La
demonizzazione dell'Italicum, in nome di un suo presunto carattere
anti-democratico e anti-costituzionale, parte dalla negazione della
realtà, dalla cancellazione dei fatti, dall'amnesia delle vicende
giuridiche: tutto si confonde si appiattisce nel medesimo giudizio
negativo, il prima uguale al dopo, in una valutazione indistinta, in
un appiattimento cognitivo che nega le differenze empiriche, i
cambiamenti fattuali, l'evoluzione delle cose. Ovviamente il
cambiamento non è sinonimo di miglioramento, ma è difficile negare
l'evidenza, ovvero che l'oggetto è cambiato e non certo in modo
spontaneo, ma per le “istruzioni” impartite da un organo super
partes come la Consulta.
L’Italicum non è certo la migliore delle leggi
elettorali possibili, non essendo priva di limiti e imperfezioni
varie. Tuttavia leggendo certe critiche sembra quasi che sia stata
preceduta da una legge bellissima e priva di ogni difetto, e non
invece della Porcata bocciata dalla consulta per il fatto di:
1-attribuire in un turno unico la maggioranza dei
seggi anche ad un partito o coalizione con percentuali di voti ben
lontane dal 50%, come nel 2013, e in teorie pure inferiori al 20%
delle schede valide;
2-grazie ad un premio di maggioranza smisurato e
virtualmente illimitato, quindi smodatamente distorsivo del principio
della rappresentanza proporzionale.
A queste due macroscopiche storture ha posto
rimedio l’Italicum, con la ragionevole soglia minima per un premio
limitato (altro che “smisurato”) e il ballottaggio “eventuale”;
è buffo, ma per i suoi critici la correzione di queste due anomalie
pare abbia addirittura aggravato la situazione, tanto da dipingere
l’Italiucm come foriero di una soprendente “distorsione
gravissima della rappresentanza” perfino peggiore del Porcellum, il
che è tutto dire e sintomo di una scotomizzazione amnesia del
recente passato.
Quanto al rischio che gli elettori eleggano
indirettamente, grazie ai due turni e al premio di maggioranza, il
capo del governo, non è ciò che accade di routine in nazioni come
il Regno Unito, noto sistema politico totalitario e liberticida?
Laddove il leader del partito vincitore diviene automaticamente
premier, talvolta con consensi attorno al 30%, grazie al più
disproporzionale e distorsivo dei sistemi elettorali, ovvero
l’uninominale maggioritario a turno unico. Un’autentica dittatura
da maggioranza “garantita”, che fa rigirare nel loculo da quasi
due secoli il visconte Alexis de Tocqueville.
Per non parlare delle presidenziali in USA o in
Francia; l’elezione del presidente francese si abbina di norma ad
una maggioranza parlamentare a suo favore, talvolta di entità
bulgara, grazie al doppio turno maggioritario, senza che nessuno se
ne scandalizzi o gridi alla dittatura. Quanto
alle virtù salvifiche, per la rappresentatività democratica,
dell'uninominale maggioritario, propugnato da alcuni ricorrenti
anti-Italicum, giova ricordare che
-
in Francia il ballottaggio nei collegi ha garantito al presidente neo-eletto maggioranze parlamentare bulgare, anche dell'80%;
- in GB all'opposto il collegio uninominale a turno unico ha propiziato in passato a Tony Blair una solida maggioranza assoluta dei seggi con il solo 35% dei consensi raccolti nelle urne, mentre nelle ultime elezioni i liberaldemocratici con il 12,6% di voti hanno avuto un solo rappresentante.
Qual'è
quindi il sistema elettorale più antidemocratico? Quale invece tutela
meglio la rappresentanza democratica?
Il rischio che un partito con consensi minoritari
in valore assoluto si aggiudichi la maggioranza degli eletti è
comune a tutti i sistemi elettorali, ma è più accentuato in quelli
maggioritari, perché dipende da quanti cittadini decidono di
disertare le urne più che dalle modalità di elezione dei loro
rappresentanti. Basta considerare le lezioni presidenziali della
culla della democrazia, ovvero gli USA, dove Obama nel 2012 è stato
eletto con poco più del 50%, cioè grazie ad un pugno di voti in più
del suo avversario, a fronte di un’affluenza al voto del solo 49%.
In sostanza è diventato presidente con meno del 25% dei voti
complessivi e nessuno si è stracciato le vesti.
La necessità di una soglia minima di voti
a garanzia della validità del voto attiene ad ogni elezione, sia a
doppio turno che singolo; il mancato raggiungimento del 50% di
votanti costituisce un problema generale e trasversale ai diversi
sistemi elettorali, che testimonia la disaffezione dei cittadini per
la democrazia rappresentativa e non certo la “bontà” o
illegittimità di una legge elettorale. Lo si potrebbe risolvere solo
con l’invalidazione delle elezioni, come accade con i referendum
abrogativi che non superano il 50% di affluenza ai seggi, ma a prezzo
della ripetizione delle votazioni anche più volte, magari restando
per un bel po’ senza governo. Ma ce la vedete la democrazia USA che replica le
elezioni presidenziali perché le schede sono risultate inferiori al
50% degli aventi diritto, magari solo per un pugno di votanti in
meno?
La garanzia di una maggiore governabilità deriva
non tanto dal doppio turno, ma bensì dall’attribuzione del
(limitato) premio di maggioranza alla lista invece che alla
coalizione, come prevedeva il Porcellum, che non a caso ha prodotto
maggioranze tanto composite quanto litigiose e fragili. Ben diverso è
stato negli ultimi 20 anni l’esito delle elezioni comunali in
quanto a governabilità, anche se tra doppio turno delle elezioni
locali e quello introdotto dall'Italicum su scala nazionale vi è
solo un’analogia di fondo.
E'
banale e risaputo, ma la realtà è fatta di toni di grigio e di
gamme cromatiche e non di un bianco-o-nero manicheo o, peggio ancora,
della stessa cupa luminosità in cui, come diceva il filosofo, tutti
i bovini appaiono ugualmente neri. Le sfumature di grigio si
applicano anche al problema della governabilità: se non è garantito
che il premio alla lista assicuri la stabilità dell'esecutivo, di
certo il premio ad una coalizione frammentata e composita incentiva i
comportamenti opportunistici dei partitini, a mo del famoso Ghino di
Tacco, con elevato rischio di litigiosità e instabilità, come
dimostra la vicenda dell'Ulivo e la caduta di Prodi per mano dei
rifondatori.
CONCLUSIONI.
Con l'Italicum si è perlomeno ottemperato alla Sentenza di
bocciatura del Porcellum, che era incostituzionale per i due ordini
di motivi, ben noti: (i) un premio di maggioranza virtualmente
illimitato e quindi distorsivo della rappresentanza (ii) in quanto
attribuito senza una ragionevole soglia percentuale minima di voti.
Il nuovo sistema elettorale ha posto rimedio a questi due gravi
difetti e quindi è ritornato nell'alveo della Costituzione, a
differenza del Porcellum. Si tratta di fatti incontrovertibili a
dimostrazione autoevidente del cambiamento, della differenza tra
Porcellum ed Italicum, che può non piacere per altri motivi, ma è un dato di realtà
verso il quale le polemiche faziose si infrangono come le onde sugli
scogli.
Quindi
non servono affatto strane giustificazioni per tentare di
imbellettare una legge “altrettanto pessima” del Porcellum, ma
solo la sottolineatura della differenza tra il prima di una porcata
incostituzionale ed il dopo di una riforma elettorale in linea con i
“paletti” piantati dalla Consulta, seppure non certo perfetta e
quindi perfettibile. Dunque le differenze tra le due leggi esistono eccome,
sono comprensibili anche per un ragazzino, posto che le si voglia
vedere con un minimo di onestà intellettuale, e solo da una
posizione di parte si potrebbe far finta di nulla, accomunando nel
medesimo giudizio negativo leggi ben distinte, se non altro per i due
profili di incostituzionalità del Porcellum.
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