partiti maggiori.

Il processo elettorale a due turni è chiaramente indirizzato ad un esito politico coerente con l’impostazione popperiana del problema, alternativa al modello platonico, vale a dire un sistema di espressione del consenso che favorisca il fisiologico ricambio/selezione della classe dirigente sulla base delle preferenze degli elettori, seppur a prezzo di una certa forzatura della scelta e di una minore specificità del mandato politico per via dell'opzione binaria aut/aut del ballottaggio. Non è un caso, poiché l’epistemologia fallibilista di Popper si rifà esplicitamente all’evoluzionismo darwiniano e ai principi di variazione e selezione per l’adattamento, tentativi di soluzione del problema ed eliminazione dell'errore.

Per portare a termine la selezione della classe dirigente infatti non basta una singola scelta/voto ma ne servono due, su due schede e due turni, per assicurare nel contempo la più ampia rappresentatività democratica (I° turno) e la governabilità (ballottaggio per il premio dimaggioranza). Come gia' rilevato la scelta dell’elettore al secondo turno ha una doppia valenza: positiva di designazione diretta – seppur per molti cittadini nel segno del male minore o del meno peggio – e nel contempo negativa, di eliminazione della coalizione/partito ritenuto meno affine alle proprie opzioni ideali o pratiche. Questo secondo aspetto fa la differenza rispetto ai sistemi proporzionali/istruttivi a turno unico, proprio per il suo carattere di selezione del meno adatto a governare. Il giudizio degli elettori e il consenso nelle urne sarà dettato sia dalla valutazione critica del bilancio del governo uscente, sia dalle “promesse” elettorali contenute nei programmi delle due coalizioni che si confrontano al ballottaggio per ottenere il premio di maggioranza/governabilità.

In sostanza, al primo turno viene indicato dall'elettore in modo “istruttivo” il partito più specifico e vicino alla propria idea, mentre al ballottaggio possono essere selezionati dai cittadini premier e ministri adatti a governare, vale a dire coloro che sopravvivono, esattamente come gli organismi viventi, alla doppia selezione elettorale perchè più rappresentativi degli altri. La doppia scelta elettorale si è resa necessaria dopo le elezioni del 2013 per la presenza di tre forze politiche sostanzialmente equivalenti, ma che rifiutano l'opzione di allearsi tra loro (il cosiddetto tripolarismo bloccato), se non per causa di forza maggiore come nel caso del governo presieduto dall'attuale premier. L’emergere di una terza forza politica di pari consistenza rispetto alle altre (il Movimento 5 Stelle) ha infatti messo in luce la stortura antidemocratica del Porcellum, ovvero per via delle liste bloccate e per il suo carattere marcatamente disproporzionale dovuto all’abnorme premio di maggioranza della camera, teoricamente attribuibile anche ad una forza politica con consensi elettorali inferiori al 25%.

Al contrario, grazie al ballottaggio e alle preferenzeattribuite ad un’eventuale lista nazionale di governo, gli elettori potrebberoscegliere sia il primo ministro sia i ministri chiamati a governare la cosa pubblica, proprio in virtù della doppia scelta (per una proposta più dettagliata in tal senso vedasi: http://lf.tuparlamento.it/lf/initiative/show/276.html , http://blog.libero.it/Riformel/12277717.html ). Tale facoltà era fino ad ora esercitata in modo esclusivo e autoreferenziale dagli apparati politici e partitici nelle trattative post-elettorali sulla base di scambi negoziali, dout des di “potere”, cooptazioni di corrente, interdizioni e veti reciproci, ben poco trasparenti e palesi.

3-Architettura della scelta e selezione

Con il passaggio dal primo al secondo turno cambia il contesto decisionale in cui gli elettori sono chiamati ad esercitare la loro opzione. Nel senso che l’architettura bipolare del ballottaggio, ovverosia la diversa cornice della scelta, è rilevante ai fini dell’esito elettorale, in quanto obbliga in un certo senso gli elettori a propendere per l'uno o per l'altro, incide su chiarezza del risultato, stabilità e governabilità politico-istituzionale, nel senso della garanzia di ricambio della classedirigente perorata da Popper. Il sistema a doppio turno si può iscrivere, oltreche nel filone darwiniano/popperiano delle selezione per tentativi ed errori, all’interno della corrente del paternalismo libertario, nel senso che definisce un’architettura della scelta, in due tempi e con modalità diversificate tra primo turno e ballottaggio, funzionale al processo di selezione dello schieramento più adatto al governo della cosa pubblica.

Il ballottaggio cambia la cornice e il valore della scelta: si realizza un contesto che induce gli elettori, con quella che è stata definita una “spinta gentile” (nudge), ad esercitare l’opzione elettorale in modo “razionale”, cioè in senso bipolare alternatico e favorevole ad uno schieramento, a cui verrà attribuito premio di governabilità, a scapito dell’altro. In tal modo il doppio turno restituisce agli elettori la facoltà di scelta, e nel contempo la sottrae agli apparati di partito e alle oligarchie dei vertici, sia nel momento della compilazione delle liste bloccate, sia all’atto della negoziazione/spartizione post-elettorale dei posti di potere in rapporto agli equilibri di consenso scaturiti dalle urne. La scelta alternativa dell’elettore, a favore dell’uno o dell’altro schieramento apporta quella chiarezza di risultato elettorale che non sarebbe possibile in un’architettura di scelta proporzionale a unico turno, in cui come abbiamo visto prevalgono le tendenze “particolari” e la frammentazione del voto in partiti minori fino all’ingovernabilità.

Infatti nel turno di ballottaggio si costruisce un’architettura decisionale che sacrifica una quota di scelta “specifica”, a vantaggio della selezione, in quanto propone agli elettori alcune opzioni comportamentali:

a-gli elettori dei due schieramenti alternativi possono esercitare ancora la loro opzione ideale come al primo turno;

b-gli elettori dei partiti minori esclusi da ballottaggio possono adattarsi a dare il proprio consenso allo schieramento più vicino alle proprie opzioni oppure, in negativo, all’insegna del male minore o per “punire”il governo uscente o la coalizione meno “simpatica”;

c-agli elettori indifferenti, scettici o indisponibili ad una scelta alternativa aut/aut, così come a quelli del punto 2, non resta che l’opzione della defezione, ovverosia l’astensione al ballottaggio o la scheda bianca;

d-infine agli elettori che hanno scelto già al primo turno una forma di defezione (astensione, scheda bianca o nulla) resta aperta la possibilità di replicare la defezione o di effettuare una scelta al secondo turno.

4-Conclusioni

Il sistema selettivo a due turni incanala, con una“spintarella” un po’ forzata, il consenso elettorale verso uno sbocco alternativo tra due schieramenti grazie alla sua architettura di scelta; in tal modo sacrifica un’opzione elettorale più diversificata, peraltro garantita dal primo turno proporzionale, a favore della selezione per la governabilità e la stabilità del sistema, in sintonia con la filosofia politica popperiana.

Brescia, settembre 2013                                        Giuseppe Belleri

 Bibliografia a richiesta: bllgpp@gmail.com

Al Senato muove i primi passi (falsi) la riforma del Porcellum

E' iniziato alla commissione Affari Costituzionali del Senato l'esame delle proposte di riforma del Porcellum: http://www.europaquotidiano.it/2013/09/05/primi-passi-per-la-legge-elettorale-ma-lobiettivo-e-la-norma-ponte/ due delle quali a firma PD. Purtroppo l'ipotesi di superare il Porcellum resuscitando il Mattarellum, come vorrebbe una delle proposta del PD, rischia di non risolve affatto il problema di fondo per due ostacoli attualmente insormontabili: il tripolarismo bloccato assieme alla frammentazione geografica a macchia di leopardo del consenso verso le tre principali forze politiche, per cui potremmo avere una distribuzione a tre dei collegi uninominali, ricascando nella situazione attuale di instabilità. Le simulazioni fatte con i risultati delle ultime elezioni hanno dimostrato che il Mattarellum potrebbe produrre alla Camera un'ingovernabilita' come quella dell'attuale senato e quindi la necessita' di grandi coalizioni a iosa. Insomma dalla padella del Porcellum alla brace del Mattarellum!

Non ci sono santi: l'unica soluzione razionale ed efficace sta nel "rinviare" il premio di maggioranza al ballottaggio nazionale per convogliare il consenso elettorale su un premio di governabilita' alla coalizione vincente, soluzione che si puo' introdurre anche con semplici modifiche dell'attuale  Porcellum (basta "spostare" l'attuale premio di maggioranza al II turno tra le prime due coalizioni del primo turno che non hanno raggiunto la soglia minima del 40-45%).

Ma anche con il recupero del Mattarellum si puo' introdurre una soluzione analoga: basta trasformare il 25% di seggi proporzionali in premio di maggioranza analogo a quello del sistema elettorale delle regionali (il surplus di seggi al “listino” del governatore vincente) ma con una differenza sostanziale: il premio nazionale di "governabilita'" verrebbe attribuito al secondo turno, in caso di mancato superamento della soglia minima del 40-45% al primo turno da parte di un partito/coalizione, come prevede la bozza Violante.

Ancor meno comprensibile e' la seconda proposta targata PD "di assegnare il premio di maggioranza (meno ampio di quello attuale) al partito vincente piuttosto che alla coalizione". Ancora una volta ci troveremmo nelle condizioni di attribuire un premio ad un partito con meno di 1/3 o addirittura 1/4 dei voti, per di piu' di entità insufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta, ovverosia a garantire la governabilità. Il nodo gordiano resta sempre il tripolarismo; nessuna delle proposte PD di revisione del Porcellum riesce a scioglierlo, ma tutte rischiano pure di renderlo ancor piu' intricato.

Chiunque abbia un minimo di buon senso e razionalità non puo' che appoggiare il modello Violante, l'unico che è in grado di garantire con il doppio turno nazionale la governabilità e nel contempo la maggiore rappresentatività proporzionale con il primo turno, altrimenti avremo ambigui governi di larghe intese a vita, tanto fragili quanto litigiosi!

Proposta di riforma per andare oltre il Porcellum

Per superare l’attuale impasse politica, frutto dei veti incrociati e delle incompatibilità tra le tre forze politiche maggiormente votate, c’e’ una sola strada: ritornare alle urne ma con un sistema elettorale a doppio turno che dia agli elettori il potere di designare con chiarezza il premier e il partito/coalizione che governerà il paese mettendo fine alla grande coalizione. Cio’ sara’ possibile solo con la doppia scelta/selezione da parte dell’elettorato, visto che i partiti sono paralizzati e incapaci di decidere tra di loro per un qualsiasi governo, sulla base della delega ricevuta dagli elettori nel singolo turno elettorale. Prima delle elezioni di febbraio il porcellum, che tutto sommato si adattava discretamente al bipolarismo vigente negli ultimi 15 anni, era stato criticato per le liste bloccate senza preferenze perchè ancora non aveva dispiegato i suoi perversi effetti. 

Con il passaggio al tri-polarismo ad interdizione reciproca, per via dell’incompatibilità tra i tre maggiori partiti, è emersa con evidenza la portata devastante del porcellum: schizofrenia rappresentativa tra Camera e Senato, paralisi istituzionale per ingovernabilità, trionfo dei veti incrociati e massima incertezza politica. In sostanza la paralisi governativa deriva dal fatto che ognuno dei tre maggiori partiti e’ il Ghino di Tacco per l’altro, con l’ago della bilancia montiano che però non ha voce in capitolo.

Una nuova legge elettorale ben congeniata potrebbe superare i limiti e le distorsioni del porcellum, ormai palesi per tutti, e nel contempo conciliare l’esigenza della governabilità con la maggiore rappresentatività proporzionale, senza cadere negli effetti collaterali delle preferenze (rischio di voto di scambio) e dei collegi uninominali maggioritari (idem più clientelismo, campanilismo/localismo ed esclusione di minoranze anche consistenti). Anche perchè i tre maggiori partiti, avendo avuto un consenso elettorale sovrapponibile, non hanno posizioni di rendita minoritaria da far valere e interessi particolari da difendere a scapito degli altri.

Ecco in sintesi i punti essenziali della proposta:

·         riduzione dei parlamentari a 350 per la camera e 200 circa per il senato

·         elezione del 70-80% dei parlamentari con il sistema proporzionale a turno unico, sia alla camera che al senato, per garantire la maggiore rappresentatività

·         premio di maggioranza, variabile del 10-15% di seggi (ad esempio 50 alla camera, piu’ gli eventuali seggi non assegnati con i resti dei partiti minori) al partito/coalizione che supera la soglia del 40-45% dei voti al primo turno, per raggiungere il 55% del totale degli eletti

·         in caso di mancato raggiungimento della soglia del 40-45% da parte di un partito/coalizione secondo turno di ballottaggio su lista unica nazionale per le prime due coalizioni, per attribuire al vincente il premio di maggioranza/governabilità, composto dal numero di seggi necessario per raggiungere il 55% del totale degli eletti (20-30% circa dei seggi in più rispetto a quelli attribuiti al primo turno)

·         due schede elettorali: la prima per il voto su liste bloccate di collegio , con sistema proporzionale senza sbarramento e a turno unico in collegi elettorali su base regionale

·         la seconda per il premio di maggioranza/lista di governo su base nazionale, con possibilità di 1-2 preferenze eccetto il candidato premier, da riproporre anche al secondo turno di ballottaggio in caso di mancato raggiungimento della soglia del 40-45% al primo turno

·         macro-collegi elettorali, composti da 30-40 deputati e un numero proporzionale di senatori, in modo che possa essere rappresentato anche un partito che supera il 3-4% dei consensi a livello locale, senza bisogno di soglie di sbarramento a livello nazionale, ed eventualmente con la possibilità di 1 preferenza

·         con le preferenze attribuite ai candidati della lista nazionale di governabilità al primo turno gli elettori sono nelle condizioni di selezionare anche i futuri ministri

·         al secondo turno di ballottaggio, dopo una settimana, i cittadini saranno chiamati ad attribuire il premio di maggioranza/governabilità ad una delle due coalizioni/partiti che al primo turno non hanno superato la soglia del 40-45% dei consensi ·         in questo modo il candidato premier vincente entra immediatamente in carica, essendo stata designata dai cittadini anche la lista dei ministri, senza mercanteggiamenti e negoziati post elettorali per trovare bilanciamenti/spartizioni di posti in stile manuale Cencelli di stampo partitocratico/correntizio.

Con il sistema delle macro-circoscrizioni si evitano le derive localistico/campanilistiche, tipiche dei sistemi uninominali, si garantisce nel contempo la rappresentatività delle minoranze radicate localmente, e si pone un freno alla personalizzazione tipica del collegio maggioritario, sempre a rischio di clientelismo e/o voto di scambio; con l’attribuzione delle preferenze a livello nazionale, su una lista di personalità di rilievo e note per la propria posizione pubblica o sociale, si restituisce agli elettori la libertà di scegliere direttamente sia il primo ministro sia la composizione del governo, sottraendola alle negoziazioni post-elettorali tra le burocrazie/caste dei partiti e senza il rischio di voti di scambio/clientelare a livello di micro collegi locali.

La riforma sarebbe ancor più incisiva se venisse abbassato il limite di età per gli elettori del senato, ad esempio dagli attuali 25 a 21 anni, se venisse rivista l’attribuzione dei seggi del Senato su base regionale e se fossero differenziati i compiti delle due assemblee, superando il cosiddetto bicameralismo perfetto o abolendo il senato come proposto da alcuni commentatori. Ma anche in caso di recupero del Mattarellum, previa abrogazione del Porcellum come già ipotizzato da più parti per superare le prevedibili contrapposizioni sulla riforma, c’è il rischio di ritrovarsi un parlamento spaccato in tre gruppi contrapposti e quindi ingovernabile. Ma ci sarebbe una soluzione anche per prevenire tale esito disastroso. Basterebbe, pur mantenendo il 75% dei seggi in collegi uninominali maggioritari, trasformare l’intera quota proporzionale del 25% in un premio di maggioranza/governabilità da attribuire al ballottaggio, nel caso in cui nessun partito o schieramento superasse la soglia minima per il premio di maggioranza al primo turno, secondo il modello sopra delineato.

Aprile 2013                                                                            Giuseppe Belleri

Un comma 22 per la riforma del Porcellum

Cosa spinge Enrico Letta a battere il chiodo, come fa  periodicamente da qualche mese, per il superamento del Porcellum quando sa benissimo che una parte essenziale della sua strana maggioranza vede la “macellazione” del suino come fumo negli occhi? Qual'e' il suo disegno tattico-strategico?

L'accoppiata settembrina tra decadenza parlamentare del Cavaliere e inizio dell'iter parlamentare per la modifica radicale della legge porcata, specie se con la formula del doppio turno nazionale, rappresentano davvero una bomba ad orologeria pronta a deflagrare sulla strana maggioranza. Perche' la scialuppa di salvataggio del leader del PDL per restare alla testa della neo FI, nel caso in cui non passasse la strategia dell'agibilità politica, e' proprio la garanzia di poter contare su una pattuglia di fedelissimi grazie alle nomine dall'alto concesse dal Porcellum.  Già ora partono quotidianamente gli avvertimenti minacciosi nel caso in cui alla ripresa passi l'ineleggibilita' del Cavaliere, nella giunta senatoriale per le lezioni, figuriamoci quando inizierà la discussione sulle proposte di revisione del Porcellum! In questo clima evocare la liquidazione del la porcata e’ poco meno che una provocazione, di cui farebbe le spese per primo lo stesso Letta. Perche’ quindi proprio il presidente del consiglio si lancia in anatemi contro la legge Calderoli? A stretto giro di posta, dopo le dichiarazioni di Letta al meeting di CL a Rimini, come previsto e’ arrivato il niet del centrodestra a modifiche radicali della legge elettorale, visto il clima generale.

Comincia a delinearsi quale possa essere il ruolo dei pentastellati, che sulla revisione della legge elettorale ancora non si sono sbilanciati ufficialmente, salvo le solite sparate del loro leader da pulpito mediatico contro un'eventuale formula a doppio turno e una predilezione generale per il proporzionale secco di modello svizzero. Nonostante il disastroso esito delle ultime elezioni si dicono pronti alla convocazione dei  seggi, anche con il Porcellum, in un’inedita alleanza con il Cavaliere e del tutto indifferenti alla paralisi e all’ingovernabilitaà presente e garantita anche per il futuro.

Anche un ragazzino capirebbe che qualsiasi formula, dal Porcellum con soglia minima per far scattare il premio di maggioranza alla riedizione del vecchio Mattarellum, rischia di sortire in caso di elezioni anticipate la situazione di ingovernabilità dell’attuale senato. Ma di questo esito il Cavaliere non si duole affatto in compagnia di Grillo che invece non se cura proprio, muoia Sansone con tutti i Filistei! 

L'unica via d’uscita razionale e di buon senso potrebbe arrivare dalla riedizione di una sorta di nuovo Comma 22. I meno giovani ricorderanno la paradossale regola che aveva ispirato l'omonimo film pacifista degli anni settanta, tratto dal romanzo di Joseph Heller Catch 22: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo» Ebbene Napolitano e’ stato chiaro, non si torna alle urne con questa legge. Ergo, se si tenta di rivedere il Porcellum radicalmente il governo cade e si torna alle urne ma non si puo’ tornare alle urne senza la riforma del Porcellum! Insomma, per l’ennesima volta la politica si e’ incartata su se stessa.


Un errore madornale!



Che errore madornale non aver modificato il Porcellum come priorita' delle priorita' delle camere dopo il loro insediamento! Invece si  e' scelto di impostare una riforma costituzionale in modo improprio lasciando per ultima la legge elettorale e quindi concedendo un vantaggio a tutti coloro che vogliono lucrare sull’ingovernabilita’ garantita dal Porcellum al senato ed ottenere vantaggi per la rendita di posizione/interdizione acquisita. Ora non resta che sperare nella fermezza di Re Giorgio che non dovrebbe sciogliere le Camere prima che sia stata varata una legge elettorale decente. 

L'ipotesi di recuperare il Mattarellum, ma il doppio turno in collegi uninominali, rischiano di non risolve il problema per via del tripolarismo bloccato e della frammentazione territoriale del consenso verso le tre principali forze politiche; anche alla Camera potrebbe venir fuori una situazione di ingovernabilita' come al senato e quindi la necessita' di grandi coalizioni, tanto ampie quanto innaturali e fragili. L'unica soluzione razionale, per conciliare rappresentatività democratica e governabilità,  sta in un doppio turno nazionale e non locale per l'attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione vincente con designazione del premier, che si puo' fare anche modificando il Porcellum: http://lf.tuparlamento.it/lf/initiative
/show/276.html            
                                                                                                          
Il sistema ricalca quello vigente per le regionali (il premio di maggioranza attribuito al “listino” del governatore vincente) ma con la differenza sostanziale:  il premio nazionale per la governabilita' verrebbe attribuito al secondo turno, in caso di mancato superamento della soglia minima del 40-45% al primo turno da parte di un partito/coalizione. Questo per impedire che possa ottenere la maggioranza assoluta un partito/coalizione che ottenga % inferiori al 40-45%, com’ e' invece accaduto a febbraio con la pseudo-vittoria maggioritaria del centrosinistra alla camera, conseguita in modo anti-democratico con meno del 30% dei consensi. L'On Violante e' stato incaricato di predisporre una proposta simile di revisione del Porcellum, ma ora difficilmente andra' in porto: http://intranews.sns.it/intranews/20130730/SIJ2013.PDF  
   
L’abbinamento tra macro-circoscrizioni con voto di lista proporzionale e “listino” nazionale del presidente a doppio turno, entrambe con voto di preferenza, ha molteplici vantaggi pratici:

1-rende inutile la soglia di sbarramento, poco democratica e giustamente contestata dai partiti minori,  perche’ rende possibile la rappresentanza anche di forze politiche piccole o a radicamento locale, purche’ raggiungano la % minima utile ad ottenere un seggio in una delle circoscrizioni regionali o sovraregionali (in un collegio elettorale con in palio 30 seggi in basta raggiungere il 3,3% per avere un parlamentare, mentre con 40 seggi sara’ sufficiente il 2,5%). Quindi nessun rischio di dittatura della maggioranza ma garanzia di massima rappresentativita’ proporzionale per tutti coloro che rivendicano questa soluzione, dalla Lega ai grillini!

2-le maxi-circoscrizioni, a differenza del collegio uninominale, sono meno a rischio di manipolazione, voto di scambio,  influenze della criminalità e/o del clientelismo/campanilismo per eleggere rappresentanti funzionali a vari portatori locali di “interessi particolari”. Inoltre i collegi uninominali a doppio turno, per via della frammentazione territoriale dei consensi e del radicamento locale dei partiti, non garantiscono affatto di sortire una chiara maggioranza di seggi nei due parlamenti. Infatti al doppio turno potrebbero accedere diversi coppie di candidati variamente combinate in base al radicamento locale dei  tre gruppi di “minoranza” (centrodestra, sinistra e grillini) e l’esito finale maggioritario, nel senso di una chiara prevalenza di uno dei tre, non e’ affatto garantito, potendosi spalmare il consenso locale in analoga misura sulle tre tipologie di candidati, con esiti non diversi da quelli del Porcellum al Senato.

3-lo stesso discorso vale per il “listino” nazionale del presidente (premio di maggioranza, eventualmente a doppio turno) in quanto le preferenze andrebbero a personaggi pubblici di prestigio e notorieta’ nazionale, che non hanno bisogno di essere pubblicizzati o sponsorizzati  da vari portatori di “interessi particolari locali”, a scapito dell’interesse generale nazionale.