mercoledì 21 dicembre 2016

Domande e risposte sul Mattarellum

Il dibattito sulla riforma della riforma elettorale si è riacceso dopo la proposta renziana di neo-Mattarellum, che vede la pregiudiziale opposizione dei proporzionalisti sparsi nei vari partiti, ma annidati soprattutto in Forza Italia e tra i centristi. A fine 2016 Repubblica ha pubblicato una simulazione dell'esito del Mattarellum, sulla base dei risultati del 2013, che dimostra due cose ovvie: che solo con il 40% dei consensi un partito avrebbe la maggioranza assoluta - esattamente la soglia per il premio di maggioranza dell'Italicum - mentre un risultato elettorale analogo a quello del 2013 produrrebbe solo ingovernabilità e la necessità di una grande e innaturale alleanza tra PD e FI+centristi. Ecco comunque qualche domanda sugli effetti dell'eventuale re-introduzione del neo-Mattarellum, magari riveduto e corretto con un premio di (presunta) governabilità per il vincitore.

1-che differenza c'è tra il capolista bloccato dell'Italicum e il candidato del collegio uninominale?

Non esiste sostanziale differenza tra il capolista bloccato dell'Italicum e il candidato "bloccato" del collegio uninominale, perchè la scelta è in entrambi i casi già stata fatta e all'elettore non resta che prendere o lasciare. O meglio una differenza esiste ed è quantitativa: i capilisti bloccati dell'Italicum sono "solo" 100 mentre i "candidati bloccati" dell'uninominale sono ben 475; in pratica significa che il 75% dei seggi saranno occupati da gente decisa dalla segreteria del partito a fronte del 55% circa dell'Italicum (dato che il secondo eletto della lista proporzionale viene indicato dalle preferenze degli elettori). Insomma dalla padella dell'Italicum si finisce dritti dritti nella brace del Mattarellum e per giunta senza alcuna garanzia di governabilità. Bel risultato, non c'è che dire.

2-che possibilità di scelta ha l'elettore dell'uninominale, visto che si troverà sulla lista un solo candidato per ogni partito, alla faccia della sbandierata facoltà di scelta dell'elettore?

La possibilità di scelta dell'elettore è nulla, se è già orientato a votare per un certo partito, e più ampia se incerto tra due o più partiti. Va da sè che il candidato dell'uninominale se vorrà attirare voti incerti su di sè dovrà utilizzare tutte le armi a sua disposizione, leggi offerte clientelari, campanilistiche, nepotistiche etc.. per non parlare del ricorso al voto di scambio!

3-chi sceglierà il personaggio da piazzare in ogni collegio?

Nei 475 collegi uninominali verranno collocati in ordine di preferenza: 1- i notabili nazionali capi-corrente paracadutati dal centro (collegi sicuri), 2- gli amministratori locali abbastanza noti e apprezzati sul territorio (collegi in bilico), 3- illustri sconosciuti o personaggi di seconda fila (collegi dati per persi in partenza). Nella stragrande maggioranza dei casi la scelta sarà fatta dall'alto, ovvero dalle segreterie nazionali o regionali, ovviamente con il bilancino del manuale Cencelli per la spartizione di posti tra le varie correnti/lobby/confraternite/logge etc.. All'elettore non resterà che prendere o lasciare l'unico candidato proposto, spesso turandosi il naso e gli occhi.

4-che maggioranza nazionale può emergere dal voto visto che il 75% dei seggi nei collegi uninominali saranno spartiti, più o meno equamente, tra i tre poli?

Il punto N. 4 è il più importante ai fini del risultato elettorale. Il prof. D'Alimonte con una simulazione di tre anni fa aveva già dimostrato che, sulla base dei voti delle politiche del 2013, il Mattarellum avrebbe dato come esito l'ingovernabilità. Va da se che, nell'attuale assetto tripolare ormai stabilizzato, il risultato di un'elezione politica con il neo-Mattarellum sarebbe anche peggiore.
http://cise.luiss.it/cise/2013/11/19/voto-col-mattarellum-niente-vincitori/

5-la personalizzazione del consenso elettorale su base territoriale non è a rischio di voto di scambio clientelare, campanilistico, localistico, nepotistico per non dire di peggio?

La risposta è implicita nei precedenti punti. Conclusione: il Mattarellum è un grande azzardo!                                            

martedì 20 dicembre 2016

Italicum proporzionale o Mattarellum pari sono...

Dopo la "batosta" referendaria è ripartito il gioco più gettonato nel circo mediatico degli addetti ai lavori della politica: la rottamazione dell'Italicum per far posto alla riforma della riforma mai applicata. Le opzioni rimaste in gioco sono due: l'eliminazione del ballottaggio dell'Italicum, con il conseguente ritorno al sistema proporzionale pur corretto con un limitato premio di governabilità alla coalizione, e la riedizione del Mattarellum, anch'esso modificato nella parte proporzionale per assegnare al vincitore un surplus di seggi in modo da facilitare il raggiungimento della maggioranza assoluta.

Entrambe le opzioni hanno come cardine la cancellazione del secondo turno elettorale, con l'intento dichiarato di evitare il confronto con i pentastellati al ballottaggio, i quali per bastian contrario hanno invece proposto l'estensione dell'Italicum al senato, in modo da prevenire la probabile manipolazione delle regole elettorali ai loro danni. Si può facilmente immaginare con quale veemenza verrà contrastata in parlamento la revisione della legge elettorale, ad opera di un PD indebolito ma in sintonia con una Forza Italia residuale; non sarà certo minore la foga propagandistica, all'insegna della legge truffa anti-grillina,  con cui verrà condotta la successiva campagna elettorale dai pentastellati.

Entrambe le soluzioni sono ad elevato rischio di generare una non maggioranza parlamentare e quindi di portare all'ennesima versione della grande coalizione tra PD e una parte del centrodestra. Vediamo in dettaglio i due possibili scenari post elettorali.

1.Il rilancio del Mattarellum non è certo una novità ed è l'unica alternativa praticabile rispetto il ritorno al proporzionale. Non serve la laurea in matematica per rendersi conto che in un assetto ormai stabilmente tripolare senza il premio di maggioranza, attribuito dagli elettori al vincitore con il consenso al secondo turno, è praticamente impossibile che uno dei tre contendenti conquisti una solida maggioranza in un'unica votazione. Specie se i seggi vengono attribuiti con in collegi uninominali, come in caso di Mattarellum 2.0, sebbene corretto con un premio alla coalizione nella quota proporzionale del 25%.

Infatti con il redivivo neo-Mattarellum si avrebbe una distribuzione a macchia di leopardo dei seggi sul territorio, che rispecchia le aree di maggiore radicamento storico dei vari partiti o coalizioni: centrodestra prevalente al nord-est, regioni centrali ed Emilia al centrosinistra, distribuzione disomogenea nelle altre regioni, con ampi consensi ai grillini nelle periferie delle metropoli e nella aree più disagiate. In pratica un nulla di fatto che obbligherebbe alla grande ed innaturale coalizione tra un rinato Cavaliere e un PD indebolito dall'esito referendario. A meno che, e sarebbe la prima volta da decenni, si verifichi una tale omogeneità di consensi su tutto territorio tale da premiare nettamente uno dei tre poli in modo maggioritario a scapito agli altri due in buona parte dei collegi .

2.La probabilità che un sistema proporzionale, come quello dell'Italicum riveduto e depurato dal ballottaggio, partorisca una solida maggioranza di governo grazie al "premietto" di governabilità e di coalizione sono ancor minori rispetto all'esito di votazioni in collegi uninominali maggioritari del Mattarellum 2.0. Infatti il sistema proporzionale fotografa in modo estremamente preciso i consensi acquisiti da contendenti e, in presenza di un tri-polarismo come quello attuale, una piccola differenza percentuale potrebbe garantire un buon vantaggio al vincitore, peraltro insufficiente per raggiungere una solida maggioranza parlamentare.

Un simile esito costringerebbe due dei tre partiti o alleanze elettorali ad un governo di grande coalizione per uscire dall'impasse, un po' come è accaduto in Spagna dopo la ripetizione delle elezioni a distanza di 6 mesi dalle prime votazioni. Poichè il M5S ha sempre rifiutato programmaticamente qualsiasi ipotesi di trattativa e men che meno accordi politici di governo con qualsisia altra forza politica, l'esito delle urne potrebbe essere ancora una volta una grande coalizione tra PD e centrodestra, qualsiasi sia il vincitore delle elezioni, ovvero anche in caso di vittoria dei pentastellati.

Insomma, la rinuncia ai due turni elettorali, come strumento elettivo per selezionare due dei tre poli da sottoporre al consenso maggioritario degli elettori del ballottaggio, rischia di condurre un paese disorientato e dilaniato da una frammentazione tripolare ormai consolidata sulla strada dell'instabilità, di una perdurante ingovernabilità e alla conseguente necessità di coalizioni di governo ambigue, litigiose, confuse e quindi irresponsabili.

venerdì 25 novembre 2016

Riforma del bicameralismo tra intenzioni e risultati

C'è una motivazione più profonda e radicale, rispetto alla riduzione dei tempi di approvazione delle leggi, per promuovere il superamento del bicameralismo paritario, nel segno della distinzione delle funzioni tra i due rami del potere legislativo; si tratta di motivazioni qualitative più che quantitative, di natura culturale, etica ed "epistemica" come suggerisce il pensiero di due grandi del novecento, Max Weber e Karl Popper. Il bicameralismo paritario nasce dal clima sociale e politico post-bellico, intriso di sospetti e di diffidenze reciproche tra le forze antifasciste uscite vincitrici dalla resistenza, ma con opposte visioni, tendenze politico-ideologiche e programmatiche: da un lato quel fronte popolare social-comunista che dopo la costituente avrebbe perso alle prime elezioni legilsative a vantaggio dello schieramento democratico-cristiano centrista.

Pur essendo di ispirazione ideologica e culturale contrastanti i due schieramenti condividevano l'idea che i rami del parlamento erano in grado di produrre, con il rimpallo dell'esame e il suo progressivo affinamento, la migliore legge a priori in relazione agli obiettivi pratici e alle opzioni ideali del legislatore. Inoltre la presenza di due assemblee parlamentari con diversa composizione anagrafica e rappresentava poteva costituire, specie per il fronte democristiano, una garanzia di vigilanza contro le paventate tendenze anti-democratiche dell'alleanza social-comunista, nel senso del bilanciamento, del controllo, dei pesi e contrappesi della tradizione anglosassone.

Come ha osservato lo storico Massimo L. Salvadori su La Repubblica del 25 novembre 2016 il testo costituzionale "fu il frutto del comune interesse a trovare in un sistema a basso tasso di governabilità del paese una reciproca assicurazione dato il vivo timore che i campi opposti nutrivano l'uno nei confronti dell'altro", individuando nel Senato lo "strumento di quella reciproca assicurazione e architrave per rallentare il processo legislativo mediante il ping-pong tra le due camere".

Il bicameralismo paritario post-bellico è figlio del clima culturale dell'epoca, pervaso da quella che il sociologo Max Weber ha definito l'etica delle intenzioni, a cui facevano riferimento, seppur da visioni antitetiche e contrapposte, i progetti socio-politici ed economici del social-comunismo e quelli della tradizione popolare liberal-democratica. Max Weber contrappone all'etica delle intenzioni quella dei risultati e della responsabilità, che si fonda sul controllo dell'effettivo conseguimento degli obiettivi perseguiti.

Il sociologo tedesco riteneva l'etica delle buone intenzioni a priori (spesso foriera di disastri, come recita l'aforisma marxiano: "la strada della perdizione è lastricata di buone intenzioni") meno efficace e "razionale" dell'etica delle responsabilità (laica e liberal-democratica) che persegue la verifica degli esiti pratici, cioè a posteriori e sul campo, in rapporto ai cambiamenti socioeconomici, culturali e tecno-scientifici.

All'impostazione etica weberiana si coniuga il pensiero sociale e politico di Karl Popper, che sottolinea il rischio potenziale di ogni riforma, ovvero di generare oltre a quelli previsti anche effetti inattesi, collaterali o addirittura contro-intuitivi. Poichè, secondo una ben nota formula, la società è il luogo in cui si manifestano gli effetti inintenzionali dell'azione umana intenzionale e deliberata. Gli uomini scontano i limiti e l'incompletezza della conoscenza delle condizioni date, a livello sociale, culturale, economico e del loro imprevedibile intreccio evolutivo, anche in presenza delle migliori intenzioni e talvolta al di là della stessa percezione e consapevolezza individuale o collettiva. Le intenzioni astratte e decontestualizzate non tengono conto dell'impatto e degli effetti "ecologici" che la legge sconta nella fase di applicazione pratica.

Quindi è meno razionale il proposito di elaborare, con grande dispendio di tempo nella convinzione di un improbabile precisione, una legge perfetta a priori, rispetto alla verifica empirica dei suoi effetti pratici a posteriori e della sua correzione se necessaria, nel momento in cui la riforma non abbia raggiunto gli obiettivi desiderati o fatto emergere effetti collaterali o imprevisti.  Due esempi emblematici di effetti inattesi sono quelli scaturiti dalle norme sui voucher per i lavori occasionali e l'imponente contenzioso legale tra stato e regioni sulla legislazione concorrente, introdotta con la riforma federalista del 2001. Da qui la preferenza culturale ed "epistemica" per il monocameralismo, fallibilista e a posteriori, cartina di tornasole della responsabilità politica e legislativa, al di la delle buone intenzioni programmatiche.

La  stessa Riforma Costituzionale andrà sottoposta a verifica empirica a distanza per via dell'intrinseca imprevedibilità dell'evoluzione socio-economica e per il carattere unico e irripetibile dei fenomeni storico-sociali. Non si tratta quindi di una riduttiva questione quantitativa, riguardo ai tempi di approvazione delle leggi, ma della qualità dei presupposti epistemici del monocameralismo, in quanto rappresenta un salto di qualità del processo legislativo - in senso fallibilista ed empirico, correlato all'etica della responsabilità e dei risultati - rispetto all'etica delle intenzioni orfana di verifica empirica.

domenica 13 novembre 2016

L'onda lunga della rabbia, il Referendum e la rottamazione dell'Italicum

Sulla diagnosi sembrano ormai d'accordo tutti i clinici chiamati al capezzale della Democrazia: l'onda impetuosa del rancore, della rabbia per la crisi e dell'odio per caste, élite ed establishment politici è il motore delle scelte radicali, populiste, xenofobe, di chiusura e di rottura un po' in tutto il mondo, che Trump ha saputo interpretare ed intercettare al meglio con la retorica dell'America di nuovo grande. La carta stampata e i sondaggisti invece non se ne sono minimamente accorti, perchè ormai ridotti enclave elitaria autoreferenziale separata dal mondo reale e dalla società, ovvero dalla rete principale veicolo degli umori di pancia e delle tendenze che covano nella società. Una drammatica scissione tra realtà e sua rappresentazione testimoniata emblematicamente dal gap tra sondaggi e risultato finale, tra mobilitazione dei media anti-Trump e il suo trionfo nelle urne.

Il risultato del referendum sarà la cartina di tornasole per capire i possibili esiti dell'iniziativa di revisione dell'italicum in funzione anti M5S portata avanti dalla minoranza PD, dagli esiti incerti e potenzialmente controproducenti proprio per i suoi sostenitori. Sui principi non si può giocare sporco e cambiare le regole solo per interesse diparte e a proprio uso e consumo, che invece è tradizione italica quando si tratta di regole elettorali: la gente capisce benissimo che stai barando, che sei scorretto e quindi ti punisce con maggior diletto. Ne è già stato fatto uno di "stai sereno" ma era tutto sommato interno e ad uso e consumo del PD; una mossa sleale come la revisione dell'italicum per il proprio esclusivo tornaconto elettorale, suggellato da una coalizione con Alfano e Verdini, per fare lo sgambetto agli altri, sarebbe esiziale. Lo so, è da ingenui pensare che lealtà in politica conti perlomeno quanto la spregiudicatezza ma, come soleva dire l'On. Andreotti, ogni tanto le volpi troppo furbe finiscono nel carniere.  Meglio un chiaro e leale confronto a due al ballottaggio che tentare il colpo basso sul turno unico, peraltro con il rischio di un boomerang elettorale a favore dei pentastellati.

Qualcuno pensa davvero, come fa Ezio Mauro su Repubblica, che una riconciliazione tra Renzi e Bersani sancita dalla revisione dell'Italicum possa sul serio arginare l'onda lunga del rancore e della paura che dopo le coste atlantiche si abbatterà sul Referendum? Davvero l'elettorato di pancia anti-renziano, fuori e soprattutto dentro il PD, è disposto a tornare nell'alveo della ragionevolezza dopo la sigla della pace tra Cuperlo e Renzi, suggellata dal documento di rottamazione del ballottaggio in funzione anti-pentastellati? Ne sembrano fermamente convinti all'unisono i due ex direttori e il patron di Repubblica, come se alla gente che NON legge il loro giornale stesse a cuore la ristrutturazione dell'Italicum, mentre a quei pochi a cui interessa la sorte della legge  elettorale con il NO incasseranno un triplice combinato disposto: bocciare la Riforma costituzionale, mandare a gambe all'aria l'Italicum e cacciare l'odiato "bullo fiorentino". E una cordiale stretta di mano tra Renzi e Bersani scongiurerà questo esito esiziale? Suvvia questa idea è la prova provata della distanza abissale tra casta giornalistico-industriale "illuminata" e una realtà ribollente di rancori pronti a convergere sul primo parafulmine disponibile.

Se vince il NO, come ormai temono anche i pasdaran Renziani, è chiaro che si deve ricominciare da capo su tutto il fronte elettorale, in quanto servirà anche una nuova legge per il senato, per cui i giochi sono aperti ad ogni soluzione, a meno che si torni a votare con due sistemi di opposta concezione come l'Italicum alla Camera e Consultellum al Senato. Ipotesi a dir poco stravagante e comunque foriero di larghe intese almeno per un altro lustro, in attesa della prossima riforma elettoral-Costituzionale.

Se invece dovesse vincere il SI e si procedesse alla revisione, opportunistica ed auto-referenziale, dell'Italicum pro domo PD e anti-M5S il rischio sarebbe quello di fornire un assist propagandistico elettorale ai S5S di tali proporzioni da farli prevalere comunque al primo turno, altro che argine! Con il vento populista anti-casta e anti-élite che tira si sono persi mesi e mesi in diatribe dilanianti interne al PD sull'Italicum, invece di portare a termine l'iter di leggi di valore simbolico contro le degenerazioni della casta e della corruzione, quelle si utili per recuperare consensi.

mercoledì 2 novembre 2016

Quattro semplici proposte per cambiare l'Italicum

Per migliorare l’Italicum basterebbero alcune semplici modifiche, per risolvere in maniera definitiva il problema dell’esorbitante premio di maggioranza e della scarsa percentuale degli eletti con le preferenze. Ecco quindi 4 cambiamenti, facilmente attuabili per porre rimedio ai limiti dell'Italicum, più volte denunciati dai suoi detrattori:

1. innalzare la soglia del premio di maggioranza al primo turno al 42-45%, in modo da ridurre l’attuale premio (peraltro anche con il proporzionale secco il "vincitore" poteva godere di un "bonus" di seggi dell'ordine del 3-5%);
2. dimezzare il numero di collegi dagli attuali 100 a soli 50, raddoppiando quindi il numero dei seggi in palio, da 6 a 10-12; si dimezzerebbe automaticamente anche il numero di capolisti bloccati, che passerebbero dagli attuali 300 circa a 135-160, ovvero 1/4 circa dei 630 seggi complessivi della camera, venendo quindi incontro alla gran voglia di preferenze;
3. ridurre drasticamente il numero delle pluricandidature, la parte più critica dell'Italicum, portandole dalle 10 attuali a 2 o 3 e con la clausola della scelta del collegio in cui il candidato ha ottenuto il maggior numero di voti;
4. infine per venire incontro ai desiderata dei partiti minori si potrebbe proporre il premio di maggioranza alla coalizione, invece che al partito, o la possibilità di apparentamento al ballottaggio, come prevede l'elezione dei sindaci.

Poche ma sostanziali modifiche che dovrebbero accontentare i critici più accaniti, naturalmente salvaguardando nel contempo il valore aggiunto dell'Italicum, ovvero il doppio turno, garanzia del rispetto della volontà popolare e della scelta dei cittadini.

mercoledì 26 ottobre 2016

COMBINATI DISPOSTI E CIRCOLI VIRTUOSI/VIZIOSI

Ormai dovrebbe essere lampante anche per un ragazzino. Le poste in paio al Referendum sono due e intrecciate nell'ormai proverbiale formula del combinato disposto: da un lato l'OK alla riforma costituzionale e dall'altro il futuro del premier/segretario, accomunati dallo stesso destino in relazione all'esito del voto. D'altra parte era comprensibile la tentazione di rilegittimare il governo tramite il voto referendario, dopo due anni di martellante campagna propagandistica delle opposizioni contro il governo illegittimo, sostenuto da un parlamento frutto di una legge anticostituzionale, con un premier mai eletto dal popolo e mai legittimato dal consenso popolare.

Per onestà intellettuale si dovrebbe riconoscere che l'improvvida idea di personalizzare il referendum, a cui il premier non ha saputo resistere per spavalderia, ha fatto il gioco dei suoi oppositori più accaniti, dentro e fuori il PD, trasformando di fatto il voto del 4 dicembre in una sorta di plebiscito nei confronti suoi e del governo. La personalizzazione, decisa sull'onda del 40% delle europee, si è rivelata controproducente dopo i ballottaggi delle comunali di giugno, per il combinato disposto di:
  • lo spostamento degli elettori di centrodestra sui pentastellati, in alcuni comuni chiave, come prova generale per l'aggregazione informale del fronte del NO anti-renziano, a prescindere dai contenuti della riforma costituzionale;
  • l'indebolimento del segretario/premier, che ha rinfocolato le speranze della minoranza interna di sbarazzarsi definitivamente dell'usurpatore, affiancandosi di fatto al fronte del NO anti-renziano per la defenestrazione.
L'abbinamento tra bocciatura della riforma e del governo è la madre di tutti i successivi combinati disposti, che inquinano distorcono la campagna referendaria, come la strumentale critica bersaniana al combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale. 

Seppur tardivamente Renzi ha riconosciuto l'errore e ha fatto retromarcia, ma la frittata era fatta e i suoi oppositori si erano ormai tacitamente saldati nell'ampio fronte anti-renziano grazie al collante del NO alla riforma costituzionale; ora però l'endorsement del PSE, abbastanza scontato, ma soprattutto quello ad personam e plateale di Obama, durante la visita negli USA, non ha fatto altro che rincarare la dose della personalizzazione referendaria e rinfocolare lo spirito anti-renziano a prescindere del NO, anche per l'insistente campagna mediatica nel segno dell'esposizione personale e l'uso indiretto della finanziaria per lisciare il pelo agli elettori referendari (altro discutibile combinato disposto). Se poi il 4 dicembre le cose dovessero mettersi male - come non mi auguro per il bene dell'Italia e del PD - i combinati disposti verranno al pettine e decreteranno il capolinea per il premier/segretario per il significato anti-renziano e anti-governativo, dentro e fuori il PD, del voto referendario. Molto dipenderà dai numeri per il Si e per il NO, ma di fronte ad una sonora bocciatura il destino del governo sarà segnato, che piaccia o meno ad Obama.

Peraltro, a ben vedere, il primo combinato disposto è quello tra segretario PD e Presidente del consiglio. In tempi di vaccine elettorali sovrappeso il cortocircuito tra i due ruoli era all'insegna del feed-back positivo, ovvero dell'ampliamento del consenso per entrambi i lati del combinato disposto. Ma quando i bovini elettorali dimagriscono il rischio è che la spirale di amplificazione della deviazione si ribalti, ovvero che il circolo virtuoso si converta in circolo vizioso, per cui l'altolà referendario si potrebbe riverberare su governo e partito. In questi frangenti rischiosi si rivaluta il monito, lanciato a suo tempo da Barca e rimasto inascoltato nell'euforia dell'onda elettorale europea, a separare le due funzioni, proprio per evitare pericolosi cortocircuiti negativi, che la distinzione tra le due cariche avrebbero prevenuto. 

mercoledì 19 ottobre 2016

Lo strano caso della Rifoma Costituzionale e i tempi di approvazione delle leggi

Allora, proviamo a ricapitolare la querelle sui tempi di approvazione delle leggi e il superamento del bicameralismo paritario, perché è davvero curiosa e sintomatica di un dibattito politico che si è incartato su se stesso.
1-I pasdaran del NO, dati alla mano, dicono che quando si vuole le leggi passano in men che non si dica, magari forzando la mano al parlamento con un voto di fiducia ritenuto illegittimo dagli oppositori ad oltranza; ergo la riforma costituzionale che promette di velocizzare l'iter legislativo è un bluff e non migliorerà la situazione attuale.
2-Per confutare questa critica basterebbe portare ad esempio alcune delle numerose leggi in coda per il decollo per via dell'estenuante andirivieni tra Camera e Senato; i casi più emblematici sono quelli della riforma della giustizia (2 anni e passa di attesa) e sulla cittadinanza ai figli di extracomunitari nati in Italia (1 anno e passa), senza contare altre leggi approvate nell'ultimo anno, come l'omicidio stradale, l'anti-caporalato o l'Italicum, talvolta solo grazie all'imposizione della fiducia, ovviamente oggetto di aspre critiche da parte dell'opposizione.
3-I pasdaran del SI però non ci farebbero una gran bella figura, perché in molti casi ad impedirne l'approvazione di una legge non è stata l'agguerrita opposizione ma l'auto-ostruzionismo della maggioranza, cioè quello “occulto” ed interno di alcuni gruppetti di sabotatori della riforma, come nel caso tipico della riforma della prescrizione, dove il governo si guarda bene dal porre la fiducia contro gli auto-ostruzionisti per il rischio di una clamorosa bocciatura.
4-Se dovesse prevalere il SI al Referendum i primi ad essere danneggiati sarebbero proprio gli ostruzionisti di maggioranza che, in pratica, decreterebbero il loro declino di strenui oppositori interni alle leggi loro sgradite. Perderebbero insomma una formidabile arma di condizionamento e, del caso, di boicottaggio del cambiamento.
5-Se invece passasse il NO avrebbero sempre buon gioco in futuro gli ostruzionisti di minoranza, salvo gridare allo scandalo qualora il governo dovesse imporre fiducia, canguri o ghigliottine per superare l'uno o l'altro ostruzionismo.
Morale: quando NON si vuole che passi una legge il bicameralismo paritario è davvero perfetto e si rivela un grande alleato di tutti gli insabbiatori del cambiamento, interni ed esterni alla maggioranza di governo, come le lobby alla costante ricerca di pretesti e strumenti per mettere bastoni tra le ruote ad una legge sgradita o sfavorevole ai propri interessi o privilegi occulti.

sabato 15 ottobre 2016

Italicum, tutti assieme apassionatamente contro il ballottaggio

Continua incessante il lavoro del generatore romano di revisioni della legge elettorale vigente, 
il portentoso calcolatore elettronico che sforna a profusione progetti di riforma della riforma. 
Dietro risibili motivazioni di facciata (tipo il rischio che governi una forza politica che ha avuto 
al primo turno il 25% dei voti, come è accaduto al PD grazie al risultato elettorale del primo 
turno alle elezioni del 2013) si cela il primo obiettivo, occulto e quindi inconfessabile, di tutte 
le proposte di modifica dell'Italicum: sbarrare la strada con ogni mezzo e costi quel che costi 
al M5S, confezionando una legge ad hoc che rappresenti a priori un handicap per i pentastellati 
e un vantaggio per i suoi promotori. 

Le proposte fino ad ora avanzate, in forma di propositi generici o di veri progetti di legge 
depositati in parlamento, sono 4 e si caratterizzano per il fatto di raggiungere l'obiettivo 
di cui sopra in modo più o meno esplicito o indiretto. Lo strumento che consente più 
agevolmente di raggiungere l'obiettivo è l'eliminazione del ballottaggio, a cui si dedicano 
la prima categoria di revisioni dell'Italicum, mentre le altre due adottano soluzioni intermedie
 e in forma di restyling della legge vigente. Vediamole schematicamente

1.Al primo gruppo appartengono le proposte di legge che tagliano la testa al toro ed eliminano 
senza troppi complimenti l'ipotesi stessa di un confronto diretto tra PD e M5S al ballottaggio. 
Non ci vuole un grande sforzo per immaginare che eliminando il ballottaggio si risolve alla radice
il problema, anche a costo di produrre un risultato elettorale all'insegna dell'ingovernabilità e
dell'incertezza politica. Il caso della Spagna è emblematico e costituisce un formidabile precedente, 
tanto da essere preso ad esempio dalle riforme della riforma prodotte nelle ultime settimane 
dal portentoso generatore. La vicenda Spagnola è un modello di sistema tripolare paralizzato 
in cui però la principale forza anti sistema, ovvero Podemos, è stata messo in condizioni di non 
nuocere grazie al suo isolamento proporzionale. Sia il Mattarelum 2.0 dei bersaniani - con il 
revival dei collegi uninominali più il premio di (in)governabilità - che l'Italikos proposto dai giovani 
turchi - eliminazione del ballottaggio dall'Italicum più un analogo premietto di minoranza al 
primo classificato di 90 seggi – raggiungono il medesimo obiettivo di evitare il confronto diretto
 con i pentastellati al secondo turno.  

2-L'ultimo parto del generatore romano ha come padre putativo il sen. Chiti, che ha escogitato 
un espediente originale per impedire il ballottaggio M5S contro PD: l'idea è di introdurre un inedito 
secondo turno a tre che danneggerebbe in partenza ed elettivamente i pentastellati in quanto 
indisponibili a qualsiasi alleanze; al contrario sarebbero avvantaggiati gli altri due poli disponibili 
a trovare alleati tra primo turno e ballottaggio. L'esito del ballottaggio sarebbe la fotocopia del 
primo turno, ma con possibili piccole variazioni percentuali in più, che potrebbero decretare la 
vittoria del PD (alleanza con SI e in alternativa con i centristi) oppure del centrodestra unito ed 
alleato con i centristi, in veste di novello figliol prodigo di ritorno alla casa madre.

3- Alla terza categoria appartengono le proposte soft di restyling dell'Italicum, cioè il premio di 
maggioranza alla coalizione invece che alla lista, oppure la possibilità di apparentamento tra primo 
e secondo turno, come accade nell'elezione diretta del sindaco nei comuni con popolazione superiore
 a 15000 abitanti. La prima ipotesi è certamente preferibile per la chiarezza della proposta politica-
programmatica, mentre la seconda si presterebbe al gioco del ricatto o del mercateggiamento dei 
posti di potere da parte delle piccole forze politiche, à la Ghino di Tacco o secondo la teoria dei 
due forni. Con l'apparentamento al II° turno le forze minori avrebbero l'occasione per lucrare sulla 
gestione dell'incertezza del loro appoggio e del loro potere di decretare la vittoria dell'una o dell'altra parte.  

Insomma il M5S è l'ossessione elettorale di alcune correnti del PD, alla ricerca spasmodica della 
formula magica, dopo il ribaltone al ballottaggio a Torino confermato dai successivi sondaggi elettorali, 
per una legge ad hoc che penalizzi il più possibile i grillini; non importa se questo obiettivo si potrebbe
rivelare un'operazione ad alto rischio. I pentastellati avranno buon gioco ad accusare il sistema dei 
partiti di opportunismo e slealtà per la manipolazione delle regole del gioco mentre si sta giocando. 
Questo risvolto propagandistico autolesionista interessa poco agli strateghi elettorali che fanno 
grande affidamento sull'efficacia del generatore di leggi elettorali. Ma gli italiani non sono dei polli e 
sanno riconoscere chi è propenso a barare invece che giocare lealmente. 

sabato 8 ottobre 2016

Retoriche dell'intransigenza e riforma costituzionale. Piccola guida per un dibattito consapevole.

Il dibattito attorno al referendum costituzionale di dicembre si è subito infiammato per la gioia dei talebani dei due schieramenti. Per riportare il confronto ad un livello un po' meno urlato e più riflessivo può essere utile il recupero della griglia analitica proposta una trentina di anni fa dall'economista naturalizzato americano Albert O. Hirschmann; in un libretto dedicato alle "retoriche dell'intransigenza" ha descritto tre argomenti ricorrenti nel dibattito pubblico sulle riforme, soprattutto da parte degli oppositori ma indirettamente anche dagli entusiasti: perversità, futilità, messa a repentaglio. Eccoli schematicamente:

Perversità. Per i critici le riforme lungi dal conseguire gli effetti positivi prospettati finiranno per peggiorare la situazione esistente, per via degli inevitabili effetti perversi e controproducenti che si annidano in ogni proposito riformatore, tanto da renderlo sicuramente dannoso.

Futilità. Nessuna riforma è davvero in grado di indurre veri cambiamenti. Le riforme risultano spesso inefficaci, dispendiose e perciò alla fine le cose sono destinate a rimanre più o meno invariate; in compenso faranno perdere tempo prezioso e disperderanno energie che si potevano utilizzare per altri scopi.

Messa a repentaglio. Per i detrattori l’attuazione di ogni riforma, oltre a produrre effetti perversi, è gravida di risvolti negativi, rischia di far fare passi indietro rispetto allo stato attuale; nel tentativo di attuarle è probabile che molto di buono verrà perso e la situazione potrebbe peggiorare assai, tanto da mettere a repentaglio principi, ideali e beni di grande valore.

Sulle "retoriche dell'intransigenza" fanno leva, come rileva per par condicio Hirschmann, entrambi gli schieramenti, pro e contro le riforme, che spesso fanno ricorso strumentale e speculare anche alla drammatizzazione e alla paura del dopo, ovvero che la riforma Costituzionale comporti rischi di derive autoritarie e anti-democratiche, da un lato, e che la vittoria del NO apra la strada, dall'altro, ad un periodo di incertezza e di instabilità per il sistema oltre ad un rinvio sine die delle riforme necessarie al paese.

A corollario delle tre categorie critici ed oppositori più strenui, specie se animati da partito preso ed avversione a priori, utilizzano altre argomentazioni di carattere psicologico, indirettamente collegate ai precedenti e tra loro correlate.

Perchè no....si ma, ovvero il benaltrismo. Sebbene qualcuno concordi con la necessità di introdurre alcune modifiche alla situazione attuale, come quelle previste dalla riforma Costituzionale, la critica radicale si appunta sul carattere parziale e insufficiente del progetto riformatore, che dovrebbe affrontare altri problemi più impellenti. Insomma bisognava affrontare ben altre questioni e nodi problematici con ben altra incisività.

Le ipersoluzioni. Il tenore delle modifiche apportate, all'insegna dei piccoli passi e delle riforme "a spizzico" à la Popper, è largamente insoddisfacente, limitato e inadatto alla gravità dei problemi, tant'è che rende pressochè inutile la riforma stessa. Si dovrebbe porre mano a cambiamenti più ampi, radicali, coraggiosi e profondi per incidere realmente sullo stato di cose presente.

Il tutto o nulla. Sebbene la riforma sia composta di svariati punti, indipendenti e non necessariamente connessi, il giudizio è irrevocabilmente negativo (o positivo) e drastico su tutto il fronte, anche se alcuni cambiamenti appaiono abbastanza neutri e tutto sommato ragionevoli e condivisibili, da parte di un oppositore che magari in passato li aveva già prospettati.

Quest'ultimo punto è dirimente per discriminare l'oppositore (o il sostenitore) a priori e per partito preso da quello, diciamo così, riluttante e "razionale".  La riforma, come per ogni intervento legislativo complesso, essendo il risultato di compromessi e laboriose trattative, risente di alcuni limiti ed è connotata da aspetti positivi e negativi, vantaggi e svantaggi, potenziali benefici e rischi. Sia gli uni che gli altri sono solo parzialmente prevedibili, poichè sarà l'applicazione pratica che farà emergere conseguenze non previste ed effetti collaterali, spesso non messi nel conto, negativi ma anche positivi.

Il giudizio di approvazione/disapprovazione scaturisce dal bilancio e dall'equilibrio tra vantaggi e svantaggi e dal loro peso relativo, che fa pendere la bilancia verso il Si o il NO. Sia il detrattore pasdaran che il supporter taleban non ammetteranno mai che esistono nella riforma zone grigie, ovvero che alcune parti sono condivisibili o al contrario criticabili. Per loro vale il prendere o lasciare, il bianco o nero, il giudizio entusiastico oppure la demolizione senza appello. Nella vita come in politica spesso il meglio è nemico del bene.

Il caso della riforma del titolo V° è emblematico delle insidie dei toni di grigio, detestati da chi vede solo una realtà in bianco-o-nero. La riforma federalista approvata con i voti risicati del centrosinistra era stata criticata a suo tempo anche da esponenti dello stesso schieramento, come più volte ricordato da D'Alema, per i rischi di conflitto di attribuzione delle materie concorrenti tra stato e regione. I rischi paventati si sono effettivamente verificati, in misura così rilevante da consigliare una decisa retromarcia in senso statalista, come quella inserita nella "riforma della riforma" del titolo V. Eppure chi allora criticava la frettolosa svolta federalista oggi si guarda bene dall'approvare la simmetrica riconversione centralista, che è curiosamente in sintonia con le critiche espresse a suo tempo.

Infine alcune annotazioni sul clima relazionale del dibattito. Il confronto, spesso più personale che ideologico, tra fan delle contrapposte tifoserie, si è trasformato in escalation relazionale ed in un conflitto di punteggiatura della sequenza comunicativa/interattiva, quasi da manuale della pragmatica comunicativa; prendendo spunto da accuse e toni sopra le righe ognuno imputa all'altro scorrettezza ed aggressività, che di conseguenza motivano e giustificano la propria reazione, parimenti insultante ed aggressiva, nella cornice della "serie oscillante infinita" e nel segno dell'escalation simmetrica, abbastanza prevedibile.

Il basso livello del confronto è condito dall'impossibilità di meta-comunicare e di porsi per un momento al di sopra del conflitto, che si trasforma in un vero e proprio sistema a due che abbraccia e avviluppa i contendenti nel reciproco bisogno di trovare un'essenza "brutta, sporca e cattiva" nell'altra tifoseria, legittimando quindi la forza delle reazioni di pancia che si alimenta di accuse e contro-accuse. Il gioco relazionale della reciproca squalifica segnala un deficit di spirito laico e tollerante, nel segno dalla personalizzazione esasperata, dell'antipatia epidermica e dal partito preso a prescindere.

domenica 2 ottobre 2016

Sul confronto TV tra Renzi e Zagrebelsky, a proposito di vinti e vincitori alle elezioni

Nel dibattito tra Renzi e Zagrebelsky ha tenuto banco la disputa lessicale sul fatto di "vincere" le elezioni, termine giudicato scorretto dal costituzionalista perchè non tiene conto che con il voto il popolo semplicemente affida ad un partito un mandato a governare e non decreta la sua "vittoria" sui concorrenti.  La disquisizione semantica appare abbastanza astratta e sofistica poichè da sempre in politica c'è chi vince e chi perde, tranne nel sistema proporzionale dove i contendenti, potendo contare su diversi parametri di raffronto, sono in grado di dimostrare di aver fatto comunque "bella figura" o perlomeno di non aver perso. In tutte le elezioni di tutto il mondo - specie nei sistemi uninominali, presidenziali e massimamente in quelli a doppio turno - il voto degli elettori indica il vincitore, di riflesso, chi ha perso.

Ma ci sono anche motivazioni più filosofiche che sportive per adottare questa prospettiva. Il filosofo Karl Popper dopo la serrata critica all’impostazione platonica - accusata ne “La società aperta e i suoi nemici” di proto-totalitarismo per aver indicato nei "filosofi" i legittimi titolari del governo - riformula la questione politica chiedendosi non tanto chi debba governare ma in che modo è possibile sostituire governanti inetti, corrotti, dispotici, inefficaci o solo poco adatti, evitando spargimenti di sangue, come invece è accaduto spesso nella storia e accade tutt’ora in molti paesi, teatro di scontri violenti per il ricambio politico “rivoluzionario”? La soluzione sta nel ricorso alle elezioni, che in un sistema democratico sono lo strumento più adatto per assicurare la cacciata di governi inetti o corrotti ed assicurare il rinnovamento della classe politica in modo incruento.

La questione è di costante attualità in Italia, non tanto per il rischio di guerra civile, come nel recente tragico passato novecentesco, ma per uno scenario politico fatto di cronica instabilità, incertezza, ingovernabilità, divisività e contrapposizioni paralizzanti senza sbocchi riformatori, come quelle che hanno contraddistinto l’ultimo ventennio. Non tutti i sistemi elettorali però sono in sintonia con la concezione popperiana della democrazia come strumento per disfarsi di governi inetti nel segno dell'alternanza al potere.

Per 30 anni il nostro sistema politico, a causa del sistema proporzionale, ha vissuto nella perdurante impossibilità di una fisiologica alternanza di schieramenti bipolari, coesi e duraturi per il tempo necessario ad ottenere l’approvazione o la disconferma elettorale da parte dei cittadini. Le regole del gioco democratico ipotizzate da Popper, proprio grazie al sistema elettorale, dovrebbero al contrario assicurare controllo democratico, bilanciamento e separazione di poteri, ma soprattutto concreta possibilità di alternanza al potere e fisiologico ricambio delle classi dirigenti.

Non vi è nulla di scandaloso e di sconveniente, la campagna elettorale è una partita in cui alla fine uno vince, che abbia la maggioranza relativa e a maggior ragione se supera quella assoluta, con il ballottaggio o nei collegi uninominali (Cameron ha avuto maggioranza dei seggi con il solo 35% dei voti e nessuno ha gridato allo scandalo: il collegio uninominale è il più distorsivo della reale rappresentanza, altro che l'Italicum). E' la regola del gioco democratico à la Popper e senza bisogno di scomodare la dittatura della maggioranza. Alla fine del mandato ci sarà la riconferma o la defenestrazione pacifica, se il governo ha dato una cattiva prova, come accade in Francia da 40 anni, grazie ai ballottaggi nelle elezioni presidenziali e legislative.

Tra le vaie formule il sistema a doppio turno esalta la valenza alternativa del voto, dirimente tra i due contendenti, in sintonia con il modello proposto da Popper; infatti gli elettori al secondo turno hanno in mano un carta in più, una sorta di doppio atout elettorale perchè nel momento in cui premiano un partito automaticamente penalizzano l'altro. La possibilità del ricambio politico è la regola del gioco, il sale della democrazia e l'arma a disposizione degli elettori per decretare un chiaro vincitore, a parte naturalmente i sistemi proporzionali in cui decidono i vertici dei partiti, con governi di coalizione a base di mercanteggiamenti di posti e trattative all'insegna del do ut des, com'è successo per 30 anni nella partitocrazia italiana fino al 1992.

Ma basta guardare quello che è successo in Spagna nell'ultimo anno, per avere un'idea degli esiti di un'elezione che, grazie al sistema proporzionale, non è in grado di decretare IL vincitore! Se il ballottaggio funziona in un sistema bipolare, a maggior ragione in un assetto tri- o addirittura quadripolare (come quello spagnolo o britannico) è in grado di portare a termine quel processo di selezione che fa emergere da una pluralità di concorrenti un chiaro vincitore, designato dalla doppia opzione di voto dagli elettori e non frutto delle alchimie tra vertici dei partiti politici, spesso ridotti a meri comitati elettorali e di interessi particolari.

venerdì 23 settembre 2016

Ecco a voi il PREMIO DI MINORANZA PER L'INGOVERNABILITA'!

Dopo lunghi mesi di gestazione ecco la tanto attesa proposta di superamento dell'Italicum, partorita della minoranza PD di Speranza e Bersani, ovvero il neo-Mattarellum: 475 seggi attribuiti in altrettanti collegi uninominali maggioritari, a turno unico, e con premio di maggioranza di 90 seggi per chi ha avuto più voti a livello nazionale. Peccato che il premio in un sistema tripolare, se non si conquistano almeno 230-240 seggi, è del tutto inutile ma soprattutto non essendo subordinato ad una soglia minima di voti o di seggi - come detta la sentenza di bocciatura del Porcellum del 2014 - la proposta parte subito con il piede sbagliato, perchè palesemente incostituzionale, per una sorta di coazione a ripetere gli errori della grande porcata.
Per giunta il premio potrebbe essere aggiudicato in teoria anche ad un partito che prende solo il 20-25% dei voti, che è la principale critica all'Italicum dei bersaniani (ma con l'attuale legge al secondo turno il vincente conquista il premio grazie al superamento del 50% dei consensi!). Per il secondo arrivato con il neo-Mattarellum c'è il premio di consolazione di 30 seggi, che certifica l'impossibilità matematica di arrivare alla maggioranza. 
Infatti se i 475 seggi dell'uninominale fossero distribuiti più o meno equamente tra i tre poli, ovvero 150-170 a testa, nessuno sarebbe in grado di raggiungere la quota minima dei 200 seggi, del tutto insufficiente per conquistare la maggioranza assoluta dei seggi. In più per gli strani effetti del maggioritario potrebbe anche accadere che prenda più voti, e quindi si aggiudichi il premio di (pseudo) maggioranza, un partito o una coalizione che ha conquistato qualche seggio in meno del primo classificato.
Ecco quindi che la proposta Speranza-Bersani inaugura una nuova era politico-elettorale, quella del PREMIO DI MINORANZA PER L'INGOVERNABILITA'! La palla quindi tornerà ai partiti che dovranno negoziare più o meno grandi alleanze con spartizione di posti di potere, scambi di favori per il revival delle logiche consociative della prima Repubblica.
Con la proposta della sinistra PD la babele di proposte e di posizioni sulla revisione della legge elettorale è al completo:
i centristi si accontentano del premio alla coalizione al posto del premio alla lista
SI predilige il modello greco o giù di lì
lega e FI tacciono, se ne disinteressano o non sanno cosa vogliono
i pentastellati infine bramano il ritorno al pentapartito, ovvero al proporzionale prima Repubblica in un revival da brivido, spalleggiati dai verdiniani in un'inedita alleanza.

In questo caos mettere d'accordo tutti su alcune modifiche all'Italicum appare impresa titanica se non impossibile, specie prima che arrivi il pronunciamento della Consulta, che oltre a decidere sulla costituzionalità della legge metterà anche alcuni paletti per eventuali cambiamenti futuri, come è stato con la sentenza di bocciatura del Porcellum del gennaio 2014. Che senso ha elaborare un neo-Italicum quando ancora non si conoscono le motivazioni e pende la sentenza della Consulta? Nessuno, evidentemente.

Insomma siamo al gioco delle parti e dei veti incrociati per demolire una buona legge, appena entrata in vigore, mai applicata e mai verificata sul campo, per sostituirla con un nebuloso ritorno al passato, che sia il neo-Mattarellum o il proporzionale stile prima Repubblica partitocratica, consociativa e spartitoria, che ci ha lasciato in eredità "solo" il 120% e passa di debito sul PIL.

In questo contesto, a di poco confuso e velleitario, è passata la mozione ultra-generica della maggioranza sulle ipotetiche modifiche dell'Italicum: La Camera premesso che, l’11 luglio 2016 è entrata in vigore la legge 6 maggio 2015, n. 52, comunemente conosciuta come Italicum, in materia di elezione della Camera dei Deputati; è attualmente in corso un ampio dibattito politico su possibili e articolate ipotesi di riforma della citata legge; Si impegna ad avviare, nelle sedi competenti, una discussione sulla legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte.

Cosa si aspettavano i paladini della rottamazione dell'Italicum? Tutti sapevano perfettamente che non è mai esistito un minimo comune denominatore, sulle eventuali modifiche, nella maggioranza di governo, all'interno del PD, e men che meno nell'opposizione, divisa tra ritorno al maggioritario della prima repubblica, caro ai grillini, e l'assenza di idee del centrodestra. Insomma, il classico inconcludente tutti contro tutti che in passato ha falcidiato regolarmente i tentativi di riforma.

mercoledì 21 settembre 2016

Dopo il rituale delle mozioni parlamentari continua il tormentone delle proposte di modifica dell'italicum

Con la proposta di neo-Mattarellum della sinistra PD la babele di posizioni sulla revisione della legge elettorale è al completo:
i centristi si accontentano del premio alla coalizione al posto del premio alla lista
SI predilige il modello greco o giù di lì
lega e FI tacciono, se ne disinteressano o non sanno cosa vogliono
i pentastellati infine bramano il ritorno al pentapartito, ovvero al proporzionale prima Repubblica in un revival da brivido, spalleggiati dai verdiniani in un'inedita alleanza.

In questo caos mettere d'accordo tutti su alcune modifiche all'Italicum appare impresa titanica se non impossibile, specie prima che arrivi il pronunciamento della Consulta, che oltre a decidere sulla costituzionalità della legge metterà anche alcuni paletti per eventuali cambiamenti futuri, come è stato con la sentenza di bocciatura del Porcellum del gennaio 2014. Che senso ha elaborare un neo-Italicum quando ancora non si conoscono le motivazioni e pende la sentenza della Consulta? Nessuno, evidentemente.

Insomma siamo al gioco delle parti e dei veti incrociati per demolire una buona legge, appena entrata in vigore, mai applicata e mai verificata sul campo, per sostituirla con un nebuloso ritorno al passato, che sia il neo-Mattarellum o il proporzionale stile prima Repubblica partitocratica, consociativa e spartitoria, che ci ha lasciato in eredità "solo" il 120% e passa di debito sul PIL.

In questo contesto, a di poco confuso e velleitario, è passata la mozione ultra-generica della maggioranza sulle ipotetiche modifiche dell'Italicum: La Camera premesso che, l’11 luglio 2016 è entrata in vigore la legge 6 maggio 2015, n. 52, comunemente conosciuta come Italicum, in materia di elezione della Camera dei Deputati; è attualmente in corso un ampio dibattito politico su possibili e articolate ipotesi di riforma della citata legge; Si impegna ad avviare, nelle sedi competenti, una discussione sulla legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte.

Cosa si aspettavano i paladini della rottamazione dell'Italicum? Tutti sapevano perfettamente che non è mai esistito un minimo comune denominatore, sulle eventuali modifiche, nella maggioranza di governo, all'interno del PD, e men che meno nell'opposizione, divisa tra ritorno al maggioritario della prima repubblica, caro ai grillini, e l'assenza di idee del centrodestra. Insomma, il classico inconcludente tutti contro tutti che in passato ha falcidiato regolarmente i tentativi di riforma.

domenica 18 settembre 2016

Contrordine compagni: basta preferenze e ballottaggio!

Dunque l'obiettivo prioritario della sinistra PD è l'abolizione del ballottaggio per sostituirlo con l'uninominale maggioritario a turno unico. Lo afferma apertamente Cuperlo che in un'intervista a La Repubblica avanza la sua proposta di modifica dell'Italicum, da sostituire a spron battuto con una sorta di neo-mattarellum così articolato:
  • 475 collegi uninominali, come nel “vecchio” Mattarellum
  • premio di maggioranza, attorno al 15%, a chi conquista più seggi
  • soglia minima imprecisata, per l'attribuzione del premio stesso, ma verosimilmente attorno al 40%
  • riserva di seggi proporzionali per il diritto di tribuna delle minoranze
Dunque contrordine compagni: si da il caso che durante l'iter parlamentare dell'Italicum, invece, gli esponenti della sinistra avevano reclamato proprio la re-introduzione delle preferenze, come argine alla prevalenza dei nominati e per riavvicinare alla politica la gente tramite la facoltà di attribuire la preferenza. L'esatto opposto del collegio uninominale, ora proposto come soluzione di tutti i mali! Nell'uninominale infatti gli elettori devono prendere o lasciare l'unico candidato che trovano sulla lista nel proprio collegio che, molto probabilmente, sarà stato scelto con il bilancino del manuale Cencelli, dopo le rituali trattative tra le correnti interne, specie se il collegio sarà ritenuto sicuro.

Qual'è la differenza tra il capolista bloccato/nominato del piccolo collegio dell'Italicum e il candidato del collegio uninominale? Praticamente nessuna, tranne il fatto che l'eventuale secondo eletto lo sarà grazie alla preferenza espressa dagli elettori, come appunto volevano fortissimamente gli esponenti della sinistra PD durante la discussione parlamentare dell'Italicum, tanto da subordinare l'OK finale alla re-introduzione della preferenza, che ora viene bellamente ributtata a mare.

Ma l'obiettivo prioritario resta l'abolizione del ballottaggio. Non importa se l'elezione a doppio turno è un punto qualificante di tutti programmi della sinistra, a partire dal PDS passando per i DS per arrivare fino al PD. Non importa se la legge per l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia è un fiore all'occhiello della sinistra, proprio perché funziona, favorisce il ricambio amministrativo, attribuisce una chiaro mandato al vincitore ed evita l'estenuante compra-vendita di seggi tra i partiti per formare la giunta, tipica del passato amministrativo. Durante il confronto tra Giachetti e D'Alema alla festa dell'Unità di Roma siamo arrivati al paradosso di un ex-segretario DS che si fa pubblicamente vanto proprio della legge sull'elezione dei sindaci e contemporaneamente si augura la rottamazione dell'Italicum, ovvero due leggi che, sebbene su piani diversi, hanno in comune proprio lo strumento del ballottaggio per individuare un chiaro vincitore.

Ma quali  sarebbero gli esiti pratici del neo-mattarellum? Gli ipotetici scenari sono due:

 1) un partito conquista una solida maggioranza relativa di seggi, più o meno il 40% dell'Italicum: con il premio di maggioranza sarebbe garantita la governabilità per tutta la legislatura;
 2) lo stesso partito raggiunge una maggioranza risicata di seggi, rispetto agli altri concorrenti, insufficienti però per superare la soglia minima e quindi aggiudicarsi il premio di maggioranza: in questo caso sarebbe inevitabile un governo di coalizione (più o meno grande) per raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi a sostegno del governo.

La prima ipotesi è l'esito atteso e coerente in un sistema di offerta elettorale bipolare, com'era quello italiano prima del 2010, ed analogo a quello previsto dall'Italicun al primo turno. Ma da quell'anno in poi il sistema è diventato tripolare e quindi con tutta probabilità, perlomeno fino a quando regge il M5S e non si ricompattano i due tradizionali poli, l'esito elettorale sarebbe incerto e frammentato in tre gruppi parlamentari, uno dei quali (relativamente) maggioritario grazie al premio, ma non sufficientemente numeroso da conquistare la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. In sostanza si realizzerebbe quello scenario di ingovernabilità che il ballottaggio dell'Italicum dovrebbe evitare, chiamando i cittadini ad esprimere una seconda scelta a favore di uno dei due contendenti del primo turno.

Basta spostarsi verso occidente di qualche migliaia di Km per avere un esempio emblematico di questa ingovernabilità: la Spagna dopo ben due elezioni politiche nazionali, a distanza di 6 mesi, non ha ancora un governo e si dibatte in estenuanti trattative per mettere d'accordo due dei quattro partiti di minoranza per eleggere un nuovo esecutivo.

Infine non si deve trascurare l'effetto collaterale politico della proposta di neo-mattarellum: l'abolizione del ballottaggio sembra fatta apposta per danneggiare elettoralmente i pentastellati ma potrebbe, con un classico effetto perverso e contro-intuitivo, dare loro una forte spinta propagandistica e di voti, all'insegna della denuncia del colpo di mano della casta che cambia le regole elettorali a proprio vantaggio per contrastare il ricambio politico. La strada della perdizione è lastricata di buone intenzioni, ma soprattutto di pessimi propositi!

giovedì 15 settembre 2016

Sempre più improbabili le modifiche all'Italicum della sinistra PD

Spiace assai dirlo, ma ormai l'on. Bersani è un disco rotto e ripetitivo perchè privo di altri argomenti validi, e con lui tutta la sinistra PD fino a Luciano Violante. Da mesi l'ex segretario insiste con la solfa del partito che con il 25% al primo turno può vincere le elezioni, grazie al premio di maggioranza dell’Italicum conquistato al ballottaggio, come se questa fosse una votazione ininfluente e di scarso valore rispetto al primo turno.

Forse si è scordato o non tiene conto del fatto che:

1-lui per primo, come segretario PD, ha beneficiato della maggioranza alla camera nelle lezioni del 2013 pur avendo conquistato solo il 25% dei voti nell’unico turno, proprio grazie alla distorsione del Porcellum dovuta all'abnorme premio di maggioranza (attribuito senza una soglia minima di voti o di seggi e quindi, per la Consulta, incostituzionale secondo)

2-con l'uninominale maggioritario a turno unico, come il Mattarellum da lui caldeggiato e riproposto reiteratamente, potrebbe accadere la stessa cosa in molti collegi, ma con l'aggravante di un risultato disomogeneo a livello nazionale, ovvero senza una chiara maggioranza di governo, anche con in presenza di un eventuale premio di maggioranza a turno unico e quindi senza soglia minima di seggi (peraltro ritenuto incostituzionale dalla Consulta)

3-che il ballottaggio previsto dall’italicum, in caso di mancato superamento della soglia del 40% al primo turno, non è un'elezione di minore importanza rispetto al primo turno, ma l'espressione della stessa legittima volontà popolare, come accade da decenni nelle elezioni comunali, senza che nessuno si sia mai scandalizzato. Sembra quasi che per Bersani il II° turno non abbia la medesima validità del primo, quasi che l'indicazione maggioritaria del corpo elettorale, a favore di uno dei due partiti del ballottaggio, fosse irrilevante rispetto al consenso del primo turno.

Ad ogni buon conto, come appare probabile, se la Consulta rinvierà l'esame dei ricorsi contro l'Italicum al dopo referendum, le reiterate richieste bersaniane di modifica della legge elettorale avranno ancor meno spazio e bassissime probabilità di arrivare in aula. Prima della pronuncia della Consulta dopo l'eventuale SI al referendum, specie se richiesta da almeno 1/5 della camera come prevede la riforma, ha poco senso elaborare proposte modifiche che potrebbero essere incoerenti o dissonanti rispetto al giudizio della Corte.

Se la disponibilità alle modifiche, espressa da Renzi a Catania, si abbinasse al rinvio dell'esame dell'Italicum a dopo il referendum Bersani dovrà aspettare un bel po' prima che la questione sia messa all'ordine del giorno della camera. Infine se il SI dovesse passare, a dispetto del minacciato NO della sinistra PD, la richiesta di modificare l'Italicum svanirebbe per palese inconsistenza.

domenica 11 settembre 2016

La strada della perdizione è lastricata di "speranzose" intenzioni

Secondo il sociologo Max Weber esistono due modelli di etica: (i) quella delle (buone) intenzioni, dei grandi 
disegni sociali e degli ideali di perfezione umana e (ii) quella dei risultati e della responsabilità, ovvero della 
verifica empirica  di obiettivi concreti e parcellari - tipica delle riforme “a spizzico” care a Karl Popper - e 
degli interventi economico-sociali. Alla prima opzione aderiscono sia le teorie che prefigurano l'avvento 
di società perfette (il comunismo) sia quelle che promuovono la realizzazione di disegni sovrannaturali 
(le religioni) mentre all'etica degli obiettivi/risultati, con la conseguente responsabilità, dovrebbero 
aderire tutti coloro che più modestamente esercitano la professione del politico, specie se riformatori 
economici e sociali. Guai quindi a mescolare le due logiche, quelle dei disegni di perfezione e quella degli 
esiti pratici: la strada della perdizione è lastricata delle migliori intenzioni!

Ebbene nel tormentato dibattito attorno alle modifica dell'Italicum si affollano da mesi schiere di politici che 
aderiscono alla prima opzione etica, ma non certo per realizzare il comunismo o i disegni della provvidenza. 
Più modestamente le intenzioni dei ben intenzionati ruotano attorno al proprio tornaconto politico, travestito 
da motivazioni più o meno di principio o giuridiche, oppure per danneggiare il più possibile con una legge ad 
hoc gli antagonisti diretti. Per le loro intenzioni la legge elettorale ideale deve garantire il massimo di certezza 
di vittoria per la propria parte politica e il massimo di incertezza per gli avversari. 

Naturalmente non ammetteranno mai di remare contro l'Italicum solo per portare più acqua al proprio
 mulino a scapito degli avversari, tentando goffamente di ammantare di motivazioni “alte” le proposte di 
revisione, anche se qualcuno improvvidamente ha manifestato la proprio recondito proposito: evitare che 
al II° turno i pentastellati facciano il pieno di voti "contro" (il PD) come è successo alle elezioni comunali a 
Roma e Torino e come suggeriscono da mesi le intenzioni di voto all'eventuale ballottaggio a livello nazionale. 
Non importa se con questa intenzione si rimpinguerebbero di voti proprio i pentastellati, lastricando loro la 
strada verso la vittoria. Ma dopo gli ultimi sondaggi il vento sembra proprio cambiato, sotto la spinta delle 
turbolenze comunali della capitale, e quindi anche il terrore del sorpasso pentastellato sembra ormai svanito. 
Ma i ben intenzionati non demordono, anzi hanno trovato un autorevole sostenitore!

Dopo la pausa agostana torna quindi alla grande il tormentone caro all'Armata Brancaleone del modifichiamo
 l' italicum, a cui si aggrega pure l'ex presidente Napolitano che vuole le modifiche anche a prescindere dal 
parere della consulta, bontà sua, ma si guarda bene dall'avanzare un proposta. Che importa se poi dopo il 
pronunciamento della Corte Costituzionale si deve ricominciare da capo, ammesso e non concesso che vi 
sia una maggioranza a sostegno della revisione dell'Italicum al Senato, con una miriade di gruppi a cui 
importa solo la sopravvivenza e il proprio tornaconto elettorale. L'argomento del Napolitano anti-Italicum 
è lo stesso caro a Bersani: potrebbe vincere il ballottaggio un partito che ha preso al primo turno solo il 
25% di consensi o anche meno. 

Così Roberto Giachetti minaccia polemicamente lo stesso proposito di Bersani, ma per una motivazione 
opposta:  se cambia l'italicum dirò NO al referendum. Violante invece sull'Huffigton post, in sintonia con
Speranza, ripropone il Mattarellum con il premio di maggioranza a chi conquista più collegi, ma si scorda 
della sentenza sul Porcellum, che subordina il premio al raggiungimento di una ragionevole soglia minima 
di voti o di seggi, senza la quale si ricade nel difetto della grande porcata. L'epidemia di amnesia ormai 
dilaga tra la classe politica. 

Infine con due articoli in due domeniche il Prof. D'Alimonte smonta punto per punto tutte le presunte 
alternative all'Italicum, in particolare la proposta “speranzosa” di collegi uninominali a turno unico + 
premio di maggioranza, con alcune semplici e logiche argomentazioni 
(http://www.huffingtonpost.it/2016/09/11/dalimonte-difende-italicum_n_11961596.html#):

1-anche con il premio di maggioranza non è detto che in un sistema tripolare chi prende più collegi 
raggiunga la maggioranza;
2-un grosso premio di maggioranza sarebbe peraltro anticostituzionale, per via della sentenza della
corte sul porcellum sopra ricordata;
3-in teoria i collegi potrebbero essere aggiudicati a candidati che prendono meno del 30% dei voti
e, sempre in teoria, un partito potrebbe aggiudicarsi il premio di maggioranza avendo conquistato
il 25-30% dei collegi uninominali; gli stessi che auspicano questa soluzione contestano il fatto che 
con l'Italicum possa andare al ballottaggio e vincerlo un partito che ha avuto meno del 30% di 
consensi al primo turno. E la coerenza logica che fine fa? 
4-chi l'ha detto che il voto del ballottaggio vale e conta meno di quello del primo turno?

Conclusione: per una vera stabilità e governabilità serve il doppio voto degli elettori, ovvero il
ballottaggio, per non fare la fine della Spagna.

giovedì 18 agosto 2016

Superamento del bicameralismo e semplificazione legislativa

Archiviato per un mesetto il surreale dibattito sulla riforma della riforma elettorale (servono lustri per cambiare norme inefficaci, anticostituzionali ed obsolete e si vorrebbe rivedere una legge mai applicata, per giunta ancor prima del giudizio della consulta) entra nel vivo quello sul referendum confermativo della Riforma Costituzionale.

Uno dei temi più gettonati è il superamento del bicameralismo perfetto, garanzia di iter legislativi celeri ed efficaci: i sostenitori del No, a proposito dei tempi di approvazione, sottolineano come le leggi di iniziativa governativa, oltre l'80% del totale, nella presente legislatura sono state approvate in media dopo 50 giorni, a dimostrazione che il bicameralismo non comporta necessariamente un rallentamento dell’attività legislativa.

Su questo tema è in atto da tempo un classico gioco delle parti tra maggioranza ed opposizioni e, per le leggi più “sensibili”, anche all'interno della stessa maggioranza. Vediamo come si sviluppa questo classico gioco politico.

Nel caso in cui l’iter legislativo va per le lunghe, per via dell’andirivieni tra Camera e Senato e/o per le manovre dilatorie dell’opposizione a base di migliaia di emendamenti etc.., onde evitare ulteriori dilazioni il governo decide di porre la fiducia sulla legge; la fiducia ovviamente solleva le proteste dell'opposizione che grida allo scandalo e alla violazione della Costituzione per l'abuso della fiducia, prassi effettivamente discutibile se utilizzata in modo sistematico proprio per accelerare l’iter legislativo.

Il gioco diventa poi paradossale, al limite del doppio legame psichiatrico, quando gli stessi che riescono con mezzi vari a procrastinare l'approvazione della legge accusano poi la maggioranza di incapacità e di fallimento riformatore.

Tuttavia senza la fiducia o strumenti come i famosi "canguri" i tempi si allungherebbero a dismisura a causa di tattiche ostruzionistiche, cavilli regolamentari vari, modifiche pretestuose e rinvii strategici all'altro ramo del parlamento, come dimostra la storia del parlamento ed alcuni recenti casi in cui alla fine è stata posta la fiducia: la media per l’approvazione della leggi sarà inferiore ai due mesi ma, per fare solo alcuni esempi, c'e' voluto quasi un anno per la legge sul caporalato, più di cinque per l’omicidio stradale e oltre tre per quella sulle unioni civili, queste ultime approvate solo grazie a discutibili voti di fiducia, per non parlare della legge elettorale.

Quando i contrasti, circa leggi "sensibili" o lesive di interessi forti, non sono tra maggioranza ed opposizione ma all'interno della stessa maggioranza la musica non cambia, anzi i giochi sono ancor più articolati e ambigui. Il caso più eclatante è quello delle norme che modificano i tempi di prescrizione, varate dal Governo in agosto di due anni fa ed ancora al palo, nonostante l’urgenza della questione corruzione e senza che sia mai stato minacciato il voto di fiducia, utilizzato in innumerevoli occasioni.

Insomma a "soli" due anni di distanza dalla sua presentazione, e dopo vari passaggi tra Camera e Senato, la riforma della prescrizione non è ancora stata approvata e solo alla fine di luglio si è arrivati ad un compromesso in Commissione tra le forze politiche che sostengono il governo. Ma non è detto che anche in aula l’accordo regga e passi il testo definito in commissione. Cosa sarebbe successo se la sola camera avesse gestito l'iter legislativo?

sabato 6 agosto 2016

C'è sempre un'ultima speranza......

Non più tardi di 20 giorni fa aveva sentenziato che l'Italicum era una riforma ormai agonizzante, nata deforme e peggiorata via via con il tempo, tanto da produrre la diffusa convinzione che ormai sia avviata "in modo inesorabile alla pensione prima ancora di essere applicato una volta". Invace nell'editoriale odierno su Repubblica Stefano Folli fa una veloce retromarcia, dopo aver realizzato che una frettolosa modifica della legge elettorale prima del referendum, finalizzata a sbarrare la strada elettorale ai pentastellati, farebbe proprio il gioco dei grillini, fornendo loro un formidabile argomento propagandistico per vincere le elezioni, contro tutte le caste coalizzate ed arroccate dietro una legge elettorale a propria difesa corporativa.

Nel frattempo i rumors sul prossimo OK della cassazione al referendum di novembre rinfocolano le speranze della sinistra PD di una modifica e breve dell'Italicum. L'argomento è sempre lo stesso: l'esorbitante premio di maggioranza produrrebbe una distorsione della rappresentanza a favore del vincitore ma, sotto sotto, tutti temono che il secondo turno premi inopinatamente i pentasetellati, come prevedono i sondaggi e come è accaduto al ballotaggio di Roma e Torino. Un analogo argomento critico ha ispirato i ricorsi contro l'Italicum, di prossimo esame da parte della Consulta; ma nessuno pare considerare l'ipotesi che prima di varare una nuova legge o modificare l'Italicum forse converrebbe attendere il parere della corte sulla legge vigente, giusto per introdurre dei correttivi, in caso di bocciatura di qualche punto dell'Italicum, o per evitare di incorrere in un altro giudizio negativo, in caso di cambiamenti sostanziali alla legge non congruenti con le "direttive" delle Conssulta.

Nel frattempo si affastellano le proposte estemporanee di modifica dell'Italicum o di riscrittura della legge, talune incompatibili ed antitetiche rispetto alle altre e quindi auto-escludentesi. Siamo ormai arrivati ad una decina di ipotesi. Le più recenti fanno riferimento ai sistemi elettorali di altri due paesi mediterranei, Spagna e Grecia, che non brillano per efficacia; l'una è paralizzata polticamente da un sistema proporzionale che in un assetto tripolare porta ad esiti elettorali inconcludenti, nonostante due elezioni in sei mesi, mentre l'altra ha da poco archiviato il proprio sistema proporzionale con premio di maggioranza per il primo partito, che il giovane turco Orfini, presidente del PD, vorrebbe invece adottare in alternativa all'Italicum  (ammesso e non concesso che possa mai mai superare il vaglio della sentenza di bocciatura del Porcellum).

Incurante di questi dettagli l'on. Speranza, ex capogruppo PD alla camera, ha trovato la quadratura del cerchio, la formula perfetta e infallibile per cambiare l'italicum a spron battuto e, nel contempo, spodestare l'usurpatore segretario PD, nonchè presidente del Consiglio ( http://www.huffingtonpost.it/2016/08/06/italicum-pd-speranza_n_11362550.html?utm_hp_ref=italy ). Se il presidente del Consiglio accetta di cambiare l'Italicum, come vorrebbero gli speranzosi della sinistra PD, lancia un formidabile assist ai pentastellati per vincere le prossime elezioni, come riconosce il Folli su Repubblica. Se invece risponde picche all'ingiunzione di modificare l'Italicum, amplifica l'opposizione interna per il NO e, in caso di bocciatura referendaria della riforma, la carriera del Premier è destinata al capolinea. Insomma, la classica ingiunzione paradossale, per una decisione impossibile: qualsiasi scelta faccia è garantito un'esito controproducente, perlomeno per i suoi strenui oppositori interni.

venerdì 29 luglio 2016

Folli idee sulla revisione della legge elettorale.....

La revisione dell'Italicum ha come autorevole supporter il commentatore politico che più di ogni altro si è impegnato su questo arduo fronte. Si tratta di quel Stefano Folli, passato nel 2016 dal Sole 24 Ore a La Repubblica, che in innumerevoli articoli si è speso per dimostrare l'ineluttabilità delle modifiche alla legge elettorale; fino alla nota del il 19 luglio in cui, pur prendendo atto della momentanea impraticabilità di una revisione prima del referendum, formula due previsioni che suonano come un requiem per l'Italicum, in quanto:

è stato "costruito un modello elettorale inadatto all'Italia di oggi, senza calcolare con sufficiente attenzione il nesso con la nuova Costituzione monocamerale" dal momento che
"esiste la diffusa convinzione che l'Italicum è avviato in modo inesorabile alla pensione prima ancora di essere applicato una volta".

Per il Folli pare sia normale e "fisiologico" che si cambino le leggi prima di averle applicate e senza averne verificato gli esiti pratici o la legittimità costituzionale. Quasi che questa sia la regola aurea della democrazia parlamentare e come se, ad esempio, la finanziaria venga rivista e modificata l'indomani della sua entrata in vigore e non al termine della sua validità, con il varo della legge di bilancio dell'anno successivo, grazie alla verifica dell'andamento dell'economia durante l'anno. Perchè attendere mesi e mesi se la legge di bilancio si può modificare subito, poniamo entro il mese di gennaio? Come se le ultime riforme approvate, dalla regolamentazione delle coppie di fatto all'omicidio stradale, dalla buona scuola al dopo di noi, fossero state subito rimesse in discussione da nuove iniziative parlamentari di modifica o radicale revisione.

Certo, per chi aderisce all'etica delle intenzioni/interessi questa è una strada obbligata, specie se si vuole manipolare il testo fino a quando risponda perfettamente alla propria visione, alle proprie utilità, indipendentemente dai suoi effetti empirici, ovviamente verificabili solo dopo la sua concreta applicazione. Insomma una lucida follia collettiva domina il dibattito sulla revisione della legge elettorale, eventualmente anche giocando d'anticipo e a prescindere dal parere della Consulta sull'Italicum e quindi con il rischio di apportare modifiche, a loro volta, di dubbia costituzionalità, come vorrebbero i pasdaran della revisione subito ed ad ogni costo per il proprio tornaconto di parte.

All'etica delle intenzioni si contrappone l'etica dei risultati, che parte da un banale presupposto pragmatico, antitetico rispetto all'ingegneria legislativa: per giudicare la validità o l'efficacia attesa della legge non si deve puntare ad una presunta ed astratta "perfezione" a priori delle norme, ma più prosaicamente si devono solo monitorare i suoi effetti pratici sul campo, in modo da mettere in luce a posteriori benefici, limiti, effetti collaterali o contro-intuitivi delle norme. L'esempio dei voucher per il lavoro occasionale è paradigmatico: le modifiche recentemente introdotte nella normativa sono state motivate dall'uso distorto del voucher stesso, verificato sia dai dati statistici di un imprevisto ricorso a tale strumento sia soprattutto ad un uso illegittimo rispetto alle regole vigenti.

L'adesione all'etica delle intenzioni, da parte dei riformatori "a prescindere", si ricollega all'altro argomento utilizzato dal Folli, secondo il quale l'Italicum sarebbe inadatto all'Italia odierna rispetto a quella di 18 mesi fa, come se il quadro politico fosse radicalmente cambiato. In realtà è cambiata la prospettiva di una vittoria facile del PD al primo turno, dopo l'exploit delle elezioni europee su cui era ritagliata la soglia del 40% dell'Italicum, che presupponeva un assetto bipolare e un prevedibile ridimensionamento a breve dei pentastellati. Invece il tradizionale bipolarismo è stato sostituito da un tripolarismo che promette di durare per qualche altro lustro; ma soprattutto è stato il travaso di voti del centrodestra verso i pentastellati al ballottaggio, nelle recenti elezioni amministrative, a convincere i detrattori dell'Italicum che la legge andava rivista con l'eliminazione del ballottaggio, per interesse di parte e auto-difesa opportunistica, prima ancora della sua applicazione pratica.

Invece è proprio la transizione dal bipolarismo al tripolarismo a far risaltare i vantaggi dell'Italicum rispetto alle altre formule elettorali. Infatti solo con il processo di selezione, garantito dal doppio turno, è possibile arrivare ad un esito elettorale certo, nel senso di un chiaro vincitore ed una solida maggioranza a suo sostegno per un'effettiva governabilità, frutto della doppia scelta degli elettori. I processi di selezione per eliminazione sono ampiamente utilizzati nella sfera socio-economica, dalle selezioni per l'assunzione ai campionati sportivi, dalle elezioni primarie ai concorsi televisivi, ed è davvero sorprendente come possano essere ignorati dalla politica.  C'è un idem sentire che accomuna le due premesse cognitive date per scontate dal Folli: l'idea di manipolare le norme perchè rispondano ad interessi di parte, a priori e contingenti, rispetto a quelli generali, super partes e verificabili solo a posteriori dell'applicazione della legge.