lunedì 10 dicembre 2018

Il populismo ovvero gli effetti perversi della legge ferrea delle èlite

E' stato il sociologo italo-tedesco Robert Michels a formulare la legge ferrea delle oligarchie/èlite osservando le dinamiche di potere ai vertici del partito socialdemocratico tedesco all'inizio del ventesimo secolo; legge che, secondo Barbara Spinelli, caratterizza tutti i partiti politici, i quali "per come si organizzano, tendono a occuparsi della mera sopravvivenza degli apparati, e diventano piano piano gruppi chiusi, inevitabilmente corrompendosi. Il loro scopo è conservare il proprio potere, estenderlo, e respingere ogni visione del mondo che insidi tale potere. Divengono quei difensori dei vecchi ordini che Machiavelli considerava micidiali ostacoli al cambiamento. Micidiali perché ben più agguerriti dei sempre tiepidi costruttori del nuovo". (https://app.box.com/file/365485452303). 

Per il prof. Sartori "quanto più un'organizzazione diventa organizzata, di altrettanto diventa sempre meno democratica. L'organizzazione snatura la democrazia e la trasforma in un sistema oligarchico" tant'è che "la democrazia conduce all'oligarchia". La mia ipotesi è che il populismo ha sostituito la "vecchia" lotta di classe con la lotta alle oligarchie/èlite, che dai partiti politici si sono estese alla politica e alle istituzioni, auto-alimentandosi a dismisura grazie alla legge ferrea descritta da Michels e minando le basi della fiducia dei cittadini e della stessa democrazia rappresentativa. 

La legge ferrea di Michels, pur dominante sotto traccia nelle stesse organizzazioni democratiche di sinistra, è stata ammantata dagli ideali politico-sindacali che tenevano insieme le masse e garantivano la loro fedeltà ai vertici dei partiti operai, in nome del progresso, della lotta di classe e del sol dell'avvenire. Il partito assicurava, anche tramite i suoi militanti di base, la intermediazione tra i vertici autoreferenziali, da un lato, la società e le classi, dall'altro, che comunque si sentivano idealmente rappresentate, perlomeno fino a quando non è crollato il muro di Berlino.

Da quel momento, venuto meno il collante ideologico della lotta di classe, la legge ferrea è balzata con evidenza agli occhi di tutti anche perchè nel frattempo dopo gli apparati dei partiti aveva contagiato le istituzioni statali e tutta la classe dirigente, complice il clientelismo e la vorace occupazione dei posti di potere mediata dal consociativismo; l’unico che tentò di opporsi senza successo fù il Berlinguer della famosa intervista a Scalfari sulla questione morale, che può essere letta come la denuncia dei rischi del contagio istituzionale della legge ferrea, a partire dalla corrosione democratica interna ai partiti politici di sinistra. 

La legge ferrea delle èlite si è convertita in cooptazione, spartizione consociativa e condivisione del potere da parte della variegata coorte di politici, professionisti, boairdi di stato, accademici, giornalisti, intellettuali, finanzieri, dirigenti, accademici, alti funzionari, grand commis di stato e impreditori abituati a transitare da un posto di potere all'altro, da uno scranno parlamentare a quello regionale, da un consiglio di amministrazione ad un collegio di probiviri, da un comitato ad una direzione generale, da dirigente di un'impresa privata ad una pubblica, da una cattedra ad un posto ministeriale, dalla direzione di giornale a quella di un TG  etc...Insomma la "legge ferrea dell'oligarchia" ha assicura alle èlite privilegi, prestigio, potere e soprattutto sopravvivenza a lungo termine, come il pupazzo anni sessanta Ercolino sempre in piedi (chi se lo ricorda?).

I partiti di destra hanno sempre coltivato senza remore la legge ferrea in ristrette cerchie di potere e con il culto della personalità del potente/oligarca di turno, senza bisogno di abbellimenti democratici interni, tipo primarie o assemblee elettive. La stagione delle primarie PD è stato un timido tentativo di invertire una rotta imboccata da un secolo anche dai partiti di sinistra, ma alle enunciazioni di principio non sono seguiti fatti concreti in contro-tendenza.

Ormai la rivolta contro la legge ferrea delle oligarchie/èlite ha sostituito la vecchia lotta di classe e ha contagiato la società intera, anche per il venir meno della compensazione riformista dei partiti in crisi. A causa degli stravolgimenti sociali della globalizzazione e sotto la formidabile spinta della crisi economica, ha assunto i caratteri della rivolta contro l’establishment e le varie caste, sorde ad ogni cambiamento, di cui si sono fatti portavoce e volano i due populismi di destra e di sinistra, Lega e M5S; in Francia la rivolta ha scavalcato anche gli stessi populismi innescando la violenza dei gilet gialli contro Macron, esempio emblematico di arroganza tecnocratica e di intercambiabilità tra esponenti delle èlite economiche, finanziarie, accademiche, professionali e politiche inamovibili.

L'incapacità di auto-riformarsi dei partiti, mettendo per un po' a tacere la legge ferrea se non altro per istinto di sopravvivenza, è alla base del travaglio congressuale del PD, paralizzato dalle lotte intestine tra i cascami correntizi in dissoluzione entropica, che la legge ferrea non riesce più a compensare e riequilibrare con la cooptazione e la spartizione dei residui posti di potere. Se poi la legge ferrea si colora di tinte tribali nutrendosi di familismo, clientelismo, assistenzialismo, nepotismo, faziosità, trasformismo e campanilismo - vedi il caso de Luca – allora agli iscritti, dopo la stagione della lealtà e della speranza, non resta che la defezione, fino alla drammatica emorragia di tessere di questi anni. (Recente dichiarazione di Renzi su FB: «Il mio errore più grande è stato non ribaltare il partito. Non entrarci con il lanciafiamme come ci eravamo detti. In alcuni casi il PD ha funzionato, in altre zone è rimasto un partito di correnti. Ritengo che le correnti siano il male del partito»).

Ma l'obiettivo più alto della rivolta populista resta il santuario dove la legge ferrea ha espresso il suo massimo potenziale di distacco rispetto alla realtà: quelle istituzioni Europee dove la contiguità tra oligarchie politiche, burocrazie ministeriali, potentati tecnocratici, lobby affaristiche, interessi di grandi multinazionali, circoli finanziari etc.. ha raggiunto il vertice di autoreferenzialità, di cooptazione e di separazione dal “popolo”. 

Come tentare di scalfire la legge ferrea che alligna nelle istituzioni comunitarie, corrodendo gli ideali europeisti, nella prossima campagna elettorale per le elezioni continentali, senza essere travolti dall'ondata populista, di destra e di sinistra? Un bel dilemma per il PD, alle prese con la resa dei conti per non aver fatto i conti interni con gli effetti perversi della propria legge ferrea.... 

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