sabato 7 settembre 2013

Per una "filosofia" della legge elettorale

Un abbozzo di “filosofia” del sistema elettorale - benchè naif e da non specialista - deve prendere le mosse dalla domanda cardine della politica, formulata a suo tempo da Karl Popper. La concezione politica da Platone in avanti ha posto in primo piano il problema “chi deve comandare?”, ovvero chi sia titolato a reggere le sorti del governo per vocazione, capacità, titoli, dinastia, consenso etc... Il filosofo greco aveva indicato in un rappresentante della sua stessa categoria il soggetto più adatto a governare la cosa pubblica, in quello che oggi identificheremmo come un conflitto di interessi per autoreferenzialità di “casta”. Popper, dopo la serrata critica all’impostazione platonica, accusata ne “la società aperta” di proto-totalitarismo, riformula il problema e si chiede: in che modo è possibile sostituire governanti inetti, corrotti, dispotici, inefficaci o solo poco adatti, evitando spargimenti di sangue, come invece è accaduto spesso nella storia e accade tutt’ora in molti paesi, teatro di scontri violenti per il ricambio politico “rivoluzionario”?

La questione è di costante attualità in Italia, non tanto per il rischio di guerra civile, come nel recente tragico passato novecentesco, ma per uno scenario politico fatto di cronica instabilità, incertezza, ingovernabilità, divisività e contrapposizioni paralizzanti senza sbocchi riformatori, come quelle che hanno contraddistinto l’ultimo ventennio; il nostro sistema politico vive nella perdurante impossibilità di produrre una chiara alternanza di schieramenti di governo, coesi e duraturi per il tempo necessario ad ottenere l’approvazione o la disconferma elettorale da parte dei cittadini. Le regole del gioco democratico ipotizzate da Popper, in primis il sistema elettorale, dovrebbero al contrario assicurare controllo democratico, bilanciamento e separazione di poteri, concreta possibilità di alternanza virtuosa e un naturale ricambio delle classi dirigenti.

Attorno al dibattito pubblico sui sistemi elettorali e sulle posizioni politiche circa la legge riforma della legge elettorale, si confrontano due “filosofie”, per certi versi antagoniste ma che si possono anche integrare: un modello istruttivo e uno selettivo. Le successive argomentazioni esulano da argomenti tecnici, di pertinenza matematico-statistica o ingegneristico legislativa, per offrire invece una cornice interpretativa delle modalità di espressione delle preferenze elettorali, del consenso e dei loro effetti sulla rappresentanza politica da un punto di vista cognitivistico e “filosofico” generale, seppure “naif”. Oltre che alla filosofia politica popperiana, le considerazioni che seguono attingono ad alcuni concetti delle scienze cognitive; in particolare, la psicologia della decisione ha dimostrato che diverse modalità di presentazione e strutturazione di uno stesso problema (il cosiddetto framing decisionale) non sono equivalenti in quanto ad esiti, ma possono influenzare in modo significativo il processo di valutazione e scelta.

1-Modello “istruttivo”

I sistemi elettorali di tipo "istruttivo" sono tipicamente proporzionali a turno unico in quanto convogliano un consenso specifico sul partito coerente con la concezione politica, culturale, di interessi, valori, principi generali dell’elettore “medio” etc.. Il voto indica una relazione di tipo, appunto, “istruttivo” nel senso di una delega in positivo e per una sorta di temporanea affiliazione ad un partito/schieramentopolitico. Il consenso viene attribuito per la realizzazione di un programma elettorale, di una filosofia politica per affinità tra elettori ed eletti, in analogia a quello che lega l'iscritto al partito di appartenenza. Ma oltre ad affidare una sorta di mandato, il primo turno porta a termine un primo screening delle forze minori, vale a dire quelle che non ottengono un consenso sufficiente per avere eletti e vengono così escluse dalla rappresentatività parlamentare e dalla possibilità di accedere al governo.

La legge elettorale proporzionale, in vigore per oltre 40 anni fino ai primi anni 90, era stata elaborata sotto l’influenza dalla precedente esperienza politica, con l’intento di mantenere un equilibrio virtuosi di poteri tra le diverse forze politiche per impedire prevaricazioni o dittature della maggioranza, quali si erano attuate durante il ventennio fascista. Basti pensare alla reazione del fronte social-comunista avversa alla proposta della cosiddetta “legge truffa”, che garantiva un premio di maggioranza non dissimile da quello proposto oggi dallo schieramento di centrosinistra per favorire la governabilità. La caduta del muro di Berlino, l’occupazione dello stato da parte dei partiti della Prima Repubblica e il loro tramonto sotto i colpi delle inchieste giudiziari della stagione di “mani pulite”, ha fatto emergere la necessità di superare la frammentazione proporzionale del sistema politico a favore del bipolarismo e per il ricambio della classe politica, come antidoto al consociativismo e alla spartizione clientelare del potere.

Il sistema elettorale proporzionale/istruttivo è chiaramente in sintonia con l’impostazione platonica del problema politico: l’elettore infatti designa con la propria specifica preferenza elettorale il partito che secondo lui e’ più titolato di altri a “comandare”. Tuttavia il suo esito è una frammentazione della rappresentanza che impedisce la stabilità politico-istituzionale. Se il mandato non risulta chiaro, perchè nessun partito raggiunge la maggioranza assoluta, si apre la fase di trattative tra le oligarchie partitiche per la negoziazione di un programma di governo, in genere frutto di compromessi e di do ut des per raggiungere un buon equilibrio tra interessi e posizioni politico-programmatiche non sempre convergenti. Proprio per evitare questi esiti, tipici della Prima Repubblica e del sistema proporzionale, con le leggi elettorali dagli anni novanta in poi si è tentato di favorire l’evoluzione del sistema politico nel senso dell’alternanza bipolare di schieramenti politici ben distinti e riconoscibili da parte degli elettori.

2-Modello selettivo

Al contrario dell’impostazione istruttiva del primo turno, il modello "selettivo" a doppio turno incorpora anche una spiccata valenza negativa, scartando i soggetti meno adatti ad assumere l'onere di gestirela cosa pubblica, anche con un'eventuale impostazione proporzionale. Il modello selettivo per eccellenza a cui far riferimento sono, a mio parere, le primarie USA per la designazione del candidato presidente. Il processo attraverso il quale si arriva ad indicare il candidato presidente di entrambi gli schieramenti ha un carattere progressivamente selettivo che riduce a due soli leader per partito la platea, generalmente affollata, dei pretendenti ad essere coronati nella convention finale. Ad ogni tappa delle primarie nei diversi stati alcuni candidati si rafforzano, altri si indeboliscono ed altri ancora decidono di farsi da parte per via di un esito deludente nelle urne. In tal modo si realizza una selezionane adattativa degli esponenti politici più votati fino al risultato finale della designazione dell’unico candidato presidente dei due partiti maggiori.

Il processo elettorale a due turni è chiaramente indirizzato ad un esito politico coerente con l’impostazione popperiana del problema, alternativa al modello platonico, vale a dire un sistema di espressione del consenso che favorisca il fisiologico ricambio/selezione della classe dirigente sulla base delle preferenze degli elettori, seppur a prezzo di una certa forzatura della scelta e di una minore specificità del mandato politico per via dell'opzione binaria aut/aut del ballottaggio. Non è un caso, poiché l’epistemologia fallibilista di Popper si rifà esplicitamente all’evoluzionismo darwiniano e ai principi di variazione e selezione per l’adattamento, tentativi di soluzione del problema ed eliminazione dell'errore.

Per portare a termine la selezione della classe dirigente infatti non basta una singola scelta/voto ma ne servono due, su due schede e due turni, per assicurare nel contempo la più ampia rappresentatività democratica (I° turno) e la governabilità (ballottaggio per il premio dimaggioranza). Come gia' rilevato la scelta dell’elettore al secondo turno ha una doppia valenza: positiva di designazione diretta – seppur per molti cittadini nel segno del male minore o del meno peggio – e nel contempo negativa, di eliminazione della coalizione/partito ritenuto meno affine alle proprie opzioni ideali o pratiche. Questo secondo aspetto fa la differenza rispetto ai sistemi proporzionali/istruttivi a turno unico, proprio per il suo carattere di selezione del meno adatto a governare. Il giudizio degli elettori e il consenso nelle urne sarà dettato sia dalla valutazione critica del bilancio del governo uscente, sia dalle “promesse” elettorali contenute nei programmi delle due coalizioni che si confrontano al ballottaggio per ottenere il premio di maggioranza/governabilità.

In sostanza, al primo turno viene indicato dall'elettore in modo “istruttivo” il partito più specifico e vicino alla propria idea, mentre al ballottaggio possono essere selezionati dai cittadini premier e ministri adatti a governare, vale a dire coloro che sopravvivono, esattamente come gli organismi viventi, alla doppia selezione elettorale perchè più rappresentativi degli altri. La doppia scelta elettorale si è resa necessaria dopo le elezioni del 2013 per la presenza di tre forze politiche sostanzialmente equivalenti, ma che rifiutano l'opzione di allearsi tra loro (il cosiddetto tripolarismo bloccato), se non per causa di forza maggiore come nel caso del governo presieduto dall'attuale premier. L’emergere di una terza forza politica di pari consistenza rispetto alle altre (il Movimento 5 Stelle) ha infatti messo in luce la stortura antidemocratica del Porcellum, ovvero per via delle liste bloccate e per il suo carattere marcatamente disproporzionale dovuto all’abnorme premio di maggioranza della camera, teoricamente attribuibile anche ad una forza politica con consensi elettorali inferiori al 25%.

Al contrario, grazie al ballottaggio e alle preferenzeattribuite ad un’eventuale lista nazionale di governo, gli elettori potrebberoscegliere sia il primo ministro sia i ministri chiamati a governare la cosa pubblica, proprio in virtù della doppia scelta (per una proposta più dettagliata in tal senso vedasi: http://lf.tuparlamento.it/lf/initiative/show/276.html , http://blog.libero.it/Riformel/12277717.html ). Tale facoltà era fino ad ora esercitata in modo esclusivo e autoreferenziale dagli apparati politici e partitici nelle trattative post-elettorali sulla base di scambi negoziali, dout des di “potere”, cooptazioni di corrente, interdizioni e veti reciproci, ben poco trasparenti e palesi.

3-Architettura della scelta e selezione

Con il passaggio dal primo al secondo turno cambia il contesto decisionale in cui gli elettori sono chiamati ad esercitare la loro opzione. Nel senso che l’architettura bipolare del ballottaggio, ovverosia la diversa cornice della scelta, è rilevante ai fini dell’esito elettorale, in quanto obbliga in un certo senso gli elettori a propendere per l'uno o per l'altro, incide su chiarezza del risultato, stabilità e governabilità politico-istituzionale, nel senso della garanzia di ricambio della classedirigente perorata da Popper. Il sistema a doppio turno si può iscrivere, oltreche nel filone darwiniano/popperiano delle selezione per tentativi ed errori, all’interno della corrente del paternalismo libertario, nel senso che definisce un’architettura della scelta, in due tempi e con modalità diversificate tra primo turno e ballottaggio, funzionale al processo di selezione dello schieramento più adatto al governo della cosa pubblica.

Il ballottaggio cambia la cornice e il valore della scelta: si realizza un contesto che induce gli elettori, con quella che è stata definita una “spinta gentile” (nudge), ad esercitare l’opzione elettorale in modo “razionale”, cioè in senso bipolare alternatico e favorevole ad uno schieramento, a cui verrà attribuito premio di governabilità, a scapito dell’altro. In tal modo il doppio turno restituisce agli elettori la facoltà di scelta, e nel contempo la sottrae agli apparati di partito e alle oligarchie dei vertici, sia nel momento della compilazione delle liste bloccate, sia all’atto della negoziazione/spartizione post-elettorale dei posti di potere in rapporto agli equilibri di consenso scaturiti dalle urne. La scelta alternativa dell’elettore, a favore dell’uno o dell’altro schieramento apporta quella chiarezza di risultato elettorale che non sarebbe possibile in un’architettura di scelta proporzionale a unico turno, in cui come abbiamo visto prevalgono le tendenze “particolari” e la frammentazione del voto in partiti minori fino all’ingovernabilità.

Infatti nel turno di ballottaggio si costruisce un’architettura decisionale che sacrifica una quota di scelta “specifica”, a vantaggio della selezione, in quanto propone agli elettori alcune opzioni comportamentali:

a-gli elettori dei due schieramenti alternativi possono esercitare ancora la loro opzione ideale come al primo turno;

b-gli elettori dei partiti minori esclusi da ballottaggio possono adattarsi a dare il proprio consenso allo schieramento più vicino alle proprie opzioni oppure, in negativo, all’insegna del male minore o per “punire”il governo uscente o la coalizione meno “simpatica”;

c-agli elettori indifferenti, scettici o indisponibili ad una scelta alternativa aut/aut, così come a quelli del punto 2, non resta che l’opzione della defezione, ovverosia l’astensione al ballottaggio o la scheda bianca;

d-infine agli elettori che hanno scelto già al primo turno una forma di defezione (astensione, scheda bianca o nulla) resta aperta la possibilità di replicare la defezione o di effettuare una scelta al secondo turno.

4-Conclusioni

Il sistema selettivo a due turni incanala, con una“spintarella” un po’ forzata, il consenso elettorale verso uno sbocco alternativo tra due schieramenti grazie alla sua architettura di scelta; in tal modo sacrifica un’opzione elettorale più diversificata, peraltro garantita dal primo turno proporzionale, a favore della selezione per la governabilità e la stabilità del sistema, in sintonia con la filosofia politica popperiana.

Brescia, settembre 2013                                        Giuseppe Belleri

 Bibliografia a richiesta: bllgpp@gmail.com

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