lunedì 27 aprile 2015

Per un pugno di capolisti bloccati in meno.....

La questione del voto di fiducia sull'Italicum sta prevalendo sui contenuti della legge, innescando un'escalation conflittuale ed una drammatizzazione dei toni controproducente: lo scivolamento del dibattito attorno alle relazioni tra correnti del PD, oltre ad essere un errore politico-mediatico, indebolisce la buone ragioni che la legge può portare al cambiamento del sistema politico.  E' incredibile che si sia arrivati a questa contrapposizioni dentro il PD e tra governo ed opposizione per una minore quota di capolisti bloccati e per la possibilità di apparentamenti al II° turno, con il rischio in caso di voto di fiducia di far saltare il governo!  Entrambi gli emendamenti, tra l'altro, sono ininfluenti sull'impianto generale della legge, in particolare la possibilità di apparentamento, che invece costituisce un rischio di ritorno al passato. Vediamo perchè.

Si dice che il capolista bloccato deve la propria elezione al capo partito e quindi dovrà seguire fedelmente le sue indicazioni per riconoscenza, pena il rischio di non essere ricandidato alle successive elezioni. Se quindi il parlamentare nominato è più affidabile e ligio ai voleri del proprio gruppo dirigente il fatto che la legge ne preveda di meno potrebbe avere due conseguenze: ridurre la coesione della maggioranza di governo, visto che gli eletti con le preferenze forti del proprio pacchetto di voti sono più liberi da vincoli di partito, mentre per l’opposizione la minore fedeltà verso il capo potrebbe incentivare il tipico trasformismo dei nostri politici, sempre pronti a trasmigrare per convenienza da un gruppo parlamentare all’altro. In entrambi i casi un minore numero di “nominati” a favore dei “preferenziati” potrebbe portare a maggiore instabilità in entrambi gli schieramenti.

Per quanto riguarda I’apparentamento i partiti minori si potrebbero tranquillamente aggregare fin dal I° turno elettorale in una lista unica nazionale, com’è accaduto più volte in passato.  E’ questo l'esito più probabile per quanto riguarda il centrodestra, una volta defenestrato il cavaliere, proprio per avere la sicurezza di accedere al II° turno superando il M5S. L’aggregazione al primo turno in un’alleanza allargata a più formazioni politiche è tuttavia sempre a rischio di disgregazione, specie in caso di sconfitta elettorale, come è accaduto alle ultime elezioni con l’immediata separazione, all’indomani del voto, tra PD e SEL al momento dell’insediamento del governo di larghe intese. Se invece i partiti minori avessero la possibilità di apparentarsi al ballottaggio certamente farebbero pesare il loro contributo elettorale dopo la prima tornata, facendo leva sulla tradizionale arma di "ricatto" del pacchetto di voti indispensabile per conquistare la maggioranza al ballottaggio! Si riproporrebbero di fatto, le trattative tra le varie forze politiche, per la distribuzione di posti di governo e di sotto-governo, con la sequela di veti incrociati, mercanteggiamenti, do ut des, manuali Cencelli e piccoli ricatti pur di ottenere il massimo di visibilità e di potere per le formazioni minori, indispensabili per la vittoria della coalizione al turno di ballottaggio. 

Insomma a decidere sarebbero per l’ennesima volta le burocrazie dei partiti in stile prima Repubblica, nei i loro conciliaboli spartitori, e non gli elettori con il loro voto a favore di uno dei due contendenti al II° turno, elemento chiave dell’Italicum ed obiettivo storico del centrosinistra, per decenni respinto da tutte le altre forze politiche. Un film già visto e rivisto negli ultimi decenni, a partire dai governi di centrosinistra degli anni settanta e fino al disastroso esempio dell’ammucchiata di partiti a sostegno del II° governo Prodi, che proprio la logica del doppio turno per l’alternanza vorrebbe superare definitivamente.



Il combinato disposto delle due modifiche all’Italicum avrebbe come effetto il depotenziamento della governabilità e della chiarezza della doppia scelta elettorale, senza mettere al riparo il sistema politico dai paventati rischi per la democrazia, in primo luogo correlati all’elezione di secondo livello del Senato. E’ sulla riforma istituzionale che le varie opposizioni, interne ed esterne al PD, dovrebbero concentrare gli sforzi di modifica e miglioramento, ad esempio innalzando tutte le percentuali per l’elezione degli organi di garanzia sul modello della soglia del 60% per l’elezione del presidente della Repubblica.
 

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