Superati
gli scogli della Camera, non senza qualche affanno, continua la navigazione
parlamentare dell’Italicum, rimasto fermo per fare largo alla Riforma
istituzionale. La rotta al Senato non sarà certo agevole poiché tentativi di arrembaggio
o sabotaggio sono sempre possibili, complice un mare politico sempre agitato se
non burrascoso. I numeri risicati della maggioranza potrebbero rinvigorire gli
oppositori, interni ed esteri al patto del Nazareno, che vorrebbero azzoppare o
addirittura far naufragare una riforma ancora precaria. La lobby trasversale
dei proporzionalisti e dei nostalgici della prima repubblica potrebbe venire
allo scoperto e tentare qualche sortita, in uno dei prossimi passaggi
parlamentari, per invertire la rotta della navigazione dell’Italicum.
Tuttavia
l’esito delle elezioni europee ha ridimensionato gli aficionados del Porcellum
che osteggiano il cambiamento e vorrebbero rimettere in discussione l'impianto
della legge varata dalla Camera. L'Italicum ha notevoli limiti ed imperfezioni ma rispetto
al Porcellum è una riforma epocale, perchè per la prima volta introduce il
doppio turno a livello nazionale, formula che nelle elezioni comunali e
provinciali ha dimostrato di essere l'unico sistema efficace e valido per
garantire governabilità ed ampia rappresentatività democratica.
La
gente da tempo si chiede (ingenuamente) per quale ragione non si applica anche
per palazzo Chigi il modello municipale, quel sindaco d’Italia più volte
evocato dal presidente del Consiglio. Alla fine l’elettorato ha premiato il partito che da 15 anni persegue
una chiara prospettiva riformatrice: restituire agli elettori il
"potere" di designare con il proprio voto un chiaro vincitore e un
perdente, grazie al premio di maggioranza e soprattutto al ballottaggio, in una
logica maggioritaria e di alternanza.
Ogni
altra formula cela solo la difesa di interessi di parte a scapito di quelli
generali e sistemici. L'obiettivo
di avances, negoziazioni o patti più o meno palesi tra forze politiche è sempre
lo stesso: manipolare le regole elettorali in modo che sui partiti concorrenti gravi la massima incertezza e conservare per
se i più ampi margini di manovra, cioè al riparo dalla stessa incertezza.
Quali
riflessi pratici può avere l’esito delle europee sul cammino delle riforme? Già
in campagna elettorale Berlusconi aveva tentato di depotenziare l'Italicum,
mettendo in discussione proprio il doppio turno. Visto l’esito delle elezioni
europee ha ripetutamente garantito lealtà al patto del Nazereno. FI ha sempre
mal digerito il doppio turno, ma oggi potrebbe fare buon viso proprio per il
cambiamento dello scenario elettorale, e magari accettare alcune correzioni
dell’Italicum, prima di tutto l’innalzamento della soglia per la conquista del premio di maggioranza.
Il
motivo è semplice e intuibile: con una soglia bassa come quella del testo
licenziato dalla Camera (37%) il centrodestra verrebbe surclassato da un PD
dato dai sondaggi saldamente sopra il 40%. Ma anche nell’ipotesi che Renzi non
superasse il fatidico 37% al primo turno un centrodestra diviso, frammentato e
non certo con il vento in poppa rischierebbe di essere superato dai
pentastellati alla prima tornata di voto. Una volta tanto le convenienze
contingenti e di parte, invece che remare contro una soluzione razionale come
il doppio turno, potrebbero dare impulso alla legge e favorire addirittura un
miglioramento dell’attuale assetto dell’Italicum.
Dopo
il risultato delle Europee la riforma elettorale licenziata dalla Camera
potrebbe imboccare due rotte divergenti:
•
ritornare sul binario del proporzionale
di un'improbabile neo-Porcellum rivisto dopo la bocciatura della Corte
Costituzionale, come desiderano tutti i proporzionalisti annidati in ogni
schieramento (il cosiddetto Consultellum) o all'opposto;
•
prendere decisamente il largo per la rotta
bipolare con l'innalzamento della soglia per
il premio di maggioranza al 40-45%, come da più parti richiesto, anche
per superare i limiti della versione licenziata dalla Camera ed evitare gli
scogli di un nuovo pronunciamento della Consulta.
Paradossalmente
questa modifica potrebbe convenire proprio a FI per impedire al PD di trionfare
al I turno e costringere il suo candidato premier al ballottaggio. Sarebbe
inoltre un modo per Renzi di dimostrarsi veramente superiore ad ogni
convenienza ed opportunismo partitico: correggendo l'aspetto più critico
dell'Italicum, ovvero una soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza
così bassa da rischiare la censura della Consulta, approverebbe una legge
contraria al proprio interesse personale contingente.
Anche
gli altri nodi problematici dell’Italicum (soglie di sbarramento e assenza di
preferenze) potrebbero essere sciolti grazie ai nuovi rapporti di forza usciti
dalle elezioni Europee. Le attuali soglie minime per l'accesso al parlamento,
da più parti criticate, sono troppo diversificate e penalizzanti per le forze
minori. Una loro semplificazione potrebbe incontrare il favore di molti partiti
e migliorare il tasso di inclusione democratica, mentre per le preferenze un
ragionevole compromesso è alla portata: elezione certa per il capolista
“bloccato” e doppia preferenze di genere per gli altri candidati in lista.
Con
questi cambiamenti Renzi dimostrerebbe di non piegare le regole del gioco
elettorale agli interessi di bottega e all’opportunismo di partito, dimostrando
un profilo da statista che nessuno ha mai raggiunto negli ultimi decenni. Se
dovessero passare queste modifiche avremo finalmente quella svolta
riformatrice, attesa dalla caduta della prima repubblica, mai realizzata per la
prevalenza degli interesse particolari e la paralisi da veti incrociati e tornaconto particolare, rispetto ad un
sistema elettorale moderno ed efficace.
Chi
si oppone a questo disegno persegue solo lo sfascio e il tanto peggio, e da oggi
è anche in minoranza rispetto al comune sentire della maggioranza degli
italiani. Una volta tanto tuttavia l’interesse di parte e le convenienze
politiche contingenti sembrano remare a favore di un cambiamento positivo
all’insegna del bipolarismo e dell’alternanza politica, per una maggioranza
stabile e una minoranza che controlla il suo operato, obiettivi istituzionali e
ne' di destra e ne' di sinistra.
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