lunedì 20 ottobre 2014

Cosa va cercando Matteo Renzi?




Superati gli scogli della Camera continua la navigazione parlamentare dell’Italicum. La rotta al Senato non sarà certo agevole poiché tentativi di arrembaggio o sabotaggio sono sempre possibili, complice un mare politico sempre agitato, numeri risicati della maggioranza e la lobby trasversale dei proporzionalisti nostalgici della prima repubblica.  Come se non bastassero le perduranti tensioni tra le forze politiche, arrivano le dichiarazioni di Matteo Renzi alla direzione PD, che altera l’equilibrio della riforma con la proposta di spostare il premio di maggioranza dalla coalizione alla lista.

Proposte riformatrici, scambi negoziali, trattive o patti più o meno palesi tra forze politiche nascondono l’intento di manipolare le regole elettorali per raggiungere due obiettivi complementari, secondo il modello di gestione strategica dell’incertezza proposto da Crozier:

  • aumentare l’incertezza dell’esito elettorale per le formazioni politiche concorrenti, sia all’interno della propria coalizione sia tra gli avversari
  • conservando invece per se i più ampi margini di manovra, cioè mettendo al riparo la propria parte politica dalla medesima incertezza.

 Ad esempio nella fase di gestazione dell’Italicum il nodo più problematico era la definizione della soglia minima per l’attribuzione del premio di maggioranza per evitare il II turno, elemento di grande incertezza per il Cavaliere in relazione alla difficoltà di mobilitazione del proprio elettorato. Essendo il centrodestra fortemente contrario al ballottaggio aveva fatto di tutto per ottenere una soglia bassa ed abbordabile, ad esempio il 35% o meno, onde evitare il ritorno alla cabina elettorale.

In campagna elettorale Berlusconi aveva nuovamente tentato di depotenziare l'Italicum, sempre per rimettere in discussione il doppio turno. Visto l’esito delle Europee ha ripetutamente garantito lealtà al patto del Nazereno ed ora potrebbe fare buon viso a cattivo gioco, accettando l’innalzamento della  soglia per la conquista del  premio di maggioranza che nei mesi precedenti avrebbe invece voluto abbassare.

Il motivo di questa inversione di rotta è intuibile: con una soglia bassa come quella del testo licenziato dalla Camera (37%) il centrodestra verrebbe surclassato da un PD dato dai sondaggi saldamente sopra il 40%. FI ha sempre mal digerito il doppio turno, ma oggi paradossalmente l'innalzamento della soglia per il premio di maggioranza potrebbe convenire proprio al cavaliere per impedire al PD di trionfare al I turno e costringere il suo candidato premier al ballottaggio.

In questo contesto negoziale sempre instabile si inserisce l’idea renziana di attribuire il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. Difficile pensare che la sortita del segretario PD non sia stata in qualche misura concordata con l'altro contraente del patto del Nazareno, visto che mette in discussione le basi dell patto stesso e l'equilibrio raggiunto con il testo licenziato dalla camera.

La proposte di attribuire il premio di maggioranza alla lista e non alle coalizioni mira a spostare gli equilibri interno ai due schieramenti più che quelli tra i due maggiori contendenti. Vediamo in dettaglio le possibili conseguenze della dirompente proposta renziana.

Il PD prenderebbe i classici due piccioni con l’unico legume: taglierebbe definitivamente i ponti con SEL, depotenziando il teorico contributo della sinistra radicale alla vittoria elettorale e attirando definitivamente a se sia la minoranza anti-vendoliana sia quel che resta di Scelta Civica, come peraltro ammesso esplicitamente dallo stesso Renzi in direzione. La pur risicata percentuale elettorale di SEL rappresenta pur sempre una incertezza per la vittoria del premier che Vendola potrebbe usare strategicamente a proprio vantaggio nell’ipotesi di trattativa per una coalizione elettorale. Per di più verrebbero automaticamente squalificate sul nascere tutte le velleità della minoranza civatiana di riaggregare, con Sel e la sinistra sindacale, una forza politica radicale di sinistra alternativa al PD stesso.

Per FI valgono obiettivi speculari nell’area di centrodestra. Se dovesse passare la proposta renziana il ritorno all’ovile dei transfughi alfaniani troverebbe nuovo impulso, prosciugando di fatto il fragile equilibrio interno ad NCD. Ma anche la potenziale aggregazione tra Lega e Fratelli d’Italia, alternativa a FI, potrebbe avere non pochi problemi ad emergere se Salvini e Meloni decidessero di proseguire sulla propria strada a prescindere da un accordo con il Cavaliere. In sostanza per Berlusconi sarebbe l’ultima occasione per radunare sotto le sue ali le anime disperse del centrodestra. Un’operazione comunque ad alto rischio, visti i rapporti non certo idilliaci tra Alfano e Salvini.

Per i pentastellati invece la proposta di Renzi potrebbe essere indifferente, visto che hanno ricusato ogni ipotesi di alleanza, se non vantaggiosa, specie in presenza di un centrodestra frammentato e litigioso che garantirebbe ai grillini il quasi certo passaggio al II turno elettorale in antagonismo diretto con il PD.

Di sicuro la sortita del segretario PD provocherà la coalizione ostile delle forze minori, a rischio di estinzione e perciò disposte ad una lotta all’ultima barricata pur di impedire la modifica dell’Italicum in senso iper-maggioritario. A meno che il nuovo patto del Nazareno non preveda una sostanziosa riduzione delle soglie di sbarramento, ad esempio al 2-3% per tutti rispetto alle attuali soglie inarrivabili dell’Italicum, in modo da garantire a tutti perlomeno la sopravvivenza (le soglie elevate rappresentano per i piccoli partiti il massimo dell’incertezza).

Le prime reazioni dei partiti minori sono di questo tenore – un esponente di SEL ha definito “Sovieticum” la proposta renziana – mentre è giunto abbastanza inatteso il placet di NCD, condizionato dalla revisione al ribasso delle soglie di sbarramento. Dopo una l’inziale contrarietà dei suoi colonnelli anche l’ex Cavaliere ha manifestato una certa disponibilità , subordinata al varo della riforma del Senato in modo da prolungare la Legislatura il più possibile per tentare un recupero di consensi, mentre la calendarizzazione dell’Italicum al senato è ancora incerta.

Difficile comunque immaginare che il disegno renziano, palesemente a misura di PD, possa andare in porto senza provocare reazioni ed accese opposizioni in parlamento.

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