sabato 23 novembre 2013

Riuscirà il neo-Mattarellum a scalzare il Porcellum?

Per riformare il Porcellum si era scelta in pompa magna la procedura d’urgenza, con l’inizio a settembre in Commissione Affari costituzionali dell'esame dei disegni di Legge. Ora, a quasi tre mesi dall’inizio dei lavori, la medesima Commissione decide l’ennesimo rinvio approvando un ordine del giorno presentato dai senatori Calderoli e Patrizia Bisinelli che prevede di spostare al 28 novembre l'esame dei DDL in materia di riforma elettorale. Sono stati bruciati, via via, il modello Ispanico prima e la proposta di doppio turno di coalizione dopo, che riprendeva la bozza Violante-D’Alimonte (doppio turno di coalizione). Ora si riparte da capo con l’ipotesi di neo-Mattarellum, avanzata dal costituzionalista Barbera ex-PDS, che prevede l’eliminazione dello scorporo e la trasformazione della quota proporzionale del 25% in premio di maggioranza da attribuire, per un 15%, al vincitore del ballottaggio. Il restante 10% sarebbe invece destinato, in modo proporzionale, al cosiddetto di diritto di tribuna per garantire le forze politiche minori.

L'idea è del neo-Mattarellum buona ma ci sono due problemi non indifferenti: prima di tutto chi potrà appoggiare una proposta simile? Come reagirà la folta schiera dei fan del Porcellum, che va dai pentastellati alla neonata Forza Italia in un’inedita ma rocciosa alleanza trasversale, a quest’ennesima ipotesi di doppio turno? Grillo aveva strillato al golpe quando è stata avanzata la proposta Violante-D'alimonte che era abbondantemente proporzionale, figuriamoci con l'ipotesi Barbera che concede un misero 10% di seggi proporzionali al diritto di tribuna. Il Cavaliere, dal canto suo, ha recentemente tessuto le lodi del Porcellum per cui difficilmente accetterà di modificarlo in modo sostanzioso, per giunta con il detestato doppio turno, specie ora che è indebolito dalla scissione e dalla prossima decadenza. Restano solo i gruppi senatoriali del nuovo centrodestra che però, avendo il problema di tornare prima o poi in alleanza con la neonata FI, difficilmente avranno il coraggio di contraddire in modo plateale il Cavaliere votando una radicale modifica del Porcellum. Francamente bisogna essere molto ottimisti per intravedere una maggioranza che garantisca al Senato il varo del Mattarellum riveduto e corretto in salsa doppio turno.

L’ipotesi di neo-Mattarellum avanzata dal costituzionalista Barbera ex-PDS, e fatta propria dalla Senatrice Finocchiaro prima firmataria della relativa proposta di Legge depositata in Senato, è una buona base di discussione ma non mancano i problemi "tecnici" riguardo al “premietto” di maggioranza del 15% previsto dal neo-Mattarellum. In caso di superamento al primo turno della soglia del 40% di voti su base nazionale non ci sarebbero problemi, ma cosa accadrebbe nel caso in cui nessun partito/coalizione riuscisse a raggiungerla? In presenza di tre forze politiche equivalenti l’esito dei collegi uninominali resta comunque un rebus e una sorta di terno all’otto per via della frastagliata geografia elettorale italiana. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche accadere che nessuno raggiunga nemmeno la percentuale minima del 36% che, sommata al premio di maggioranza del 15%, è necessaria per arrivare ad un risicato 51% di seggi. In uno scenario elettorale ancora peggiore potrebbe aggiudicarsi il premio di maggioranza su base nazionale una coalizione che nei collegi uninominali al primo turno ha ottenuto meno seggi dell’antagonista diretto la ballottaggio, vanificando quindi l’effetto disproporzionale del premio di maggioranza stesso.  Per evitare questi rischi per nulla astratti – basta considerare le percentuali raggiunte dai tre maggiori partiti/coalizioni alle elezioni del febbraio 2013 – il premio di maggioranza/governabilità del II turno, per garantire una maggioranza parlamentare certa e non risicata,  non dovrebbe scendere sotto la quota di sicurezza del 20-25%, che peraltro porterebbe al sacrificio del “diritto di tribuna” per le forze minori. In caso contrario si riproporrebbe di nuovo la necessità dell’ennesimo innaturale governo di larghe intese.



domenica 17 novembre 2013

Dal Porcellum al Mattarellum: dalla padella alla brace?

La bocciatura in Senato della mozione pro bozza Violante-D’Alimonte di revisione del Porcellum, con l’introduzione doppio turno di coalizione per l’attribuzione del premio di maggioranza/governabilità, ha riportato in auge l’idea di recuperare il Mattarellum, specie se la Consulta dovesse accettare l’incostituzionalità della legge porcata e la cassasse in toto.  Secondo il professor D’Alimonte il Mattarellum potrebbe avere esiti meno disastrosi del Porcellum in particolare se venissero introdotte alcune migliorie che ne accentuassero la tendenza maggioritaria, vale a dire: (i) eliminare lo scorporo per aumentare l'effetto maggioritario e la possibilità di usare le liste civetta per aggirarlo e (II) abolire alla Camera la doppia scheda e usare il sistema di voto del Senato dove c'è una sola scheda.

Tuttavia le simulazioni eseguite negli ultimi mesi, utilizzando i risultati delle elezioni del febbraio 2013, hanno dimostrato che l'esito parlamentare del Mattarellum sarebbe stato analogo a quello del Porcellum.  A meno che si corregga in senso ancor più dis-proporzionale e maggioritario la quota che il Mattarellum riserva alle liste nazionali. In sostanza basterebbe trasformare, in toto o in parte, il 25% proporzionale del Mattarellum in premio di maggioranza/governabilità da assegnare con il ballottaggio tra i primi due partiti/coalizioni maggiormente votati al primo turno, qual’ora nessuno di essi avesse superato una soglia minima analoga a quella proposta nella bozza Violante-D'Alimonte (40-45%).

Ad esempio al vincitore del ballottaggio potrebbero essere attribuiti un numero di seggi variabile ma sufficiente, assieme a quelli conseguiti nell'uninominale, per raggiungere la maggioranza assoluta del 55%. Gli eventuali resti, rispetto al totale del 25%, potrebbero essere assegnati alle altre forze politiche in modo proporzionale. E’ facile prevedere l’opposizione delle forze politiche che da sempre osteggiano l’idea del doppio turno, in nome del tanto peggio tanto meglio e delle larghe intese paralizzanti. Tuttavia è lecito sperare che il nuovo assetto politico, scaturito della scissione da Forza Italia dell’ala governativa dell’ex-PDL, possa aprire spiragli per una vera riforma del Porcellum. 

Tuttavia sia il collegio uninominale che le preferenze hanno i loro limiti, essendo entrambi  l’incubatrice di potenziali influenze clientelari, campanilistiche e voto di scambio. La storia della prima repubblica e le percentuali espresse dagli elettori in alcune regioni dimostrano quanto elevato sia questo rischio. Il prof. D’Alimonte ha ricordato, durante la convention della Leopolda, che a fronte di un 12% di elettori lombardi che esprimono un voto di preferenza in Calabria si registra un dato del 90%. Secondo alcuni osservatori il sistema maggioritario uninominale potrebbe rivelarsi l’antidoto giusto per questo rischio, ma i dubbi in merito sono più che legittimi, prima di tutto per l’inevitabile deriva personalistica di un campagna elettorale giocata tra pochi contendenti per il seggio. Nel collegio proporzionale il candidato deve contendere le preferenze ai colleghi della propria lista mentre in quello uninominale il potenziale bacino di consensi da conquistare si estende a tutta la platea di elettori del collegio. Insomma anche il sistema uninominale maggioritario non è scevro da limiti e rischi!

Forse esiste una via d’uscita al dilemma tra seggio uninominale e liste proporzionali con preferenza. La variabile essenziale per controllare le preferenze e manipolare l’esito del voto a proprio vantaggio è la dimensione del bacino elettorale. Quanto più è limitata l’area geografica per la designazione di un deputato/senatore tanto più facile sarà pilotare le preferenze su un certo candidato, a scapito di altri, facendo leva sul controllo della rete sociale di supporto del politico locale. All’opposto in un macro-collegio avranno buon gioco candidati meno radicati localmente, ma noti alla popolazione per la loro popolarità o notorietà pubblica. Se questa analisi è corretta un allargamento della platea degli elettori dovrebbe ridurre le influenze micro-sociali, più a rischio di degenerazione clientelare, a vantaggio di strumenti per orientare il voto più impersonali, come i media della comunicazione pubblica di massa, in primis TV e radio.

Infine se anche per la quota proporzionale del Mattarellum dovesse valere il doppio turno per l’attribuzione del premio di maggioranza, le potenziali distorsioni del voto locale potrebbero ulteriormente venir meno, specie con l’introduzione della doppia preferenza di genere, su una lista composta da personalità note per rilevanza pubblica e prestigio sociale. Con la doppia preferenza gli elettori potrebbero quindi scegliere direttamente sia il primo ministro sia la composizione del governo, annullando di conseguenza le negoziazioni post-elettorali tra le burocrazie per la distribuzione dei posti di potere, nonchè il rischio di degenerazione clientelare insito a livello di micro collegi elettorali locali.

martedì 5 novembre 2013

Il paradosso delle primarie ovvero il ritorno dei notabili...

Quello del PD è forse il congresso nazionale di partito più tormentato della II Repubblica. Da settimane si rincorrono notizie e voci su moltiplicazione di tessere, congressi di circolo fantasma, dubbi sulle procedure di votazione un po' in tutta Italia, sia sui giornali che sul Web (vedi il precedente post per quanto riguarda le connessioni con la riforma della legge elettorale). Dalle informazioni  dei quotidiani sembra di poter escludere di trovarsi di fronte ad una manovra concertata a livello nazionale, da parte dell’entourage di un candidato a spese degli altri, anche se esponenti di questo o quel gruppo/candidato sono variamente implicati nelle elezioni sotto osservazione.

La matrice degli episodi denunciati è da ricondurre a situazioni conflittuali a livello locale, in cui l’appartenenza ad uno schieramento nazionale conta meno rispetto alle dinamiche e ai contrasti tra notabili radicati nel territorio. Non sembra quindi trattarsi di fatti gravi o brogli in piena regola, ma di un uso spregiudicato delle elezioni di circolo, peraltro comunque all’interno delle regole stabilite, in particolare la possibilità di iscrizione al partito anche il giorno delle votazioni. Emblematico è l’episodio di Frosinone dove i tre candidati alla segretaria provinciale, renziano, civatiano e cuperiano, hanno minacciato di ritirarsi se non venivano bloccate le procedure elettorali in alcuni circoli, dove è stato segnalato un tesseramento gonfiato e sospetto.

Come si possono interpretare questi eventi che stanno mettendo a dura prova l’immagine pubblica del PD? Che influenza avranno sulle prossime primarie, sbandierate come segno di apertura verso la società ed i simpatizzanti, in antitesi alle beghe correntizie? Un abbozzo di spiegazione sociologicamente “naif”  non può che prendere le mosse dal fatto che i circoli in molti casi si sono desertificati per il calo degli iscritti e della partecipazione, dovuta al combinato disposto di varie concause. I militanti, delusi per i disastri politici inanellati nell'ultimo anno, fino alla vigilia del congresso non hanno rinnovato la tessera anche perchè nel contempo il PD si e' "aperto" alla societa' grazie alla primarie. D’altro canto l'influenza dei circoli sulla fazioni in cui si dividono i vertici locali e regionali  si è ridotta in proporzione al calo degli iscritti. Perche' dovrei iscrivermi, pensano gli ex, se poi comunque posso votare alle primarie come simpatizzante?

Nel contempo il PD si avvitava su se stesso nella deriva correntizia, altro fattore di aggravamento della crisi e motivo di ulteriore disaffezione degli iscritti, in una classica spirale di amplificazione della "patologia". In questo modo alcuni circoli sono diventati facile preda delle beghe locali e delle manipolazioni dei soliti notabili che hanno preso possesso "manu militari" dei circoli, ormai sguarniti di militanti, convogliando alle elezioni manipoli di fedeli clienti iscritti all’ultimo momento. Insomma con una pattuglia di seguaci ben addestrati in molti si sono portati a casa un circolo, tutto compreso. In sostanza abbiamo assistito ritorno trionfale dei vecchi marpioni della politica, variamente targati ma sempre in stile democristiano, prima repubblica, bravissimi nel destreggiarsi nel mondo delle clientele locali! Non tanto per il potere dei segretari di circolo, ma soprattutto per occupare una casella strategica ai fini della composizione delle liste per le varie elezioni.

Paradossalmente quindi le primarie hanno, da un lato, rivitalizzato la partecipazione e le relazioni con la società e, dall'altro, aggravato la crisi del partito in un classico effetto perverso e contro-intuitivo dal quale è difficile uscire, assestando un ulteriore colpo alla forma sociale del partito di matrice novecentesca. In questo senso ha visto giusto Renzi, che ha sempre snobbato le dinamiche di potere e le beghe interne, facendo affidamento proprio sulle primarie per scardinare certe incrostazioni post-comuniste. Non perchè gli interessi fare il segretario ma perchè la segreteria era il cavallo di troia per ottenere la designazione a premier, esattamente come i ras locali vogliono conquistare i circoli per le fare le proprie liste elettorali ed emarginare gli antagonisti di corrente/potere.

Aveva probabilmente ragione l’ex ministro Barca a proporre la distinzione tra le carriere nel partito dai ruoli istituzionali. Forse con questa clausola si evitavano certe degenerazioni a livello di circoli ed eccessive lacerazioni a livello di primarie. Ora però Renzi dovrà comunque vedersela con un partito riottoso e per buona parte schierato contro di lui. Vedremo come se la caverà....

venerdì 1 novembre 2013

La riforma del Porcellum tra liste bloccate e preferenze....

Quello del PD è forse il congresso nazionale di partito più tormentato della storia recente. Da settimane si rincorrono notizie e voci su moltiplicazione di tessere, congressi di circolo fantasma, dubbi sulle procedure di votazione un po' in tutta Italia, sia sui giornali che sul Web. La degenerazione delle preferenze in strumento clientelare per lo scambio di "favori" è ben nota ed è un tratto caratteristico del nostro sistema politico, oggetto di un referendum popolare che venti anni fa decretò il pensionamento definitivo delle preferenze. Tuttavia assume contorni deprimenti quando, nella fattispecie, investe un partito che si proclama paladino della legalità, del rispetto delle regole, trasparenza e lealtà.

Questi episodi di supposta mala-politica ripropongono il dilemma tra liste bloccate, principale mezzo per far eleggere yes-man e personaggi fedeli alla linea del capo, e voto di preferenza che comporta il rischio di manipolazione del consenso ad uso clientelare, nepotistico, campanilistico per distribuire favori, posti, prebende etc.. (per non dire di peggio!). Come può una (buona) legge elettorale indirizzare la navigazione politica per vitare di incappare negli scogli di Scilla (le preferenze) piuttosto che Cariddi (le liste bloccate)?

Il tema è di stretta attualità per via della riforma del Porcellum di cui si discute al senato con procedura d’urgenza da due mesi, senza significativi passi in avanti. Le preferenze sono lo strumento principe della politica clientelare e del voto di scambio, come dimostrano le percentuali espresse dagli elettori nelle regioni a maggiore rischio di infiltrazione  della politica da parte di forze “esterne”. C’è chi dice che il sistema maggioritario uninominale sia l’antidoto giusto per questo rischio, ma i dubbi in merito sono più che legittimi per via dell’inevitabile deriva personalistica della campagna elettorale. Di sicuro il sistema proporzionale abbinato alle preferenze ha dimostrato storicamente di essere il migliore incubatore per i fenomeni degenerativi di cui sopra.

Forse una soluzione si può trovare, partendo dall’analisi del fenomeno. La variabile essenziale per controllare le preferenze e manipolare l’esito del voto con tecniche clientelari è la dimensione del bacino elettorale. Quanto più è limitata l’area geografica che elegge un rappresentante tanto più facile sarà pilotare le preferenze su un certo candidato, a scapito di altri, facendo leva sul controllo della rete sociale di supporto del politico locale. All’opposto in un macro-collegio avranno buon gioco candidati noti alla popolazione per la loro popolarità o notorietà pubblica e avranno un ruolo preponderante i mezzi di comunicazione di massa, in primis la TV e in subordine radio e carta stampata. Se questa gerarchia è corretta l’ulteriore allargamento della platea degli elettori dovrebbe ridurre, in proporzione delle dimensioni del collegio elettorale, le influenze micro-sociali, più a rischio di degenerazione clientelare, a vantaggio di strumenti per influenzare gli elettori più impersonali, come i media della comunicazione pubblica di massa.uanto QQ

Con il sistema delle macro-circoscrizioni regionali si potrebbero quindi evitare sia le derive clientelari localistico/campanilistiche, tipiche dei sistemi proporzionali con voto di preferenza, sia la personalizzazione caratteristica del collegio uninominale maggioritario. Se infine dovesse passare, secondo la bozza Violante-D’Alimonte, il doppio turno per l’attribuzione del premio di maggioranza a livello nazionale, con l’ipotesi di preferenze su una lista di personalità note per rilievo pubblico e sociale, l’eventualità di un voto clientelare si ridurrebbe ulteriormente. Gli elettori potrebbero scegliere direttamente sia il primo ministro sia la composizione del governo, utilizzando la doppia preferenza di genere ed annullando di conseguenza le negoziazioni post-elettorali tra le burocrazie per la distribuzione dei posti di potere, nonchè il rischio di  degenerazione clientelare a livello di micro collegi locali.