Un abbozzo di “filosofia” del sistema elettorale -
benchè naif e da non specialista - deve prendere le mosse dalla domanda
cardine della politica, formulata a suo tempo da Karl Popper. La
concezione politica da Platone in avanti ha posto in primo piano il
problema “chi deve comandare?”, ovvero chi sia titolato a reggere le
sorti del governo per vocazione, capacità, titoli, dinastia, consenso
etc... Il filosofo greco aveva indicato in un rappresentante della sua
stessa categoria il soggetto più adatto a governare la cosa pubblica, in
quello che oggi identificheremmo come un conflitto di interessi per
autoreferenzialità di “casta”. Popper, dopo la serrata critica
all’impostazione platonica, accusata ne “la società aperta” di
proto-totalitarismo, riformula il problema e si chiede: in che modo è
possibile sostituire governanti inetti, corrotti, dispotici, inefficaci o
solo poco adatti, evitando spargimenti di sangue, come invece è
accaduto spesso nella storia e accade tutt’ora in molti paesi, teatro di
scontri violenti per il ricambio politico “rivoluzionario”?
La
questione è di costante attualità in Italia, non tanto per il rischio
di guerra civile, come nel recente tragico passato novecentesco, ma per
uno scenario politico fatto di cronica instabilità, incertezza,
ingovernabilità, divisività e contrapposizioni paralizzanti senza
sbocchi riformatori, come quelle che hanno contraddistinto l’ultimo
ventennio; il nostro sistema politico vive nella perdurante
impossibilità di produrre una chiara alternanza di schieramenti di
governo, coesi e duraturi per il tempo necessario ad ottenere
l’approvazione o la disconferma elettorale da parte dei cittadini. Le
regole del gioco democratico ipotizzate da Popper, in primis il sistema
elettorale, dovrebbero al contrario assicurare controllo democratico,
bilanciamento e separazione di poteri, concreta possibilità di
alternanza virtuosa e un naturale ricambio delle classi dirigenti.
Attorno
al dibattito pubblico sui sistemi elettorali e sulle posizioni
politiche circa la legge riforma della legge elettorale, si confrontano
due “filosofie”, per certi versi antagoniste ma che si possono anche
integrare: un modello istruttivo e uno selettivo. Le successive
argomentazioni esulano da argomenti tecnici, di pertinenza
matematico-statistica o ingegneristico legislativa, per offrire invece
una cornice interpretativa delle modalità di espressione delle
preferenze elettorali, del consenso e dei loro effetti sulla
rappresentanza politica da un punto di vista cognitivistico e
“filosofico” generale, seppure “naif”. Oltre che alla filosofia politica
popperiana, le considerazioni che seguono attingono ad alcuni concetti
delle scienze cognitive; in particolare, la psicologia della decisione
ha dimostrato che diverse modalità di presentazione e strutturazione di
uno stesso problema (il cosiddetto framing decisionale) non sono
equivalenti in quanto ad esiti, ma possono influenzare in modo
significativo il processo di valutazione e scelta.
1-Modello “istruttivo”
I
sistemi elettorali di tipo "istruttivo" sono tipicamente proporzionali a
turno unico in quanto convogliano un consenso specifico sul partito
coerente con la concezione politica, culturale, di interessi, valori,
principi generali dell’elettore “medio” etc.. Il voto indica una
relazione di tipo, appunto, “istruttivo” nel senso di una delega in
positivo e per una sorta di temporanea affiliazione ad un
partito/schieramentopolitico. Il consenso viene attribuito per la
realizzazione di un programma elettorale, di una filosofia politica per
affinità tra elettori ed eletti, in analogia a quello che lega
l'iscritto al partito di appartenenza. Ma oltre ad affidare una sorta di
mandato, il primo turno porta a termine un primo screening delle forze
minori, vale a dire quelle che non ottengono un consenso sufficiente per
avere eletti e vengono così escluse dalla rappresentatività
parlamentare e dalla possibilità di accedere al governo.
La
legge elettorale proporzionale, in vigore per oltre 40 anni fino ai
primi anni 90, era stata elaborata sotto l’influenza dalla precedente
esperienza politica, con l’intento di mantenere un equilibrio virtuosi
di poteri tra le diverse forze politiche per impedire prevaricazioni o
dittature della maggioranza, quali si erano attuate durante il ventennio
fascista. Basti pensare alla reazione del fronte social-comunista
avversa alla proposta della cosiddetta “legge truffa”, che garantiva un
premio di maggioranza non dissimile da quello proposto oggi dallo
schieramento di centrosinistra per favorire la governabilità. La caduta
del muro di Berlino, l’occupazione dello stato da parte dei partiti
della Prima Repubblica e il loro tramonto sotto i colpi delle inchieste
giudiziari della stagione di “mani pulite”, ha fatto emergere la
necessità di superare la frammentazione proporzionale del sistema
politico a favore del bipolarismo e per il ricambio della classe
politica, come antidoto al consociativismo e alla spartizione
clientelare del potere.
Il sistema elettorale
proporzionale/istruttivo è chiaramente in sintonia con l’impostazione
platonica del problema politico: l’elettore infatti designa con la
propria specifica preferenza elettorale il partito che secondo lui e’
più titolato di altri a “comandare”. Tuttavia il suo esito è una
frammentazione della rappresentanza che impedisce la stabilità
politico-istituzionale. Se il mandato non risulta chiaro,
perchè nessun partito raggiunge la maggioranza assoluta, si apre la fase
di trattative tra le oligarchie partitiche per la negoziazione di un
programma di governo, in genere frutto di compromessi e di do ut des per
raggiungere un buon equilibrio tra interessi e posizioni
politico-programmatiche non sempre convergenti. Proprio per evitare
questi esiti, tipici della Prima Repubblica e del sistema proporzionale,
con le leggi elettorali dagli anni novanta in poi si è tentato di
favorire l’evoluzione del sistema politico nel senso dell’alternanza
bipolare di schieramenti politici ben distinti e riconoscibili da parte
degli elettori.
2-Modello selettivo
Al
contrario dell’impostazione istruttiva del primo turno, il modello
"selettivo" a doppio turno incorpora anche una spiccata valenza
negativa, scartando i soggetti meno adatti ad assumere l'onere di
gestirela cosa pubblica, anche con un'eventuale impostazione
proporzionale. Il modello selettivo per eccellenza a cui far riferimento
sono, a mio parere, le primarie USA per la designazione del candidato
presidente. Il processo attraverso il quale si arriva ad indicare il
candidato presidente di entrambi gli schieramenti ha un carattere
progressivamente selettivo che riduce a due soli leader per partito la
platea, generalmente affollata, dei pretendenti ad essere coronati nella
convention finale. Ad ogni tappa delle primarie nei diversi stati
alcuni candidati si rafforzano, altri si indeboliscono ed altri ancora
decidono di farsi da parte per via di un esito deludente nelle urne. In
tal modo si realizza una selezionane adattativa degli esponenti politici
più votati fino al risultato finale della designazione dell’unico
candidato presidente dei due partiti maggiori.
Il
processo elettorale a due turni è chiaramente indirizzato ad un esito
politico coerente con l’impostazione popperiana del problema,
alternativa al modello platonico, vale a dire un sistema di espressione
del consenso che favorisca il fisiologico ricambio/selezione della
classe dirigente sulla base delle preferenze degli elettori, seppur a
prezzo di una certa forzatura della scelta e di una minore specificità
del mandato politico per via dell'opzione binaria aut/aut del
ballottaggio. Non è un caso, poiché l’epistemologia fallibilista di
Popper si rifà esplicitamente all’evoluzionismo darwiniano e ai principi
di variazione e selezione per l’adattamento, tentativi di soluzione del problema ed
eliminazione dell'errore.
Per portare a termine
la selezione della classe dirigente infatti non basta una singola
scelta/voto ma ne servono due, su due schede e due turni, per assicurare
nel contempo la più ampia rappresentatività democratica (I° turno) e la
governabilità (ballottaggio per il premio dimaggioranza). Come gia'
rilevato la scelta dell’elettore al secondo turno ha una doppia valenza:
positiva di designazione diretta – seppur per molti cittadini nel segno
del male minore o del meno peggio – e nel contempo negativa, di
eliminazione della coalizione/partito ritenuto meno affine alle proprie
opzioni ideali o pratiche. Questo secondo aspetto fa la differenza
rispetto ai sistemi proporzionali/istruttivi a turno unico, proprio per
il suo carattere di selezione del meno adatto a governare. Il giudizio
degli elettori e il consenso nelle urne sarà dettato sia dalla
valutazione critica del bilancio del governo uscente, sia dalle
“promesse” elettorali contenute nei programmi delle due coalizioni che
si confrontano al ballottaggio per ottenere il premio di
maggioranza/governabilità.
In sostanza, al primo
turno viene indicato dall'elettore in modo “istruttivo” il partito più
specifico e vicino alla propria idea, mentre al ballottaggio possono
essere selezionati dai cittadini premier e ministri adatti a governare,
vale a dire coloro che sopravvivono, esattamente come gli organismi
viventi, alla doppia selezione elettorale perchè più rappresentativi
degli altri. La doppia scelta elettorale si è resa necessaria dopo le
elezioni del 2013 per la presenza di tre forze politiche sostanzialmente
equivalenti, ma che rifiutano l'opzione di allearsi tra loro (il
cosiddetto tripolarismo bloccato), se non per causa di forza maggiore
come nel caso del governo presieduto dall'attuale premier. L’emergere di
una terza forza politica di pari consistenza rispetto alle altre (il
Movimento 5 Stelle) ha infatti messo in luce la stortura antidemocratica
del Porcellum, ovvero per via delle liste bloccate e per il suo
carattere marcatamente disproporzionale dovuto all’abnorme premio di
maggioranza della camera, teoricamente attribuibile anche ad una forza
politica con consensi elettorali inferiori al 25%.
Al
contrario, grazie al ballottaggio e alle preferenzeattribuite ad
un’eventuale lista nazionale di governo, gli elettori
potrebberoscegliere sia il primo ministro sia i ministri chiamati a
governare la cosa pubblica, proprio in virtù della doppia scelta (per
una proposta più dettagliata in tal senso vedasi:
http://lf.tuparlamento.it/lf/initiative/show/276.html ,
http://blog.libero.it/Riformel/12277717.html ). Tale facoltà era fino ad
ora esercitata in modo esclusivo e autoreferenziale dagli apparati
politici e partitici nelle trattative post-elettorali sulla base di
scambi negoziali, dout des di “potere”, cooptazioni di corrente,
interdizioni e veti reciproci, ben poco trasparenti e palesi.
3-Architettura della scelta e selezione
Con
il passaggio dal primo al secondo turno cambia il contesto decisionale
in cui gli elettori sono chiamati ad esercitare la loro opzione. Nel
senso che l’architettura bipolare del ballottaggio, ovverosia la diversa
cornice della scelta, è rilevante ai fini dell’esito elettorale, in
quanto obbliga in un certo senso gli elettori a propendere per l'uno o
per l'altro, incide su chiarezza del risultato, stabilità e
governabilità politico-istituzionale, nel senso della garanzia di
ricambio della classedirigente perorata da Popper. Il sistema a doppio
turno si può iscrivere, oltreche nel filone darwiniano/popperiano delle
selezione per tentativi ed errori, all’interno della corrente del
paternalismo libertario, nel senso che definisce un’architettura della
scelta, in due tempi e con modalità diversificate tra primo turno e
ballottaggio, funzionale al processo di selezione dello schieramento più
adatto al governo della cosa pubblica.
Il
ballottaggio cambia la cornice e il valore della scelta: si realizza un
contesto che induce gli elettori, con quella che è stata definita una
“spinta gentile” (nudge), ad esercitare l’opzione elettorale in modo
“razionale”, cioè in senso bipolare alternatico e favorevole ad uno
schieramento, a cui verrà attribuito premio di governabilità, a scapito
dell’altro. In tal modo il doppio turno restituisce agli elettori la
facoltà di scelta, e nel contempo la sottrae agli apparati
di partito e alle oligarchie dei vertici, sia nel momento della
compilazione delle liste bloccate, sia all’atto della
negoziazione/spartizione post-elettorale dei posti di potere in rapporto
agli equilibri di consenso scaturiti dalle urne. La scelta alternativa
dell’elettore, a favore dell’uno o dell’altro schieramento apporta
quella chiarezza di risultato elettorale che non sarebbe possibile in
un’architettura di scelta proporzionale a unico turno, in cui come
abbiamo visto prevalgono le tendenze “particolari” e la frammentazione
del voto in partiti minori fino all’ingovernabilità.
Infatti
nel turno di ballottaggio si costruisce un’architettura decisionale che
sacrifica una quota di scelta “specifica”, a vantaggio della selezione,
in quanto propone agli elettori alcune opzioni comportamentali:
a-gli elettori dei due schieramenti alternativi possono esercitare ancora la loro opzione ideale come al primo turno;
b-gli
elettori dei partiti minori esclusi da ballottaggio possono adattarsi a
dare il proprio consenso allo schieramento più vicino alle proprie
opzioni oppure, in negativo, all’insegna del male minore o per
“punire”il governo uscente o la coalizione meno “simpatica”;
c-agli
elettori indifferenti, scettici o indisponibili ad una scelta
alternativa aut/aut, così come a quelli del punto 2, non resta che
l’opzione della defezione, ovverosia l’astensione al ballottaggio o la
scheda bianca;
d-infine agli elettori che hanno
scelto già al primo turno una forma di defezione (astensione, scheda
bianca o nulla) resta aperta la possibilità di replicare la defezione o
di effettuare una scelta al secondo turno.
4-Conclusioni
Il
sistema selettivo a due turni incanala, con una“spintarella” un po’
forzata, il consenso elettorale verso uno sbocco alternativo tra due
schieramenti grazie alla sua architettura di scelta; in tal modo
sacrifica un’opzione elettorale più diversificata, peraltro garantita
dal primo turno proporzionale, a favore della selezione per la
governabilità e la stabilità del sistema, in sintonia con la filosofia
politica popperiana.
Brescia, settembre 2013 Giuseppe Belleri
Bibliografia a richiesta: bllgpp@gmail.com
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