venerdì 18 settembre 2015

Sulla gestione dello show funebre romano...

La gestione della cerimonia funebre del capoclan Casamonica si è svolta all'insegna della "normalita'". Tutti nel quartiere erano a conoscenza del funerale ma nessuno ha pensato di informare preventivamente i livelli superiori, perché evidentemente era ritenuto un fatto ordinario e non eccezionale, a parte i riflessi sulla viabilità, quella si avvertita come un "problema" rilevante tanto da mobilitare i vigili del quartiere. La cosa buffa sta nel fatto che neppure a cose fatte è stata valutata l'anomalia di quanto era accaduto il mattino, tant'è che la questura è venuta a conoscenza dello show funebre solo nel pomeriggio, dai media e non dal rapporto redatto da Carabinieri o Polizia.

Insomma i Casamonica rientrano nella "fisiologia" antropo-sociale della periferia romana, e sono al massimo rubricati come un episodio di kitch folcloristico. Comunque anche se avessero informato per tempo questura o prefettura, le autorità superiori al massimo avrebbero potuto declassare il funerale da solenne a normale, ammesso e non concesso che anche i superiori potessero prevedere il carro funebre trainato dai cavalli, la fanfare funebre, l'elicottero, il lancio di petali e i manifesti inneggianti all'estino appesi alla porta della chiesa... Insomma, tutto normale, fisiologico, ordinario.

Come possono quindi essere ritenuti responsabili questore, prefetto, sindaco e su su fino al ministro se nessuno è venuto a conoscenza dell'evento prima della sua celebrazione e pure a cose fatte? D'altra parte, a quanto pare, nessun componente della vasta famiglia allargata del tuscolano non ha mai subito condanne per il 41 bis, il che giustifica il fatto che non vengano percepiti come un’organizzazione mafiosa con il conseguente allarme sociale e pregiudizio per l'ordine pubblico.

L'episodio segnala che la questione non riguarda tanto i vertici, ma prima di tutto la base della piramide gerarchica, complice probabilmente la riduzione dei ranghi per via del periodo ferragostano: per gli schemi percettivo-valutativi dei CC, della polizia e dei vigili urbani, evidentemente assuefatti al tran tran illegale e "folcloristico" dei Casamonica, il clan non rappresenta una devianza sociale, tale da superare la soglia di attenzione e di allerta dell'apparato "percettivo" della sicurezza pubblica. Evidentemente per il filtro informativo delle forze dell'ordine il funerale non costituiva un fattore di rischio sia prima sia dopo, per via dell’imprevisto impatto mediatico della plateale sceneggiata di "potere" e prestigio sociale del clan.

Non è tanto una questione di flussi informativi inceppati o poco efficaci tra la base e il vertice, come vuol accreditare la relazione del prefetto Gabrielli sui fatti del tuscolano; è invece una questione di interpretazione e di valutazione di fatti ed eventi sociali, un po' come quando si avvertono dei disturbi fisici ma si non li reputa di gravità tale da essere portati all'attenzione del proprio medico.

Ma, a ben vedere, almeno un attore dello show funebre aveva una conoscenza preventiva della vicenda e poteva forse arginare gli effetti mediatici dello show, ovvero il parroco della chiesa in cui si è svolta la cerimonia che aveva due opzioni: negare le esequie pubbliche, come si negano i sacramenti ad un mafioso scomunicato, o in alternativa suggerire una celebrazione in tono minore, come accade nei paesi del sud alla morte del boss mafioso, seppellito dopo una cerimonia privata, alle prime luci dell'alba nel cimitero locale. Eppure non viene segnalata alcuna indagine sul comportamento del religioso, che evidentemente viene ritenuta a priori corretta ed esente da critiche. 

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