martedì 2 ottobre 2018

Dal reddito di cittadinanza alla mini pensione sociale anticipata

Questa storia del reddito di cittadinanza è proprio un rebus. Proviamo a descriverne i termini schematicamente:
La tecnologia si mangia posti di lavoro creando disoccupazione ed emarginazione e quindi prima o poi un sostegno al reddito degli esclusi, anche per alimentare la domanda interna, si dovrà in qualche modo introdurre come accade nel resto d’Europa (tesi di Travaglio, condivisibile anche se il ruolo della tecnologia è più accentuato dove l'industria è più radicata e presente e non certo dove la disoccupazione giovanile è più elevata, ovvero al sud).
Dalla quota 100 per la pensione c'è poco da sperare, perchè una buona parte dei pensionati non verrà sostituita per ridurre i costi delle imprese o verrà sostituita da un robot.
D'altra parte anche gli incentivi per investimenti ed innovazione hanno prodotto pochi posti di lavoro, sempre a causa della tecnologia e dell'automazione che espelle il lavoro umano.
In questo panorama di scarsità di lavoro il reddito di cittadinanza propone ai non occupati formazione, lavori socialmente utili (LSU) e soprattutto ben tre offerte di posti di lavoro, una delle quali da non rifiutare, pena la decadenza del reddito di cittadinanza. Formazione per quali lavori se non ce n’è richiesta o quelli richiesti sono poco appetibili o prevalentemente in nero, come le badanti?
Ma dove si potrà mai trovare questa tripla proposta ad personam se i posti di lavoro sono in progressivo assottigliamento per i motivi di cui sopra, specie nelle zone dove più della metà dei giovani ne sono alla perenne ricerca e molti di costoro sono ormai scoraggiati e cronicamente inattivi?
Guarda caso la domanda di reddito arriva proprio dalle regioni con la più alta percentuale di disoccupati e di consensi per il M5S. Per quale tipologia occupazionale verrà fatta la formazione se manca la relativa domanda? Come si potranno creare posti di lavoro in sovrabbondanza proprio nelle zone cronicamente depresse, quando non ci si è riusciti negli ultimi 40 anni con abbondanti investimenti pubblici, ed in numero tale da proporre alla massa di disoccupati locali la terna di occasioni prevista dal reddito di cittadinanza?
La formula delle tre offerte di lavoro probabilmente funziona in zone di piena occupazione o quasi, dove il mercato del lavoro è diversificato e vivace, dove le aziende sono proiettate verso i mercati esteri e dove vi è turn-over di imprese per la nascita di nuove che riempiono il vuoto di quelle che chiudono e "producono" disoccupati temporanei. Ma nelle zone depresse e con economia stagnante, magari perchè oppressa dalla morsa della criminalità organizzata, dove si troveranno tutte le proposte di lavoro previste dal reddito di cittadinanza?
E' probabile che ben pochi inoccupati riceveranno un'ampia gamma di offerte e quindi alla scadenza dei tre anni quelli che resteranno per forza di cose fuori dal mercato del lavoro continueranno a percepire il reddito già ricevuto, pena un contraccolpo micidiale sul consenso politico verso i promotori del reddito stesso. Alla fine resterà solo lo sbocco dei LSU, come è accaduto in Sicilia che di proroga in proroga sono diventati di fatto delle assunzioni mascherate nel pubblico impiego, a metà strada tra i mini job tedeschi e l'anticipo di una mini pensione “sociale”, con ulteriore appesantimento per le casse pubbliche.
La terna di proposte non rifiutabili a me sembra improbabile e un'inutile ipocrisia, specie in un panorama industrialmente depresso; tanto vale dare ad libitum e senza alcuna condizione il sussidio di inoccupazione perenne, di chiara matrice assistenzialistica, per tutti gli inoccupati e senza improbabili e irrealizzabili condizioni foglia di fico.

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