domenica 5 marzo 2023

L'abbraccio mortale, l'antifascismo e il rischio cannibalizzazione...

È stato detto fino allo sfinimento che il tema dell'antifascismo e degli allarmi elettorali per il suo ritorno con l'eventuale vittoria di FdI non ha fatto presa sugli elettori e non ha riportato all'ovile un bel po' di elettori spaventati.

Ed ecco invece che a Firenze la parola d'ordine antifascista, agitata inutilmente da Letta, che gli è costata la sconfitta elettorale e la poltrona di segretario, è tornata in auge ed anzi è diventato il suggello dell'idem sentire e del nuovo feeling tra i due segretari.

Ora i partiti che si erano detestati in campagna elettorale a tal punto da regalare la vittoria facile al centrodestra si sono riabbracciarti e riconciliati: acqua passata e amici come prima, quindi? Vedremo quanto durerà e quali saranno i risultati e i vantaggi per gli uni, gli altri e il fronte cosiddetto progressista...

Chissà se la luna di miele con la segretaria riporterà all'ovile le pecorelle smarrite nel campo centrista, in quello dell'astensione o sedotte dalla svolta sinistro-populista di Giuseppi & C. In attesa dei primi sondaggi, come quelli di Mentana del lunedì, c'è già qualche segnale che lo spostamento a sinistra, sancito dagli elettori del PD una settimana fa, sta avendo come effetto solo un rimescolamento interno al fronte: un po' di lettori delusi dalla prudenza di Letta, in fuga dall'estate verso lidi pentastellati, stanno tornando a casa.

Se i dati dei sondaggi di domani dovessero confermare il trend saremmo di fronte all'ennesima cannibalizzazione nel centrosinistra per un fraterno abbraccio mortale tra la giovane neo-segretaria e il capo pentastellato, che rischia di restare soffocato. Vedremo....

Dubito che sarà agevole tornare al governo con il recupero degli elettori in libera uscita a sinistra più i nostalgici di possibile e temo pure che sarà una mission impossibile...


mercoledì 1 marzo 2023

ECCO PERCHÉ HA VINTO ELLY....

La Schlein ha vinto perché ha portato a votare quella residua parte di elettori che nonostante i disastri delle ultime gestioni era ancora leale e disponibile a partecipare al gioco democratico. Come in risposta allo slogan maoista che a suo tempo presciveva di "sparare sul quartier generale", il popolo PD in sonno dalle elezioni ha risposto all'appello della 38enne stella nascente della sinistra.

Praticamente si sono confrontati due PD: da una parte quello ufficiale dell'apparato fatto di correnti e gruppi di potere romano/istituzionale, che ha occupato per un decennio i posti chiave facendosi la guerra e che i circoli hanno conferato e, dall'altra, quello esterno dell'elettorato di area disilluso e deluso dalla disastrosa gestione degli ultimi anni, che per motivazioni diversificate e non omogenee ha voltato le spalle alla dirigenza naziona, schierata con la continuità dell'usato sicuro Bonaccini, accettando il rischio Sclein come ultima spiaggia. Insomma occupy PD, alla fine, ha avuto successo sloggiando in tronco dai palazzi la vecchia gestione.

Per valutare la sorpresa rispetto alle previsioni che davano Bonaccini vincente - perché gli elettori hanno sempre confermato l'orientamento dei circoli come era stato prefigurato dagli esperti con un classico wishful thinking - bisogna partire da cento anni fa quando il sociologo Robert Michels formulò la legge ferrea dell'oligarchia, studiando proprio il partito socialdemocratico tedesco, che recita più o meno così: nelle forme associative strutturate come i partiti non vi è vera democrazia nel rapporto tra vertice e base perché pevalgono le elite staccate dal popolo e un'oligarchia connaturata alle logiche e alle esigenze delle grandi organizzazioni, alla psicologia del capo e di massa, anche quelle di sinistra, staccate dalla missione ideale del partito in modo autoreferenziale come si dice oggi.

La democrazia è nella competizione e nella scelta alternativa tra organizzazioni concorrenti, come ha insegnato Sartori, sul mercato politico elettorale da parte dei cittadini, mentre quella interna al partito è solo apparente in quanto vi predomina appunto la legge ferrea delle oligarchie e delle correnti. Tant'è che tutt' ora una parte dei vertici vorrebbe limitare le primarie ai soli iscritti o addirittura farne a meno, come accade spesso a livello locale, dove possono prevalere le logiche di potere della legge ferrea, controllate e governate dalle correnti, come dimostra la vittoria netta di Bonacini nelle primarie dei circoli e l'annuncio delle prime defezioni dopo la sua sconfitta irritare per l'irruzione della marziana.

Invece questa volta con la discesa in campo dell'esterna e neo iscritta Schlein si sono create le condizioni per il confronto democratico e alternativo, tra i due PD di cui sopra grazie al doppio turno, per cui una parte degli elettori che avevano scelto la defezione, per delusione dopo le ultime disastrose gestioni politiche, sono rientrati in gioco nelle primarie aperte agli esterni, secondo lo schema EVL di Hirschman (exit, Voice and loyalty).

Messa da parte l'opzione passiva dell'uscita dalla partecipazione, per un dissenso silenzioso e rinunciatario contro l'elite autoreferenziale perdente, hanno deciso di alzare la voce unendosi alla protesta di cui si è fatta portavoce e rappresentante pubblica la Shlein che ha riportato la gente ai gazebo per il ballottaggio; lei ha saputo cavalcare il malcontento tacito e la residua lealtà di una parte dei milioni di partecipanti alle precedenti primarie, rimasta orfana di espressione e rappresentanza fino a pochi mesi fa e che era rassegnata al disimpegno silenzioso, come nelle recenti elezioni regionali dominate proprio dell'estensione dell'ex popolo di sinistra.

Li ha convinti a partecipare proprio il gioco della concorrenza tra i due PD, quello dei circoli contro quello degli esterni allergico alla legge ferrea, perché se avessero concorso solo candidati interni i semplici elettori non avrebbero avuto l'occasione per alzare la voce contro i vertici e di certo non sarebbe stato raggiunto il milione di voti. Ma ora la legge ferrea tornerà in azione e vedremo se le prime mosse della neo segretaria saranno ancora nel suo segno, come tutto fa prevedere per la frammentazione del partito e la persistenza carsica delle correnti che sicuramente si riorganizzeranno e la condizioneranno.....a meno di un improbabile miracolo.

Elly, la fase 2: il ritorno alla legge ferrea dell'oligarchia?

Chiusa la parentesi della spinta democratica dei simpatizzanti, in rotta di collisione con l'apparato, ora la giovane neo segretaria dovrà tornare nell'arena oligarchica per fare i conti con vecchie e nuove correnti, giochetti di potere, scambi negoziali, cooptazioni e compromessi vari, visto che non controlla ne' l'assemblea nazionale ne' i gruppi parlamentari. Non si può negare che il ribaltone di domenica, oltre ad aver sovvertito la volontà degli iscritti, ha messo in luce una reazione populista anti establishment, in senso eversivo della legge ferrea dell'oligarchia di Michels già citata come chiave di lettura degli eventi (si veda il post precedente).
 
Tuttavia la transizione da una oligarchia all'altra non è mai una rottura netta ma un ricambio graduale e un po' ambiguo; secondo la «teoria dell’amalgama» di Michels nella logica delle elite politiche non si dà un vero e proprio ricambio drastico, in quanto più realisticamente le stesse vengono sostituite gradualmente attraverso un amalgamarsi dei nuovi dirigenti con i vecchi gruppi di potere; è ciò che è successo nel PD con il salto sul carro vincente da parte dei vecchi volponi capicorrente, che ora presenteranno a Elly il conto per il loro appoggio, in termini di poltrone per conservare influenza sui nuovi equilibri interni. In pratica dovrà mediare, accontentare molti e scontentarne altrettanti se vuole mantenere l'appoggio dei suoi grandi elettori (gattopardeschi). 
 
Insomma ora è il tempo dell'incertezza perchè deve fare i conti con il disallineamento tra potere interno, in quanto è minoritaria nel gruppo dirigente e nel gruppo parlamentare, e il potere che le è arrivato dall'esterno con il voto dei simpatizzanti con il quale è stata portata alla segretaria. Sulla dicotomia tra equilibri interni ed esterni si gioca la possibilità di un uso strategico dell'incertezza - ovvero nella dimensione relazionale dei giochi di potere - da parte dei defenestrati, anche se per ora il suo avversario ha manifestato lealtà sia durante la campagna elettorale sia dopo il voto. Insomma troverà del filo da torcere a meno di svolte consociative di facciata od offerte di posti per accontentare capi corrente, che potendo manovrare i gruppi parlamentarie saranno una fonte di incertezza per la gestione istituzionale. 
 
A meno che vi sia un rimescolamento delle vecchie correnti con riposizionamenti dei singoli in suo appoggio, ma sarebbe quasi un miracolo visto l'andazzo degli ultimi 10 anni (tuttavia la conversione un po' gattopardesca di Franceschini sulla via di Damasco ellyana fa ben sperare in una transizione non traumatica rispetto alla reazione scomposta, ad hominem e di pancia democristiana, del Fioroni per unico scissionista). Gioca peraltro a suo favore il fatto che adesso a Roma non c'è trippa par felini famelici, ovvero sono finiti i posti di sottogoverno e di sotto potere da elargire agli oligarchi garanti dalla rendita di governo. 
 
Comunque se vuole sottrarsi all'abbraccio paralizzante delle oligarchie correntizie deve nel contempo trovare il modo di connettersi stabilmente con la base, sia esterna sia dei circoli che l'hanno eletta, dando voce e rappresentanza al mondo sociale e alle forze culturali esterne al PD, per far leva su un contrappeso rispetto ai vincoli delle logiche e delle tensioni di potere delle elite interne, sempre in agguato specie a livello locale. Il caso del sistema di potere de Luca in Campania è esemplare: non a caso l'unica provincia che ha riservato a Bonaccini consensi superiori al 70% è stata quella di Salerno, evidentemente egemonizzata dal ras locale sia a livello di circoli che di elettori (e in minor misura da Emiliano in Puglia). Sarà una mezza impresa domare i potentati locali ma non è detto, se si parte dalle idee e dalle proposte visto che i posti di potere a Roma sono esauriti, a parte quelli dell'apparato. 
 
I suoi avversari interni verranno allo scoperto picconando le primarie per i candidati alle prossime elezioni regionali e locali, visto il ribaltone a livello nazionale che non è certo gradito agli oligarchi di tutte le risme. Anche in queste settimane è ripresa la polemica verso le primarie aperte all'ambiente, e non riservate ai soli iscritti, che è il cavallo di battaglia degli capi corrente e la cartina di tornasole della presa interna della "legge ferrea" di Michels, a livello di gruppi dirigenti locali dove è irrilevante il ruolo dei circoli, oppure dove sono manovrati dai cacicchi locali. Ergo dopo il terremoto, arriveranno un po' di scosse di assestamento di vaira intensità.

Qualche contro-scossa di ri-assestamento potrebbe venire dai territori dove l'antagonista Bonaccini ha ottenuto i maggiori consensi, più ancora della sua regione, ovvero le federazioni del sud dove il PD è dominato dai governatori in modo personalistico e clientelare, i quali hanno un controllo forte sui circoli e tramite questi sugli elettori. Vedremo le loro reazioni...

martedì 28 febbraio 2023

L'inganno dell'interesse nazionale

100% ITALIANI?

La camgna mediatica contro l'ok all'utilizzo delle farine estratte dagli insetti ha ridato fiato al sovranismo alimentare anche per camuffare l'accettazione di fatto dei vincoli UE, dopo anni di propaganda a difesa delle ingerenze comunitarie nella sovranità nazionale e della denuncia di una minacciosa globalizzazione sostitutiva della cultura nostrana. Allude anche alla volontà di preservare la specificità della tradizione alimentare italica dalle contaminazioni da parte di influenze estranee, come occasione simbolica di una tutela culturale più ampia. Che dire di formaggi nostrani coi vermi, con muffe o addirittura con larve di mosche oppure di cibi con le interiora di ovini o testicoli di toro? Ma poi siamo così sicuri che la nostra cultura sia tutta farina del nostro sacco e le nostre radici siano così saldamente autentiche e incontaminate da impurità estranee alla nostra tradizione? 

L'INGANNO DELL'INTERESSE NAZIONALE 

Fare appello agli interessi nazionali, quando ci si riferisce alla gestione della politica comunitaria, implica che vi sia chi in quel contesto vuole far prevalere altri interessi a scapito di quello nazionale, in un classico gioco a somma zero che è la costante del nazionalismo che ha alimentato i conflitti tra nazioni scatenando nel secolo scorso 2 guerre mondiali in Europa. 

Tzvetan Todorov nel libro "I nemici della democrazia" del 2012 ha sostenuto che: «Oggi le minacce incombentí sulla democrazia provengono non dall'esterno, da parte di coloro che si dichiarano suoi nemici, ma dall'interno, da ideologie, movimenti o macchinazioni che affermano di difendernei valori».

Mettete al posto della democrazia l'interesse nazionale e tutto diventa evidente. Non è difficile individuare chi dall'interno ostacola gli interessi nazionali, o meglio quelli generali mettendo in crisi i beni comuni, lo stato sociale, i servizi pubblici. Sono gli evasori totali, come la coppia di bravi imprenditori bresciani che avevano seppellito in giardino 15 milioni di Euri, le aziende italiane private e pubbliche, come Eni ed Enel, che spostano la loro sede nei paradisi fiscali comunitari, i big del web che guadagnano in Italia e pagano tasse ridicole negli stessi paesi, chi sfrutta e depreda i beni pubblici e naturalmente tutte le mafie, le organizzazioni criminali, l'illegalità diffusa delle truffe, dei falsi, della corruzione, dello sfruttamento del lavoro e chi più ne ha più ne metta.... 

Ecco chi rema contro gli interessi nazionali dall'interno e non dall'esterno, ma che non viene mai nominato ed additato alla riprovazione pubblica. In compenso sarebbe la UE a farlo dopo, che ci elargisce oltre 200 miliardi di Pnrr di cui una parte a fondo perduto. 

Ecco L'INGANNO dell'interesse nazionale che richiama una forte identità culturale, una presunta essenza etnica incontaminata, messa magistralmente alla berlina dall'antropologo americano Ralph Linton. 

ECCO IL PROFILO DEGLI AMERICANI AL 100%

Il cittadino americano medio si sveglia in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Egli scosta le lenzuola e le coperte che possono essere di cotone, pianta originaria dell’India; o di lino, pianta originaria del vicino Oriente; o di lana di pecora, animale originariamente addomesticato nel vicino Oriente; o di seta, il cui uso fu scoperto in Cina. Tutti questi materiali sono stati filati e tessuti secondo procedimenti inventati nel vicino Oriente. 

Si infila i mocassini inventati dagli indiani delle contrade boscose dell’Est, e va nel bagno, i cui accessori sono un misto di invenzioni europee e americane, entrambe di data recente. Si leva il pigiama, indumento inventato in India, e si lava con il sapone, inventato dalle antiche popolazioni galliche. Poi si fa la barba, rito masochistico che sembra sia derivato dai sumeri o dagli antichi egiziani. 

Tornato in camera da letto, prende i suoi vestiti da una sedia il cui modello è stato elaborato nell’Europa meridionale e si veste. Indossa indumenti la cui forma derivò in origine dai vestiti di pelle dei nomadi delle steppe dell’Asia, si infila le scarpe fatte di pelle tinta secondo un procedimento inventato nell’antico Egitto, tagliate secondo un modello derivato dalle civiltà classiche del Mediterraneo; si mette intorno al collo una striscia dai colori brillanti che è un vestigio sopravvissuto degli scialli che tenevano sulle spalle i croati del XVII secolo. 

Andando a fare colazione si ferma a comprare un giornale, pagando con delle monete che sono un’antica invenzione della Lidia. Al ristorante viene a contatto con tutta una nuova serie di elementi presi da altre culture: il suo piatto è fatto di un tipo di terraglia inventato in Cina; il suo coltello è di acciaio, lega fatta per la prima volta nell’India del Sud, la forchetta ha origini medievali italiane, il cucchiaio è un derivato dell’originale romano. 

Prende il caffè, pianta abissina, con panna e zucchero. Sia l’idea di allevare mucche che quella di mungerle ha avuto origine nel vicino Oriente, mentre lo zucchero fu estratto in India per la prima volta. Dopo la frutta e il caffè, mangerà le cialde, dolci fatti, secondo una tecnica scandinava, con il frumento, originario dell’Asia minore. 

Quando il nostro amico ha finito di mangiare, si appoggia alla spalliera delle sedie e fuma, secondo un’abitudine degli indiani d’America, consumando la pianta addomesticata in Brasile o fumando la pipa, derivata dagli indiani della Virginia o la sigaretta, derivata dal Messico. 

Può anche fumare un sigaro, trasmessoci dalle Antille, attraverso la Spagna. Mentre fuma legge le notizie del giorno, stampate in un carattere inventato dagli antichi semiti, su di un materiale inventato in Cina e secondo un procedimento inventato in Germania. Mentre legge i resoconti dei problemi che si agitano all’estero, se è un buon cittadino conservatore, con un linguaggio indo-europeo, ringrazierà una divinità ebraica di averlo fatto al cento per cento americano… Ralph, Linton, Lo studio dell'uomo

PUTIN UN ANNO DOPO: DALLA IDEAZIONE PARANOIDE AL DELIRIO DI PERSECUZIONE

Fin dai primi mesi della guerra numerosi osservatori hanno sottolineato il carattere paranoide delle idee espresse dallo Zar Putin a giustificazione della guerra. A me pare che con il progredire e l'aggravarsi del conflitto la personalità paranoide sia evoluta in una sorta di delirio di persecuzione, imputata ovviamente all'occidente e in particolar modo agli USA, ed apparentememte condiviso da tutto il popolo.

I quanto tale il delirio, come si sa, è impermeabile alle obiezioni logiche o alle contro argomentazioni razionali di chi in modo fattuale tenta di confutare o mettere in dubbio i suoi contenuti persecutori. Ad ogni buon conto che sia effettivamente delirante o che utilizzi in modo strumentale, per consolidare il consenso al regime, la minaccia dei nazisti di Kiev o delle armate americane pronte ad invadere la grande Russia sono idee contraddette da una serie di dati di fatto ed evidenze empiriche.

Chi in occidente continua a sostenere la narrazione della guerra degli ukraini contro la Russia su procura americana non fa altro che confermare la narrazione persecutoria putiniana Usa-contro-Russia, occultando tutte le prove contrarie rispetto al delirio nazionalista, cosi schematizzabili.

1-E' palese che, come ha ripetuto anche ieri Biden, nessuno in occidente e men che meno in UE si sogna di invadere e distruggere la russia, obiettivo assurdo costato caro a due sprovveduti megalomani delirati di nome Napoleone Buonaparte e Adolfo Hitler, che proprio alle campagne di Russia devono la loro rovina.

2- I 70 anni di pace in Europa sono stati possibili proprio per l'abbandono unanime della perversione nazionalista, che è costata due guerre mondiali, a favore della cooperazione, della convivenza pacifica e dell'unione degli ex stati Europei in guerra da secoli. Tant'è che è sparita la leva obbligatoria, nessuno si sogna lontanamente di usare il proprio esercito contro uno stato confinante e men che meno per invadere la Russia, ovviamente.

3- Non a caso Putin e i suoi luogotenenti hanno più volte dichiarato di voler destabilizzate se non disintegrare proprio l'Unione Europea considerata, per la sua solo esistenza, un pericolo per la Russia, e non certo in ragione della sua irrilevante potenza bellica convenzionale, ma se mai per il soft power degli ideali di democrazia, pluralismo, stato di diritto e libertà politiche, così minacciosi agli occhi dei gerarchi russi. In ballo non ci sono le mire imperialiste degli Usa ma la difesa delle democrazie liberali Europee e del progetto politico-economico UE.

Tra l'altro proprio alla pacifica politica di apertura e fiducia verso i paesi dell'EST si devono 30 anni di scambi commerciali e culturali con la Russia, in particolare da parte tedesca, culminati con l'ingenua dipendenza UE dal gas russo e nel tentativo fallito di pacificazione degli accordi di Minsk, portato avanti in prima persona da tedeschi e francesi, non a caso. Altro che volontà di distruggere la Russia!

Inoltre l'indebolimento della UE era l'obiettivo che accomunava Putin e Trump e se il secondo fosse stato ancora alla casa bianca un anno fa non avrebbe mosso un dito a difesa di Kiev, con grande soddisfazione dell'orso Wladimir. Invece con Biden si è rafforzata la coesione occidentale in difesa della UE e non certo per gli interessi americani.

4- Sono stati invece gli stati dell'ex patto di Varsavia, che hanno sperimentato le invasioni sovietiche normalizzatrici del dopo guerra, i primi ad invocare e perseguire il sostegno e la solidarietà della UE verso l'Ukraina, confidando nell'ombrello difensivo della Nato, che nulla ha a che fare con l'ipotesi delirante di un attacco per distruggere la Russia da parte degli Usa o della UE.

5-In questo anno le singole nazioni della Ue sono state le più riluttanti, rispetto al Regno Unito e agli Usa, a fornire armi e proprio materiale bellico, che Zelensky ha continuato a chiedere incessantemente e che a gran voce continua a invocare ogni giorno, a fronte di forniture con il contagocce rispetto alle sue esigenze. Se la fantomatica grande alleanza occidentale avesse davvero voluto invadere o annientare la Russia, e non aiutare l'aggredito, le avrebbe fornite in modo massiccio agli Ukraini fin dall'inizio per sbaragliare l'esercito invasore e colpire direttamente il territorio della federazione Russa. 

Invece hanno fornito fino ad ora missili a corto-medio raggio utilizzabili per respingere i tentativi di sfondamento del fronte nel Donbass e sono stati tutti restii a fornire carri armati ed ora gli aerei da combattimento richiesti insistentemente.

6- Quanto alla politica estera degli USA con la ritirata ignominiosa dall'Afghanistan Biden ha confermato in pieno e proseguito la strategia del disimpegno bellico inaugurata da Tramp, nel segno dell'isolazionismo, già evidente nella gestione del post guerra in Iraq, nel comportamento in Siria e nel disinteresse per la questione Libica. L'altra faccia dell'isolazionismo trumpiano in politica estera era il ritiro dall'Europa con l'obiettivo di indebolire la UE, orientamento strategico poi ribaltato da Biden, in perfetta sintonia con la strategia anti UE dell'autocrate moscovita.

L'invasione di un anno fa' dell'Ukraina si deve proprio all'indebolimento e al ritiro degli USA dagli impegni internazionali, dopo i disastrosi esiti del maldestro tentativo di esportare la democrazia a base di missili, bombardamenti e cannonate sulla popolazione civile, che hanno portato alla nascita dell'Isis e alla debacle politico-militare Afgana. Anche perchè gli USA sono molto più interessati al fronte politico orientale in funzione anti cinese.

7- Quanto alla UE è la più pacifica entità politica mai apparsa sulla scena occidentale, come dimostra la mancanza di un esercito comune mentre quelli delle singole nazioni sono i meno consistenti degli ultimi secoli, a parte Francia e Regno Unito e naturalmente la Nato, che ha però finalità prettamente di difesa solidaristica in caso di attacco ad un suo membro, linea costantemente mantenuta con grande prudenza in questo anno evitando di cadere nelle continue provocazioni e minacce propagandistiche russe.

8-Non è un caso che i pacifici cittadini europei siano stati più volte accusati dai russi di disfattismo, debolezza, decadenza individualistica, consumismo edonistico, brama di ricchezza e sostanzialmente derisi per la loro mollezza rispetto alla virile mascolinità slava. Ergo con divisioni di femminucce la UE avrebbe sbaragliato il coriaceo esercito della federazione russa? Qui la paranoia dello zio Wlady diventa esilarante e surreale. Ce li vedete gli eroi tatuati di San Remo arruolarsi volontari e scendere in trincea combattere in prima linea contro l'armata rossa?

In compenso il continuo rilancio delle minacce e l'evocazione propagandistica del possibile sbocco atomico sono la strategia perfetta per manipolare l'opinione pubblica occidentale e rilanciare i pacifisti nostrani amici di Zio Wlady, tipo Berlusconi, Feltri & Colleghi, secondo i quali il pazzo Zelensky doveva calare le braghe all'inizio di marzo del 2023 per non disturbare la tranquillità e i loro interessi. Le uscite di Silvio e di Feltri rientrano nella odiosa categoria della colpevolizzazione della vittima e nel classico giudizio andreottiano ""se l'e' proprio cercata"!

9-Non a caso con la guerra in Europa è ripartito alla grande il riarmo delle varie nazioni, l'industria bellica fa affari come non accedeva da decenni, si riparla di leva obbligatoria, le nazioni scandinave hanno aderito alla Nato e gli stanziamenti per la difesa si moltiplicano, specie nelle nazioni confinanti con l'Ukraina dove è più viva la memoria delle invasioni russe di Budapest, Praga e la quasi invasione di Varsavia.

Conclusione. Questi dati di fatto e queste argomentazioni razionali non scalfiranno di certo la granitica ideazione paranoide e persecutoria che alimenta questa folle e delirante guerra. Ma forse possono contribuire a smontare la falsa narrazione della guerra per procura degli Usa contro la Russia, che occulta e svilisce il ruolo della UE, una volta tanto compatta seppure a prezzo di estenuati trattative e lentissime mediazioni, a difesa dei suoi principi ispiratori e dei suoi ideali culturali e civili contro autoritarismo, nazionalismo, regimi illiberali, intolleranti e antidemocratici. Oltre tutto anche il ricatto energetico è stato rintuzzato e le conseguenze economiche delle sanzioni stanno via via rientrando assieme al rischio inflazione e recessione.

Putin aveva scommesso sulla debolezza della UE ma si è sbagliato di grosso e alla lunga l'Ukraina sarà la sua Stalingrado. Anche perché non di rado il delirio paranoico si converte in una profezia che si autoavvera, per cui i fantomatici persecutori alla fine si coalizzano per difendersi meglio dalle mire aggressive, dalla doppiezza, dalle minacce e dalla follia del delirante, come è puntual-mente successo nella UE.

martedì 28 maggio 2019

Attenzione alle cornici cognitive: alle elezioni vince chi impone la sua!

Scrive il linguista Antonelli nella recensione a “Non pensate all’elefante!” su La Lettura del Corriere: Costruiamo speranze, non muri”, “investiamo nella scuola, non nella paura”, “vogliamo investimenti e sviluppo, non recessione”. La campagna del Pd per le europee punta tutto sulla negazione di concetti negativi. Forse non hanno letto Non pensare all'elefante! il libro dello psicolinguista George Lakoff pubblicato per la prima volta nel 2004 e ora riproposto da Chiarelettere". Gli da manforte Carofiglio nel criticare il deficit "metaforico" della sinistra nella presentazione del libro del linguista statunitense, che esce nella versione aggiornata rispetto alla prima di 15 anni fa (https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/05/01/cara-sinistra-pensa-allelefante/5146641/). 

La sinistra è propensa all'astrattezza e quindi ha snobbato il pensiero metaforico, valido tutt'al più in letteratura, per abbellimenti poetici e raffinatezze liriche. Niente di più riduttivo e sbagliato, come ha dimostrato ampiamente Lakoff negli ultimi 30 anni di ricerca ben poco accademica. Un esempio pratico? Le elezioni del 2018 sono state una debacle per la sinistra anche perchè non ha saputo proporre una cornice metaforica alternativa al frame della sicurezza, imposto dai sovranisti/securitari a forza di reiterazioni sui media in modo quasi ossessivo. 

Così anche nella campagna elettorale per le europee il Capitano ha continua iperterrito ad evocare la sicurezza senza che da sinistra si sia tentato di replicare con qualche argomento che ribaldi la sudditanza metaforica e culturale al frame della sicurezza/insicurezza; la cornice concettuale della sicurezza ha connotati emotivi (lo spettro della paura) profondamente coinvolgenti che premiano chi la impone e mettono nell'angolo le argomentazioni "razionali". E i risultati al momento della conta elettorale si sono visti nel 2018 e ancor più nel 2019!

Se accetti le metafore dell'avversario sei in condizioni di handicap in partenza, perchè aderisci implicitamente alla sua definizione del problema, alla sua visione e alle conseguenti soluzioni. Si dice che la sinistra sbaglia quando alla richiesta di sicurezza risponde con le statistiche che dimostrano quanta poca insicurezza ci sia nella nostra società. L’errore è a monte, ovvero aver accettato passivamente il frame della sicurezza/insicurezza personale e quindi valgono poco i numeri per rassicurare chi si sente insicuro; non basta snocciolare statistiche per compensare il senso di insicurezza artatamente enfatizzato, anche se il confronto tra percezione e realtà è comunque necessario, ma non sufficiente quando le componenti emotive sono rilevanti. Bisognerebbe cambiare frame, operazione non facile quando una cornice metaforica è radicata: alla sicurezza/insicurezza bisognerebbe contrapporre la cornice legalità/illegalità!

La sicurezza zero come l'assenza di rischio non esiste nella realtà; la promessa di sicurezza assoluta è un mito che fa leva sul sentimento profondo della paura che prende quando la sicurezza è implicitamente messa in dubbio.  Se tutti i santi giorni tutti i politici e i media parlano di sicurezza significa che c’è un problema oggettivo di insicurezza, tant’è che la gente alla fine la percepisce ovunque e in modo ansioso quando esce di casa, sale sul treno o va ad un concerto. Facile quindi acquisire consensi quando si promette più sicurezza!

Se ti adatti passivamente al frame degli avversari sei condannato a priori e resti prigioniero della gabbia metaforica costruita ad hoc per enfatizzare gli aspetti emotivi a scapito di quelli razionali. E quindi ogni contro-argomentazione ragionevole sarà condannata in partenza all’insignificanza, come nel caso appunto della sicurezza. Il tema della sicurezze/insicurezza imposto dai sovranisti è un esempio paradigmatico di frame di successo: bisogna uscire dalla cornice perché se si resta al suo interno sì è giocati in partenza.

martedì 1 gennaio 2019

Il populismo, la lotta di classe (alle èlite) del nuovo millenio

Prendendo spunto dalle polemiche dei no-vax contro gli “esperti”, come esempio di rivolta contro le professioni "liberali", cercherò di analizzare il tema della disintermediazione e soprattutto della società del rancore verso le èlite, descritta magistralmente da Baricco su La repubblica dell'undici gennaio 2019, con riferimento alla transizione politico-sociale che stiamo vivendo alla vigilia delle prossime elezioni europee di maggio.

In realtà rancore, risentimento e rabbia, come espressione individuale del conflitto sociale, hanno sempre allignato nella società. Solo che questi profondi sentimenti venivano incanalati nella "lotta" di classe, che si è sempre alimentata dell' "odio" dei proletari per i padroni, fino alla sua caricatura del terrorismo di sinistra. Dopo tutto la lotta di classe ha sempre avuto connotati populisti, nel senso della guerra del popolo contro èlite capitaliste, padroni privilegiati caste professionali e in generale sfruttatori del popolo/proletariato. 

Le Brigate Rosse si illudevano di sfruttare il rancore sociale per la rivoluzione, mentre ormai classe operaia si era integrata nel sistema democratico occidentale grazie al boom economico, al consumismo, alla società del benessere, alle riforme e ai diritti civili/sociali conquistati. A fasi alterne il progresso socio-economico è continuato fino agli anni 90 del secolo scorso, accompagnato dal graduale venir meno dell'antagonismo sindacale per l' "esaurimento" della classe operaia a causa, da un lato, della frammentazione sociale e della parcelizzazione del lavoro e, dall'altro, per la compiuta integrazione dei lavoratori nella piccola industria, tipicamente nel nord pedemontano; al posto della lotta di classe nel frattempo cresceva il rancore verso un apparato statale burocratizzato, inefficiente, oppressore fiscale e corrotto (l'inchiesta del sociologo Aldo Bonomi su "Il rancore, alle radici del malessere del nord" è del 2008).
A quel punto, dal post tangentopoli in avanti, si coagulavano un pool di fattori concomitanti come propellente del rancore sociale, covato per un decennio ed esploso negli ultimi anni a seguito di alcune crisi convergenti
  •          economica dal 2008, che si è innestata sugli effetti collaterali dell'euro ed ha aggravato il cronico deficit del bilancio statale
  •          migratoria come effetto collaterale della globalizzazione, con le delocalizzazioni e la concorrenza sleale dell'estremo oriente
  •          sociale: disoccupazione e precarizzazione del lavoro, specie giovanile al sud, nella società liquida
  •          istituzionale: scoperta dei privilegi e delle malefatte della casta politica, corruzione, sfruttamento dei beni pubblici etc.
  •          finanziaria, della spesa pubblica e del wellfare, sotto la pressione vincoli europei di bilancio, che mettevano in discussione i tradizionali strumenti clientelari ed assistenzialistici di controllo politico-sociale
Rispetto alla lotta di classe tradizionale in quella "populista" sono cambiati gli obiettivi, grazie agli strumenti della disintermediazione tecnologica, descritta da Baricco nei suoi libri: le èlite capitaliste e "padronali" sono state sostituite, sfruttando la legge ferrea delle oligarchie ( https://riformel.blogspot.com/2018/12/il-populismo-e-la-legge-ferrea.html ) dalle caste economiche e politico-amministrative, dalle burocrazie ministeriali, comunitarie e nazionali, dai tecnocrati, dalle èlite professionali ed accademiche etc...

Questo micidiale clima di frustrazione individuale con conseguente risentimento sociale, tanto rancoroso quanto profondo, non poteva più essere interpretato e incanalato nell'alveo tradizionale della "lotta di classe", per il radicale cambiamento subito dagli organi intermedi della rappresentanza politico-sindacale e partitica. I governi a guida PD hanno pagato lo scotto di questa impossibilità ed anzi, a causa di alcuni errori dopo l’illusorio trionfo delle europee, sono stati accomunati alla casta politica post-tangentopoli o non sono riusciti a sottrarsi a questa deriva propagandistica a causa della personalizzazione renziana, a suo modo espressione di disintermediazione “populista” rispetto al partito assieme alla rottamazione.

Anche perché il PD è rimasto scoperto sulla sua sinistra nel contrasto alle disuguaglianze sociali, ma anche dal lato del contenimento delle degenerazioni “partitocratiche” (come si diceva una volta) e della “questione morale” di berlingueriana memoria. Con il referendum costituzionale prima e con le politiche del 2018 dopo è arrivato il conto salato della sottovalutazione del rancore populista, non più incanalato nella tradizionale "lotta di classe" abbandonata dalla sinistra; il risentimento covava nel profondo della società e si è riversato clamorosamente nell’urna elettorale (memorabile la sorpresa di Matteo Renzi per la tardiva constatazione di quanto la sua figura pubblica fosse detestata dalla gente, a tal punto da votare NO a prescindere da ogni considerazione di merito sulla riforma costituzionale).
Il rancore sociale alimentato dal marketing della paura è rimasto per anni in incubazione e in stand-by, fino a quando si è incanalato nell'alveo populista grazie alla sua "offerta" politico-culturale, all’insegna della semplificazione e della disintermediazione rispetto alla democrazia rappresentativa per far leva sulla:
  •          legittimazione della rabbia per una lotta senza quartiere ai privilegi politico-amministrativi, alle èlite professionali, lobby economiche e a tutti gli esponenti di un establishement inamovibile, in combutta tra loro, specie nella commistione politico-bancaria
  •          ricerca di molteplici capri espiatori su cui veicolare il risentimento sociale, dall’uso strumentale della sicurezza minacciata dagli immigrati clandestini ai vincoli europei che soffocano la sovranità nazionale, dall’oppressione dell’apparato fiscale a quella della burocrazia statale etc..
  •          utilizzo della rete come strumento di denuncia pubblica e soprattutto di disintermediazione "orizzontale" rispetto all'oppressione "verticale" delle varie caste professionali, complici di quelle politiche ed economico-industriali
Nella campagna no-vax come nelle aggressioni ai medici del SSN si sono coagulate queste tendenze, come un incubatore emotivo-culturale che ha amplificato il rancore sociale e la nuova lotta di classe; l'obiettivo resta la "casta professionale" dei medici, i cui esponenti non a caso sono oggetto di violenza verbale o fisica ormai quasi quotidianamente. Ma, ci ricorda Baricco, serve a poco ricordare che non ci sono alternative o rivendicare, di fronte alla marea montante del rancore, una competenza "tecnica" o ormai messa in crisi da una pervasiva disintermediazione democratica della rete.

Come rispondere politicamente a tutto ciò? Come uscire dall’impasse per "cambiare l'inerzia di questa disfatta"?
Che io sappia - risponde Baricco - ammettere che la gente ha ragione!