Il dibattito
sui risultati delle regionali è stato monopolizzato dalla perdita di 2 milioni e
passa di voti del PD rispetto alle Europee, che ha tenuto banco nei commenti
dei primi giorni [1]; questo dato è stato però ridimensionato mano a mano che sono
entrati nel computo dei consensi persi due variabili del contesto elettorale
trascurate da molti commentatori, in modo un po’ superficiale.
1-Prima di
tutto l’astensione, che ha colpito in modo abbastanza trasversale tutti i
partiti e che riduce di molto il numero di voti persi, specie dal PD, nel
computo a livello nazionale, ma anche nelle varie regioni (l’istituto Cattaneo
calcola che in Liguria la perdita dei consensi, rispetto alle Europee del 2014,
si riduca dal 47% al 12%) [2,3].
2-Sia a
livello locale che nazionale hanno avuto un consistente impatto le liste
coalizzate, specie quelle del candidato presidente presenti un po’ in tutte le
regioni, che evidentemente possono essere ricomprese tra i voti da attribuire
al partito del candidato premier (nel caso del PD) o dello schieramento
complessivo di centrodestra o centrosinistra. Il PD si manterrebbe quindi a
debita distanza dalle percentuali della Ditta bersaniana del 2013: il prof.
Vassallo calcola che il PD sia passato dal 40.8% delle Europee al 37% circa
nelle 7 regioni, per una riduzione del 10% circa dei suoi consensi, che
confermerebbe il dato dell’istituto Cattaneo. [4]
3-Per il
combinato disposto delle due precedenti variabili si ridimensiona assai la
“batosta” subita dal PD e così pure il successo del M5S, mentre a destra brilla
ancor di più l’exploit della Lega, l’unico partito che guadagna in percentuale
(con incrementi superiori anche al 100% come in Toscana) e in voti assoluti su
tutte le precedenti elezioni, in gran parte a prezzo del tracollo di FI.[5]
4-Questa conclusione
farà certamente piacere ai sostenitori del premier, che tuttavia pagano dazio a
livello del risultato Ligure, interpretato in modo meccanico come effetto del
“tradimento” della "sinistra masochista" del civatiano Pastorino. In
realtà, in base all’analisi dei flussi, la lista Pastorino avrebbe attirato
dalla riserva elettorale del PD solo una metà dei consensi rastrellati in
Liguria, mentre l’altra metà del 9.4% incassato sarebbe riconducibile allo
zoccolo duro della sinistra radicale, come quella confluita alle europee del
2014 nella lista Tsipras. In sostanza quindi anche senza la lista Pastorino la
Paita avrebbe avuto poche possibilità di annullare la differenza di consensi
che l’hanno separata da Toti, con buona pace del giglio magico ligure, da un
lato, e delle ambizioni della lista Pastorino, dall’altro [6,7].
5-Qualche
altra considerazioni sul voto Ligure. Sul flop del gruppo dirigente del PD
Ligure hanno pesato in ordine di importanza:
- i 10 anni del sistema di potere Burlando, incapace di risolvere il problema prioritario della regione, ovvero le inondazioni dovute all’annoso dissesto idrogeologico: non a caso il PD incassa a Genova il peggiore risultato di tutta la regione e un surplus di defezione astensionistica di protesta su scala regionale, in un’area storicamente oscillante tra destra e sinistra;
- la non esaltante vicenda delle primarie, che hanno gettato un'ombra sulla candidata vincente e che dovevano essere gestite in modo più accorto e condiviso se non annullate in un sussulto di etica pubblica.
Giustamente
Paolo Mieli in TV ha fatto notare a Cofferati che con l’intento di contrastare
il presunto patto del Nazareno al pesto - ovvero la paventata combine tra
esponenti di centrodestra e PD in appoggio alla Paita - l’ex sindacalista ha
finito per danneggiare solo la candidata burlandiana, pur senza essere
determinante in negativo per la vittoria di Toti, grazie al sostegno dato alla
lista Pastorino dopo l’uscita dal partito a seguito delle primarie. D’altra
parte l’ipotesi di un super Nazareno all’ombra della Lanterna, tra buraldiani e
scajoliani per spartirsi il governo regionale, se mai fosse stata architettata
è stata smentita dai fatti, visto che non vi è stato il paventato soccorso
elettorale di centrodestra alla Paita, ma bensì il pieno di voti per Toti
governatore. Così i civatiani pur non essendo stati “quantitativamente”
determinati per la vittoria del centrodestra, come vorrebbe far credere la
narrazione renziana del “tradimento”, hanno incassato comunque l’effetto
“qualitativo” di indebolire la candidata del PD, per un’ “eterogenesi dei fini”
forse attesa.
E se invece il soccorso "nero" delle primarie alla Paita fosse stata una trappola ben congegnata per estremizzare lo scontro nel PD, fino alla rottura intestina e alla presentazione di una lista di ispirazione radicale, per indebolire il PD a tutto vantaggio del candidato di centrodestra?
E se invece il soccorso "nero" delle primarie alla Paita fosse stata una trappola ben congegnata per estremizzare lo scontro nel PD, fino alla rottura intestina e alla presentazione di una lista di ispirazione radicale, per indebolire il PD a tutto vantaggio del candidato di centrodestra?
La
strategia elettorale appropriata, per arginare le defezioni degli elettori PD
scontenti e tentare la riconferma del centrosinistra, era esattamente opposta a
quella attuata dal gruppo dirigente Ligure, ovvero:
- rompere con la precedente gestione, candidando un personaggio della società civile, tipo un Doria o un Pisapia, invece che un esponente organico come la Paita, in piena continuità con l'amministrazione precedente e il gruppo di potere egemone;
- su questo nome compattare tutte le anime/tribù del partito e magari andare oltre il PD per recuperare la fiducia dell’elettorato tradizionalmente vicino al centrosinistra che invece, al dunque, ha disertato la cabina elettorale per protesta.
Per
attuare questa strategia era però necessario un passo indietro del vecchio
gruppo dirigente e l’avio di una pacificazione tra le varie anime del PD. Operazione
evidentemente troppo rischiosa per uomini ininterrottamente al potere da
decenni, che pensavano di recuperare un’immagine di rinnovamento proponendo la
giovane candidata, in barba alla rottamazione. In fin dei conti bastava
ispirarsi all'operazione Veneziana, intelligentemente messa in campo per le sue
buone probabilità di successo.
6-Il buffo è
che proprio nel mentre si consumava la faida ligure, nell’altra repubblica
marinara chiamata al voto al civatiano Casson capitava di vincere le primarie e
di incassare quasi il 40% al primo turno delle comunali lagunari, proprio
grazie all'appoggio dello sconfitto renziano alle primarie e al contenimento
unitario dei danni della scandalo Mose. Perché
dunque a Venezia i due contendenti vanno d'amore e d'accordo e lo sconfitto
sostiene il candidato ufficiale (come peraltro aveva fatto lealmente il Renzi
perdente alle primarie vinte da Bersani) mentre a Genova il Cofferati sconfitto
se ne va dal PD, portandosi via la palla? Nelle due repubbliche marinare sono andate in scena due varianti dello stesso copione, ma con parti in commedia invertite, regie ed esiti opposti: le baruffe sotto la lanterna hanno incassato un clamoroso fiasco per platee mezze vuote, mentre il copione veneziano ha avuto un buon successo di pubblico alla prima e, forse, ne avrà uno ancor maggiore alla replica di domenica 14 giugno.
CONCLUSIONI. Insomma, per
produrre un disastro politico come quello ligure, all’insegna del tanto peggio
tanto meglio invece che del meno peggio, bisognava che entrambi i protagonisti
si mettessero di buzzo buono e con grande impegno, l’un contro l’altro armati
di tutto punto. Pare proprio che vi siano sono riusciti, e alla grande! Come
definire, se non follia a due con spunti paranoidi, la faida ligure tra tribù
renziane e anti-renziane, in cui ognuno dei due contendenti ha un disperato
bisogno dell'altro per realizzare l'ennesima debacle autodistruttiva della
sinistra nel suo complesso?
1.
http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi_Istituto_Cattaneo_-_Regionali_2015_-_Chi_ha_vinto_chi_ha_perso_e_dove_1_giugno_2015.pdf
5. http://cise.luiss.it/cise/2015/06/02/regionali-2015-grillo-resta-secondo-partito-lega-prima-nel-centrodestra/
7.
http://www.gadlerner.it/2015/06/02/listituto-cattaneo-e-genova-smentiscono-le-giustificazioni-renziane-sul-voto-ligure
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