domenica 29 maggio 2016

Bersani e Pellegrino alla testa dell'armata anti-Italicum

Sarebbe come se, alla vigilia del trasloco dopo tutte le ordinarie traversie con idraulici, falegnami, piastrellisti, elettricisti etc..., lui o lei decidessero che il progetto dell'appartamento non va più bene, e si deve tornare dall'architetto per una nuova pianta, da presentare in comune per l'iter burocratico e poi riconvocare l'impresa e la squadra di muratori per rifare tutto da capo. Ma non ci si poteva pensare prima del trasloco a spostare una tramezza, fare un secondo bagno, allargare le finestre e mettere altre piastrelle?

A questa situazione porterebbe la richiesta di revisione dell'Italicum che l'onorevole Bersani avanza insistentemente da settimane, giusto alla vigilia della sua entrata in vigore nel prossimo luglio. Posizione politica a dir poco surreale ma peraltro nemmeno tanto condivisa dal resto della minoranza PD: non s'è mai visto cambiare una legge prima ancora della sua entrata in vigore, dell'applicazione e di aver verificato i suoi effetti pratici e gli eventuali difetti, impegnandosi in un iter complicato, incerto e rischiosissimo, visto che non esiste un comune minimo denominatore tra le forze Politiche di maggioranza e men che meno qualsiasi intesa con quelle di opposizione. Per una revisione della legge elettorale servirebbero mesi e mesi, se non anni, di estenuanti discussioni, tira e molla, trattative infinite, meline e ammuine d'ogni sorta da parte di oppositori interni ed esterni. La proposta bersaniana appare astratta, contro ogni logica, buon senso e razionalità, specie in una fase così delicata come quella attuale, dominata dalla campagna per il referendum costituzionale dell'autunno e con tante altre riforme in gestazione da anni o in fase di licenziamento, come quella sul processo penale e la revisione della prescrizione.

Senza scomodare la classica distinzione tra etica delle (buone) intenzioni a priori ed etica della responsabilità per i risultati pratici (a posteriori), basta fare riferimento all'attualità per rendersi conto che ogni riforma richiede una verifica empirica dei suoi effetti pratici prima di immaginare delle modifiche o delle correzioni migliorative. L'esempio dei voucher per il lavoro occasionale è eclatante: nati come tentativo di fare emergere e mettere un po' di ordine nel lavoro occasionale, sono stati distorti e stravolti dall'ecologia del mercato del lavoro, fino a diventare un comodo strumento di copertura per il lavoro nero part-time, per un precariato di ritorno dopo il venir meno degli incentivi fiscali e un espediente per dare veste legale ad infortunio sul lavoro del lavoratore in nero. Un classico esempio degli effetti perversi di una riforma pensata con le migliori intenzioni e stravolta dall'eterogenesi dei fini nel suo impatto con la realtà di fatto, nel segno del tradizionale "fatta la legge trovato l'inganno". Ora, a quanto pare, il governo sembra intenzionato a correre finalmente ai ripari correggendo le storture più eclatanti emerse nell'applicazione sul campo delle norme sui voucher, peraltro denunciate fin dal novembre 2015 da un servizio di Report, evidentemente ignorato dal ministero del lavoro.

La proposta alternativa bersaniana - il ritorno ai collegi uninominali in stile mattarellum - appare bizzarra tenendo conto della distribuzione geografica dei consensi a macchia di leopardo e del rischio di uscire dal II° turno senza una vera maggioranza, come hanno già dimostrato le simulazioni. E poi dall'alto Adige alle prossime elezioni amministrative l'unica formula per garantire una vera governabilità, in presenza di un'estrema frammentazione dell'offerta elettorale, è quella del ballottaggio con premio di maggioranza alla lista. Per non parlare della Spagna, che torna alle urne dopo sei mesi di paralisi e con il rischio di un esito elettorale fotocopia di quello precedente, per via del sistema proporzionale senza doppio turno. Ma il lato più misterioso del discorso di Bersani è la distinzione tra ballottaggio o doppio turno, su cui forse si potranno esercitare i migliori azzeccagarbugli presenti sulla scena politica.

A dar informalmente manforte all'ex segretario PD arrivano le proposte di modifica dell'Italicum avanzate dall'avvocato Pellegrino ( http://www.huffingtonpost.it/gianluigipellegrinogianluigi-pellegrino-/renzi-modifiche-italicum_b_10164314.html?utm_hp_ref=italy ) peraltro piuttosto deboli e con pochissima probabilità di successo, essendo di scarso interesse per i partiti di centro e per il resto dell'opposizione, interessati più che altro ad ottenere il premio di maggioranza per la coalizione invece che alla singola lista. L'avvocato romano critica prima di tutto il premio di maggioranza previsto al I° turno in caso di consensi alla lista superiori al 40%, giudicato eccessivo. A tal proposito due sono le considerazioni:
  • anche nei sistemi proporzionali chi prevale con consensi superiori al 40% gode di una "fisiologico" premio di maggioranza, per via dei resti, che può anche arrivare al 5% dei seggi;
  • sull'entità del premio sarà la consulta a giudicare se la soglia minima del 40%, che fa scattare al primo turno il "bonus" di seggi maggioritari, sia più o meno "ragionevole", in sintonia con la motivazione della sentenza di bocciatura del Porcellum del 2014, dichiarato anticostituzionale proprio in quanto privo di qualsiasi soglia iminima di "ragionevolezza"; tant'è che il PD grazie alla grande porcata ha ottenuto alle elezioni del 2013 la maggioranza assoluta della camera avendo di poco superato l'"irragionevole" soglia del 25% dei voti (di cui evidentemente Pellegrino s'è scordato e che rende, tutto sommato, ragionevole quella dell'Italicum, anche se personalmente avrei optato per il 45%).
La seconda critica del Pellegrino all'Italicum riguarda "il mix nominati e appiccicose preferenze, quanto di peggio abbiamo sperimentato nei vari sistemi elettorali".  Di nuovo l'avvocato romano cade preda dell'oblio dal momento che sembra avere cancellato una delle maggiori storture del Porcellum, finite sotto la scure della famosa sentenza della Consulta nel 2014. Vale a dire il 100% di nominati tramite le liste bloccate della grande Porcata che l'Italicum ha dimezzato, grazie ad un buon equilibrio tra candidato "preferenziato" e capolista bloccato.

La proposta alternativa dell'avvocato romano è quella di "rimpicciolire i collegi per giungere a collegi "uni" o "binominali" (magari uomo donna) in modo che la governabilità è sempre garantita ma la qualità degli eletti" e il rapporto con il territorio sia preservato. Come se nel collegio uni o binominale non venissero designati candidati graditi ai vertici di partito, di fatto analoghi a quelli "bloccati" del Porcellum, e in quanto tali sottratti alla scelta diretta dell'elettore tramite la preferenza. Non esiste un sistema di designazione dell'eletto semplice, privo di difetti, vantaggi e svantaggi, pro e contro: come ha scritto H.L. Mencken "C'è sempre una soluzione facile per ogni problema - bella, plausibile e sbagliata". Le modalità introdotte dall'Italicum hanno entrambe pregi e limiti, che si controbilanciano e si compensano.

Ad ogni buon conto le preoccupazioni di Pellerino circa l'esorbitante premio di maggioranza del I° turno appaiono eccessive e sfasate rispetto alla realtà: in un panorama elettorale dominato da astensionismo e sfiducia nella politica, volatilità e "liquidità" delle preferenze, tramonto delle appartenenze ideologiche e conseguente frammentazione in tre o quattro poli resta altamente improbabile che un solo partito superi il 40%. Per non parlare delle elezioni amministrative regionali, che in diversi casi hanno visto prevalere partiti o coalizioni con consensi poco superiori al 30%, come in Liguria nel 2015, senza che nessuno se ne sia scandalizzato o abbia fatto ricorso alla consulta, come invece sarebbe doveroso per via di una soglia inesistente, del tutto irragionevole e distorsiva della rappresentaznza democratica.

Nessun commento:

Posta un commento