Le motivazioni della bocciatura del Porcellum non
lasciano dubbi e nemmeno spazio a soluzioni gattopardesche rispetto a questo
basilare principio, sia politico che matematico: la distorsione antidemocratica
del Porcellum sta nell’abnorme premio di maggioranza attribuito senza la
previsione di una soglia minima. A tal proposito due delle tre proposte di
riforma avanzate dal segretario del PD – il modello iberico delle piccole
circoscrizioni e il Mattarellum rafforzato dal premio di maggioranza - sono prive
di questo specifico requisito e perciò in contrasto con le indicazioni della
corte. In entrambe, infatti, manca ogni riferimento alla quota minima per attribuire
il premio di maggioranza, previsto nella misura del 15%. Ora il parlamento si
dovrà formalmente adeguare, ma soprattutto dovrà ricominciare da capo il
lavorio diplomatico messo in campo dai vari esponenti della nuova segreteria
del PD nelle prime settimane del nuovo anno.
Rientra invece nelle indicazioni della Consulta l’originaria
proposta di revisione del Porcellum sponsorizzata dal leader PD durante la
campagna delle primarie, ovvero il modello “sindaco d’Italia” con il doppio
turno di coalizione, poi relegato ad opzione di riserva nella triade di modelli
proposti all’inizio dell’anno. L’introduzione di un premio di maggioranza fisso
e pre-definito, come nel modello iberico e nel Mattarellum rafforzato, ma
sempre privo soglia minima non modifica il problema per varie ragioni. Infatti
il surplus di seggi potrebbe alterare la rappresentanza democratica nel caso in
cui un partito dovesse conseguire il 49% dei seggi in palio, arrivando così
assai vicino alla soglia costituzionale critica del 66%.
Senza stabilire una soglia minima, ai fini
dell'attribuzione del premio di maggioranza, si rischia di riprodurre la distorsione
tra numero di voti e di seggi conquistati, tipica del Porcellum e censurata
dalla Consulta, anche in presenza di un premio predefinito e minimo. Ad esempio
nel caso del Mattarellum rafforzato da un premio del 15%, anche una piccola
differenza di collegi uninominali conquistati da una coalizione rispetto alla
seconda - poniamo meno di una mezza dozzina - potrebbe decretare una vittoria
spropositata in termini seggi rispetto alla differenza di voti attribuiti,
grazie al surplus di seggi conquistati con il premio dal primo arrivato. Va da
se, inoltre, che se il partito/coalizione vincente conquista meno del 36% dei
seggi - evenienza tutt'altro che improbabile in un contesto tripolare visto che
nei collegi uninominali sono in palio solo il 75% dei seggi - non se ne fa
niente del premio di maggioranza che diventa un "premietto" di minoranza
del tutto ininfluente ai fini della governabilità.
La soluzione sta in un premio variabile, che
consenta di arrivare ad una maggioranza parlamentare predefinita - ad esempio
un tetto massimo del 55% dell’assemblea, come nella legge dei sindaci - sia a
partire da consensi elettorali minimi sia vicini alla maggioranza assoluta. In
sostanza per evitare distorsioni antidemocratiche della rappresentanza e
garantire nel contempo la governabilità servono tre condizioni: un premio
flessibile, una soglia minima ed il tetto massimo di seggi attribuiti al
vincitore.
Dalla Consulta è arrivato un sonoro altolà per
tutti coloro che pensavano di risolvere la partita della riforma elettorale con
formule ambigue e reticenti, che rischiano di riproporre il contesto delle
larghe intese come unica soluzione di governo. Potrebbe passare in secondo piano
l’esigenza di aggregare il più ampio fronte riformatore per superare il
Porcellum, corteggiando le forze politiche ostili all’unica formula che permette
di superare l’impasse del tripolarismo, assicurando parimenti rappresentatività
democratica, bipolarismo, governabilità ed esito elettorale certo: il doppio
turno di coalizione, tanto decantato dalla propaganda elettorale quanto
relegato a soluzione di riserva.
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