Superati
gli scogli della Camera continua la navigazione parlamentare dell’Italicum. La rotta
al Senato non sarà certo agevole poiché tentativi di arrembaggio o sabotaggio
sono sempre possibili, complice un mare politico sempre agitato, numeri
risicati della maggioranza e la lobby trasversale dei proporzionalisti nostalgici
della prima repubblica. Come se non
bastassero le perduranti tensioni tra le forze politiche, arrivano le
dichiarazioni di Matteo Renzi alla direzione PD, che altera l’equilibrio della
riforma con la proposta di spostare il premio di maggioranza dalla coalizione
alla lista.
Proposte
riformatrici, scambi negoziali, trattive o patti più o meno palesi tra forze
politiche nascondono l’intento di manipolare le regole elettorali per raggiungere
due obiettivi complementari, secondo il modello di gestione strategica
dell’incertezza proposto da Crozier:
- aumentare l’incertezza dell’esito elettorale per le formazioni politiche concorrenti, sia all’interno della propria coalizione sia tra gli avversari
- conservando invece per se i più ampi margini di manovra, cioè mettendo al riparo la propria parte politica dalla medesima incertezza.
Ad
esempio nella fase di gestazione dell’Italicum il nodo più problematico era la
definizione della soglia minima per l’attribuzione del premio di maggioranza
per evitare il II turno, elemento di grande incertezza per il Cavaliere in
relazione alla difficoltà di mobilitazione del proprio elettorato. Essendo il
centrodestra fortemente contrario al ballottaggio aveva fatto di tutto per
ottenere una soglia bassa ed abbordabile, ad esempio il 35% o meno, onde
evitare il ritorno alla cabina elettorale.
In
campagna elettorale Berlusconi aveva nuovamente tentato di depotenziare
l'Italicum, sempre per rimettere in discussione il doppio turno. Visto l’esito
delle Europee ha ripetutamente garantito lealtà al patto del Nazereno ed ora potrebbe
fare buon viso a cattivo gioco, accettando l’innalzamento della soglia per la conquista del premio di maggioranza che nei mesi precedenti
avrebbe invece voluto abbassare.
Il
motivo di questa inversione di rotta è intuibile: con una soglia bassa come
quella del testo licenziato dalla Camera (37%) il centrodestra verrebbe
surclassato da un PD dato dai sondaggi saldamente sopra il 40%. FI ha sempre
mal digerito il doppio turno, ma oggi paradossalmente l'innalzamento della
soglia per il premio di maggioranza potrebbe convenire proprio al cavaliere per
impedire al PD di trionfare al I turno e costringere il suo candidato premier
al ballottaggio.
In
questo contesto negoziale sempre instabile si inserisce l’idea renziana di
attribuire il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. Difficile
pensare che la sortita del segretario PD non sia stata in qualche misura
concordata con l'altro contraente del patto del Nazareno, visto che mette in discussione
le basi dell patto stesso e l'equilibrio raggiunto con il testo licenziato
dalla camera.
La
proposte di attribuire il premio di maggioranza alla lista e non alle coalizioni
mira a spostare gli equilibri interno ai due schieramenti più che quelli tra i
due maggiori contendenti. Vediamo in dettaglio le possibili conseguenze della
dirompente proposta renziana.
Il
PD prenderebbe i classici due piccioni con l’unico legume: taglierebbe
definitivamente i ponti con SEL, depotenziando il teorico contributo della
sinistra radicale alla vittoria elettorale e attirando definitivamente a se sia
la minoranza anti-vendoliana sia quel che resta di Scelta Civica, come peraltro
ammesso esplicitamente dallo stesso Renzi in direzione. La pur risicata
percentuale elettorale di SEL rappresenta pur sempre una incertezza per la
vittoria del premier che Vendola potrebbe usare strategicamente a proprio
vantaggio nell’ipotesi di trattativa per una coalizione elettorale. Per di più
verrebbero automaticamente squalificate sul nascere tutte le velleità della
minoranza civatiana di riaggregare, con Sel e la sinistra sindacale, una forza
politica radicale di sinistra alternativa al PD stesso.
Per
FI valgono obiettivi speculari nell’area di centrodestra. Se dovesse passare la
proposta renziana il ritorno all’ovile dei transfughi alfaniani troverebbe
nuovo impulso, prosciugando di fatto il fragile equilibrio interno ad NCD. Ma
anche la potenziale aggregazione tra Lega e Fratelli d’Italia, alternativa a
FI, potrebbe avere non pochi problemi ad emergere se Salvini e Meloni decidessero
di proseguire sulla propria strada a prescindere da un accordo con il Cavaliere.
In sostanza per Berlusconi sarebbe l’ultima occasione per radunare sotto le sue
ali le anime disperse del centrodestra. Un’operazione comunque ad alto rischio,
visti i rapporti non certo idilliaci tra Alfano e Salvini.
Per
i pentastellati invece la proposta di Renzi potrebbe essere indifferente, visto
che hanno ricusato ogni ipotesi di alleanza, se non vantaggiosa, specie in
presenza di un centrodestra frammentato e litigioso che garantirebbe ai
grillini il quasi certo passaggio al II turno elettorale in antagonismo diretto
con il PD.
Di
sicuro la sortita del segretario PD provocherà la coalizione ostile delle forze
minori, a rischio di estinzione e perciò disposte ad una lotta all’ultima
barricata pur di impedire la modifica dell’Italicum in senso
iper-maggioritario. A meno che il nuovo patto del Nazareno non preveda una
sostanziosa riduzione delle soglie di sbarramento, ad esempio al 2-3% per tutti
rispetto alle attuali soglie inarrivabili dell’Italicum, in modo da garantire a
tutti perlomeno la sopravvivenza (le soglie elevate rappresentano per i piccoli
partiti il massimo dell’incertezza).
Le
prime reazioni dei partiti minori sono di questo tenore – un esponente di SEL
ha definito “Sovieticum” la proposta renziana – mentre è giunto abbastanza
inatteso il placet di NCD, condizionato dalla revisione al ribasso delle soglie
di sbarramento. Dopo una l’inziale contrarietà dei suoi colonnelli anche l’ex
Cavaliere ha manifestato una certa disponibilità , subordinata al varo della
riforma del Senato in modo da prolungare la Legislatura il più possibile per
tentare un recupero di consensi, mentre la calendarizzazione dell’Italicum al
senato è ancora incerta.
Difficile
comunque immaginare che il disegno renziano, palesemente a misura di PD, possa
andare in porto senza provocare reazioni ed accese opposizioni in parlamento.
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