Ormai
dovrebbe essere lampante anche per un ragazzino. Le poste in paio al
Referendum
sono due e intrecciate nell'ormai proverbiale formula del combinato
disposto: da un lato l'OK alla riforma costituzionale e dall'altro il futuro del premier/segretario, accomunati dallo stesso destino in relazione all'esito del voto.
D'altra parte era comprensibile la tentazione di rilegittimare il
governo tramite il voto referendario, dopo due anni di martellante
campagna propagandistica delle opposizioni contro il governo
illegittimo, sostenuto da un parlamento frutto di una legge
anticostituzionale, con un premier mai eletto dal popolo e mai
legittimato dal consenso popolare.
Per
onestà intellettuale si dovrebbe riconoscere che l'improvvida idea
di personalizzare il referendum, a cui il premier non ha saputo
resistere per spavalderia, ha fatto il gioco dei suoi oppositori più
accaniti, dentro e fuori il PD, trasformando di fatto il voto del 4
dicembre in una sorta di plebiscito nei confronti suoi e del governo.
La personalizzazione, decisa sull'onda del 40% delle europee, si è
rivelata controproducente dopo i ballottaggi delle comunali di
giugno, per il combinato disposto di:
-
lo spostamento degli elettori di centrodestra sui pentastellati, in alcuni comuni chiave, come prova generale per l'aggregazione informale del fronte del NO anti-renziano, a prescindere dai contenuti della riforma costituzionale;
-
l'indebolimento del segretario/premier, che ha rinfocolato le speranze della minoranza interna di sbarazzarsi definitivamente dell'usurpatore, affiancandosi di fatto al fronte del NO anti-renziano per la defenestrazione.
L'abbinamento
tra bocciatura della riforma e del governo è la madre di tutti i
successivi combinati disposti, che inquinano distorcono la campagna
referendaria, come la strumentale critica bersaniana al combinato
disposto tra Italicum e riforma costituzionale.
Seppur
tardivamente Renzi ha riconosciuto l'errore e ha fatto retromarcia,
ma la frittata era fatta e i suoi oppositori si erano ormai
tacitamente saldati nell'ampio fronte anti-renziano grazie al
collante del NO alla riforma costituzionale; ora però l'endorsement
del PSE, abbastanza scontato, ma soprattutto quello ad personam e
plateale di Obama, durante la visita negli USA, non ha fatto altro
che rincarare la dose della personalizzazione referendaria e
rinfocolare lo spirito anti-renziano a prescindere del NO, anche per
l'insistente campagna mediatica nel segno dell'esposizione personale
e l'uso indiretto della finanziaria per lisciare il pelo agli
elettori referendari (altro discutibile combinato disposto). Se poi
il 4 dicembre le cose dovessero mettersi male - come non mi auguro
per il bene dell'Italia e del PD - i combinati disposti verranno al
pettine e decreteranno il capolinea per il premier/segretario per il
significato anti-renziano e anti-governativo, dentro e fuori il PD,
del voto referendario. Molto dipenderà dai numeri per il Si e per il
NO, ma di fronte ad una sonora bocciatura il destino del governo sarà
segnato, che piaccia o meno ad Obama.